Home Articoli Rivista Idea «Mia madre voleva per me un futuro sugli sci, invece…»

«Mia madre voleva per me un futuro sugli sci, invece…»

La verzuolese Marta Giuliano è un’artista a tutto tondo, capace di andare oltre il contorsionismo

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Immaginate di coltivare sin da bambini la passione per il vostro sport preferito e di rendervi conto, con il passare degli anni, che quella passione potrebbe diventare il lavoro della vostra vita, fino a ritrovarvi catapultati in un mondo fatto di grandi eventi, nel quale i vostri compagni di viaggio sono gli stessi miti che vedevate su un palco sognando di essere un giorno come loro. Questa è, in modo molto semplificato, la biografia in pillole della verzuolese Marta Giuliano, ballerina contorsionista (e non solo), che da qualche anno lavora tra Roma e il suo paese natale, tra spettacoli e gare di ginnastica ritmica.

Marta, riassumere la sua professione è alquanto difficile. Quindi, partiamo da qui: lei come si definirebbe?
«Me lo sono chiesto per anni anche io (ride, nda). Dopo aver riflettuto a lungo, ho concluso che mi piace essere definita semplicemente “artista”. All’i­ni­zio del mio percorso cercavo la mia strada e non volevo essere riassunta con un unico sostantivo, ma dopo essermi cimentata in molti ambiti che afferiscono all’arte, credo che la definizione migliore sia questa. La mia è un’arte, perché arte è sinonimo di contaminazione e i miei spettacoli sono proprio questo: un mix tra arte circense e danza, tra effetti speciali ed esercizi atletici.

Ecco, appunto: che cosa significa essere una ballerina contorsionista?

«Significa praticare una disciplina estrema e molto peculiare, soprattutto per il contesto italiano, girando il mondo con i propri spettacoli. L’obiettivo è quello di stupire il pubblico nel corso dell’esibizione, evitando, però, di trasformare quello stupore in paura. Quando si parla di disciplina estrema, si intende proprio una pratica che non è per tutti e che come tale va trattata. Chi la fa, si allena molte ore al giorno…»

A proposito, lei quanto si allena?
«Io devo ammettere che vivo un po’ di rendita, perché mi sono allenata tantissimo da piccola, anche 4-5 ore al giorno, con sedute doppie nei weekend. Ora, dedico le mie attività settimanali soprattutto al miglioramento di alcuni aspetti. Ad esempio, in questo periodo mi sto allenando sulle verticali, che sono sinonimo di forza, caratteristica che mi manca un po’, dovendola “sacrificare” in favore della scioltezza, indispensabile per noi contorsionisti».

Qual è il percorso che l’ha portata a diventare quella che è?
«È un percorso molto strano, che nasce dalla mia predisposizione naturale a non dire mai di no. Ho iniziato con la ginnastica ritmica nella Ginnastica Saluzzo Libertas, fondata da mia mamma, che è anche la mia prima allenatrice, anche se avrebbe sempre voluto che facessi la sciatrice. Durante le scuole medie ho portato avanti la passione per la danza e lì ho capito che avrei voluto fare questo di lavoro. Fino ai vent’anni ho sempre gareggiato in Serie B, poi, una volta terminato il Liceo Classico, ho deciso di iscrivermi a una scuola di arte circense. È stata un’esperienza straordinaria, che mi ha portato, quasi per caso, a partecipare a un’audizione a Roma per uno spettacolo su “I promessi spo­si”, al quale avrebbe preso parte anche Lola Ponce. Fui selezionata e da quel momento la mia vita è completamente cambiata…»

Oggi Lola Ponce (una cantante, attrice, ex modella, vincitrice dell’edizione del Festival di Sanremo del 2008 in coppia con Giò di Tonno, ndr) è a tutti gli effetti una sua grande amica…
«Dopo quello spettacolo abbiamo lavorato moltissimo insieme e ci confrontiamo praticamente ogni giorno. Ricordo ancora una gita parigina nell’ultimo anno di liceo, quando ancora non la conoscevo: visitammo il Notre-Dame e, vedendo da vicino tutti questi miti dei musical e del teatro, mi dissi che il mio sogno sarebbe stato proprio quello di lavorare con loro. Un anno dopo, eccomi lì, al fianco di una delle più grandi».

Con Lola Ponce ha girato il mondo e sempre grazie a lei oggi prende parte stabilmente alla carovana del Giro d’Italia. Ci racconta questa esperienza?

«È qualcosa di unico, che non abbandonerei per nessuna ragione al mondo. Per un mese intero, ci spostiamo ed animiamo il mondo del pedale lungo tutto lo Stivale, sponsorizzati da Toyota. Non amo dire che è stancante, ma sicuramente impegnativo, però ne vale davvero la pena».

Il suo lavoro è per certi versi legato a un tema oggi molto dibattuto: l’esposizione del cor­po della donna. Le è mai capitato di rifletterci?
«Indubbiamente, è una professione molto legata all’immagine di una persona. Per farla, occorre essere in un certo senso esibizionisti, ma io stessa devo ammettere che forse dieci anni fa non mi sarei esposta come faccio oggi, ad esempio sulle mie pagine social. Credo, però, che il presupposto fondamentale debba essere uno: questa è arte e come tale va trattata. Io sono una femminista convinta, ma sono anche dell’idea che la donna possa “dettare legge” con la propria forza di spirito. Io, ad esempio, non ho mai dato modo al pubblico di “fare un passo in più”».

Ritornando a lei, quali sono i progetti nell’immediato?
«Proprio a mar­zo uscirà sulla tv nazionale una grande sorpresa, ma non pos­so dire di più (ride, nda). Poi, inizierà il campionato delle “mie” ragazze della Ginnastica Saluzzo Libertas e sarò al loro fianco per seguirle da vicino. Non avrei mai pensato di fare l’allenatrice, ma ora non po­trei farne a meno. Per il futuro prossimo, invece, spero di poter dire ancora tante volte di “sì” come fatto in questi fantastici anni!».