Dopo i lunghi mesi dell’emergenza sanitaria, il festoso concerto dei campanacci che accompagna la salita ai pascoli delle mandrie è un rintocco di speranza che scandisce la ripartenza di un po’ tutte le attività. Sono i giorni del­l’alpeggio che, come vuole la tradizione, ha vissuto il suo culmine con la festa di San Giovanni, celebrata il 24 giugno. La più antica pratica zootecnica negli ultimi anni ha conosciuto un significativo rilancio anche in Piemonte. Se­condo i dati dell’Associazione regionale allevatori piemontesi (Arap), sono quasi 165 mila i capi bovini sulla via della monticazione, cui vanno aggiunte centinaia di greggi di pecore e capre. Grandi numeri che vedono in testa la provincia di Cuneo con circa 100 mila capi, destinati alle 350 località d’alpe distribuite dalle Marittime al Monviso. Seguono la provincia di Torino con 43 mila bovini, Biella (quasi 12 mila), il Verbano-Cusio-Ossola (4.500), Vercelli (3.500), Alessandria (2 mila). In coda le province di Novara, con un migliaio di armenti, e Asti, con 300 capi. La transumanza assume oggi nuove valenze, che non perdono comunque di vista i princìpi tradizionali di questa attività: dal presidio delle Terre Alte alla promozione della produzione lattiero-casearia di eccellenza, fino alla salvaguardia delle biodiversità animali. Os­serva Roberto Chialva, presidente Arap: «I nostri “marghé” sono depositari di conoscenze e tecniche apprese dai padri e costantemente supportate dalle innovazioni tecnologiche. Dal loro lavoro deriva il benessere dei bovini e la valorizzazione della razza Piemontese e delle altre razze bovine, ovine e caprine che costituiscono il patrimonio zootecnico delle nostre regioni».