“La DAD non è scuola”: a Fossano il flash mob di protesta contro la chiusura delle scuole

“Se i genitori lavorano, chi sta a casa con i bambini in DAD?” l’appello delle famiglie fossanesi

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Si è svolta ieri pomeriggio, sabato 13 marzo, la manifestazione organizzata da un gruppo di mamme e papà della scuola “Italo Calvino” di Fossano. Alle ore 15.30 Piazza Manfredi si è popolata di genitori e bambini con cartelli e striscioni colorati. A turno, alcune mamme hanno preso la parola per condividere quelle che in questo momento sono paure e preoccupazioni che appartengono a molti.

“La scuola è a scuola” recitano alcuni cartelli scritti dai bambini delle elementari. Il gruppo di manifestanti, rigorosamente distanziati e protetti dalle mascherine, voleva portare sotto i riflettori il problema delle scuole chiuse e della didattica a distanza, oltre che al disagio dei genitori lavoratori. “Io e mio marito lavoriamo entrambi” dice una mamma durante l’intervento “e durante il giorno non c’è nessuno che possa stare a casa con i bambini. Ho già perso 15 giorni di lavoro, non posso permettermi di fare altre assenze, ma neanche di lasciare i miei figli da soli tutto il giorno. Oltretutto i più piccoli hanno bisogno di un aiuto costante per mantenere l’attenzione e utilizzare i dispositivi tecnologici”. 

Chi lavora nel sistema scolastico lo sa bene, questa situazione causa enormi disagi a molte famiglie. Spesso i dispositivi elettronici non sono adeguati o non bastano per tutti i figli, per non menzionare i problemi di connessione che possono insorgere quando più persone utilizzano la stessa rete. Bambini e ragazzi sono privati della dimensione sociale ed educativa della scuola, fondamentale nello sviluppo adolescenziale. Si stanno abituando ad una scuola asettica, distante, che impartisce lezioni dietro ad uno schermo piatto. Non c’è nessuno a controllarli, nessuno a stimolare il loro apprendimento.

“Noi le regole le abbiamo rispettate, ridateci la scuola”“Davanti ad un pc non divento grande” – dicono i bambini della Italo Calvino. Durante il flash mob ha preso la parola anche Greta, una ragazza di 19 anni del liceo Ancina, che in altre occasioni si era già esposta pubblicamente sulla questione: “Vorrei avere per tutti voi parole di speranza, ma purtroppo sono molto delusa dalle autorità. Il presidente Cirio aveva risposto personalmente alla mia richiesta, assicurandomi che sarebbe stato fatto tutto il possibile per assicurare un celere ritorno alla normalità. Quello che vedo io oggi, a distanza di un anno dall’inizio di questa situazione pandemica, è che, ancora una volta, l’istruzione non viene considerata dalla classe dirigente come diritto fondamentale dei ragazzi. Ma cosa ci si aspetta da un paese che si trova all’ultimo posto per investimenti della spesa pubblica sull’istruzione? Noi stiamo rispettando le regole, ma stiamo morendo lentamente, annullandoci dietro ad una telecamera spenta”.

Si è espressa anche Romina Richard, in qualità di mamma, prima ancora che di insegnante: “Ciò che è più preoccupante è che i bambini si stanno abituando a questa modalità di insegnamento. Sono distratti, poco coinvolti, distaccati: la scuola non è più un luogo di crescita, ma uno schermo piatto. Le previsioni dicono che la dispersione scolastica aumenterà vertiginosamente a causa di questa situazione: moltissimi bambini non hanno la possibilità di essere costantemente seguiti a casa , come farebbe una maestra in presenza, e quidni rischiano di rimanere indietro. Stiamo già notando questo fenomeno adesso, dopo pochi mesi di didattica a distanza: proseguire così non può che avere ripercussioni sull’educazione di chi rappresenta il futuro. Oggi siamo qui, con i nostri figli e i nostri alunni, per dare loro una voce ed esprimere il parere di chi la scuola la vive tutti i giorni, e sa che bisogna agire immediatamente per limitare i danno sui giovani”.