«Noi cuneesi siamo pazienti ma c’è un limite a tutto»

Il banchiere di Cervere Beppe Ghisolfi auspica ristori immediati e più vaccini

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Abbiamo a disposizione un’arma in più per combattere l’incertezza tipica di quest’epoca. Si tratta dell’economia, o meglio, volendo essere più precisi, della conoscenza dei meccanismi finanziari. Saper “ma­neggiare” cifre e termini che fanno ormai parte della nostra quotidianità significa essere in grado di risparmiare, tenersi alla larga da raggiri e, soprattutto, investire al meglio il proprio denaro. Ne è fortemente convinto il banchiere e giornalista fossanese Beppe Ghisolfi, che dell’educazione finanziaria ha fatto un “mantra”, oltre che un libro (di successo). Noi di IDEA lo ab­biamo intervistato.

Ghisolfi, in un suo recente intervento in tv ha di nuovo accesso i riflettori sull’importanza di favorire l’educazione finanziaria, partendo addirittura dalle scuole elementari. Da dove nasce questa convinzione?

«Ritengo che senza conoscere adeguatamente i termini finanziari sia impossibile comprendere la realtà che ci circonda e, di conseguenza, difendere al me­glio i propri risparmi».

Non è un tema troppo complesso per i bambini?
«Nelle scuole di Giappone e Germania si insegna educazione finanziaria da molti anni. Del resto, la maggior parte delle notizie che si ascoltano o si leggono riguardano fenomeni economici. Nonostante ciò, nel nostro Paese, il significato di termini come “debito pubblico”, “spread”, “deficit”, “patto di stabilità”, “liquidità”, che ormai fanno parte del linguaggio comune, è ancora sconosciuto a troppe persone. Per questo dico che si deve iniziare già dalle scuole. Ma non è l’unica cosa da fare…».

Prosegua…
«Se fossi il premier Draghi, varerei un piano nazionale capace di “formare”, attraverso il coinvolgimento dei Comuni, anche gli adulti. Peraltro, sono gli stessi “adulti” a volersi aggiornare sul tema, come dimostra anche l’interesse suscitato dal mio libro del 2014 “Manuale di educazione finanziaria”, che ha superato le 50mila copie vendute».

Qual è stata la chiave vincente?
«Nel libro elenco i 100 termini finanziari più diffusi, fornendo per ciascuno una spiegazione semplice, facile, immediata, che può essere compresa tranquillamente da uno studente di scuola media. Nel 2019 ho completato l’opera pubblicando “Lessico fi­nanziario”, che fornisce de­finizio­ni più complesse e approfondite».

In questo contesto, la tv come si comporta?
«Senza che nessuno si offenda, credo che in tv sia opportuno parlare un po’ meno di “pentole” e più di educazione finanziaria. Sarebbe davvero utile. Pensi solo che noi italiani abbiamo sui conti correnti una liquidità complessiva di 1.700 miliardi di euro: una cifra immensa che non viene impiegata perché, di fatto, non si possiedono gli strumenti e le conoscenze necessarie per farlo».

È un invito a investire?
«Sì, con una prescrizione: non bisogna investire il proprio denaro in unico prodotto. Se tale prodotto dovesse “andare male”, si correrebbe infatti il rischio di vedere andare in fumo tutti i propri risparmi. In sostanza, l’essenziale è diversificare, investendo il denaro che si ha a disposizione in azioni, obbligazioni o comunque in prodotti finanziari differenti. Tutto ciò, rivolgendosi, se necessario, a consulenti e specialisti».

In questo momento, però, gli in­vestimenti potrebbero non essere la priorità.

«Ha ragione. Molte persone, purtroppo, sono state colpite dalla crisi: chi sta soffrendo di più ha diritto a ristori e rimborsi».

Il suo è un appello al Governo.
«Sì, non si può più indugiare. Auspico che gli aiuti non vengano assegnati “a pioggia”. Sarebbe una follia. Al contrario, è necessario sostenere, come dicevo, chi è stato più colpito: penso ai ristoratori, agli albergatori, agli operatori del mondo turistico. In questo momento, l’obiettivo deve essere non fare chiudere altre realtà oltre a quelle che sono già state costrette ad “abbassare la serranda”. Chi chiude oggi ri­schia di non riaprire mai più. E, di conseguenza, troppe famiglie andrebbero in difficoltà. Solo quando ci saremo rialzati, potremo di nuovo pensare ad abbattere il debito pubblico».

Ha fiducia in Draghi?
«In genere, ho scarsa fiducia nei confronti della politica, ma sono convinto che l’Esecutivo guidato da Mario Draghi saprà compiere le scelte migliori e investire nel modo più efficace i 200 miliardi di euro previsti dal Recovery Fund. E dico di più: il Governo, se effettivamente saprà fare una “spesa buona”, realizzando cioè investimenti capaci di generare occupazione e prodotti richiesti dal mercato, riuscirà ad avviare un periodo di autentica ripresa».

Resta da risolvere il problema da cui tutto, o quasi, ha avuto inizio: il coronavirus…
«Bisogna dare impulso alla campagna vaccinale. Per farlo, è indispensabile acquistare maggiori quantitativi di vaccini. Se il piano concordato con l’Unione Europe­a risulterà non adeguato, occorrerà muoversi autonomamente. In parallelo, bisognerà pensare a rafforzare la medicina territoriale, quella cioè che è più vicina ai cittadini: in passato ha subìto tagli inaccettabili che l’hanno profondamente impoverita».

Come sta la provincia di Cuneo colpita dal Covid?
«Come il resto d’Italia: alcuni settori sono stati più danneggiati di altri. In generale, i cuneesi hanno retto bene. Come è ormai noto, siamo persone laboriose e pa­zienti. Ma tutto ha un limite: il problema va risolto subito».

E lei, invece, come sta affrontando la pandemia?
«Mi sono già perso tre o quattro trasferte di lavoro all’estero magnifiche. Proprio in questi giorni ho seguito gli incontri del Fondo Monetario Internazionale a Washington, ovviamente, tristemente, online…».

Si sta abituando alle tele-riunioni tipiche della pandemia…
«Per carità, sono stufo di restare inchiodato a Grinzano di Cer­vere. Presto, ed è un avviso ai miei conoscenti, avrò un esaurimento nervoso e non so come potrò reagire con il prossimo… (ride, nda)».