La criminologa più gettonata della televisione nazionale svolge per IDEA un’indagine rapida e senza in­toppi. Individuando an­che un colpevole. Per­ché il Covid ha lasciato una scena del delitto piena di indizi contrastanti, magari anche manipolati. In ogni caso, fuori dalla me­ta­fora, con conseguenze evidenti e allarmanti. Ma l’analisi di Roberta Bruz­zone ci aiuta a mettere le cose in chiaro.

Dottoressa, che cosa resta del virus (ammesso che non tornerà a metterci in pericolo)?
«Restano tante situazioni confuse e preoccupanti, su più livelli, un quadro generale che non induce affatto all’ottimismo».

Cosa ci dobbiamo aspettare?
«Dal punto di vista sanitario l’allarme è parzialmente rientrato e sembra che le misure precauzionali abbiano contribuito a ridurre notevolmente il rischio del contagio. Ma l’altra faccia dell’emergenza è di natura economica. È subentrata un’altra paura, quella per il futuro. Molte attività commerciali sono state danneggiate dalla chiusura, molte non hanno riaperto. E questa mancanza di certezze comporta ulteriori disturbi nella personalità delle persone più colpite. Un virus nel virus».

La politica avrebbe dovuto indicare soluzioni rapide da questo punto di vista: secondo lei lo ha fatto?
«In moltissimi casi i finanziamenti promessi non sono arrivati. E questi ritardi hanno lasciato aperte questioni vitali, si doveva intervenire subito con aiuti concreti, come è stato fatto in altre nazioni, per permettere davvero alle attività del paese di ripartire. La politica ha dato risposte confuse, non si intuisce la presenza di una visione e soprattutto manca un riscontro pratico. E il rischio è che per molti anni dovremo fare i conti con questi errori».

Nel frattempo la quarantena, in condizioni di incertezza, ha inciso sulla salute di molte persone anche in assenza di virus.
«È così. Come ho detto, la paura del futuro ha preso in molti casi il sopravvento».

Quindi sono aumentati gli ipocondriaci?
«Per assurdo, gli ipocondriaci hanno sofferto meno degli altri perché in una società dove tutti fanno attenzione alle re­gole base di sicurezza sanitaria, dove si indossano mascherine e si rimane a distanza, loro si sentono meno in pericolo».

C’è però il problema delle violenze casalinghe. È vero che, co­­­me si temeva, sono aumentate?
«Non so dire se siano aumentate in maniera significativa, è ancora presto per poter valutare dati attendibili. Ma di sicuro per chi era vittima di violenze già prima, durante il lockdown tutto è diventato più complicato. Perché in quelle situazioni d’isolamento è stato più difficile denunciare gli abusi e le violenze. Quindi un problema in più per chi già aveva sofferto prima del virus».

Non è che la consapevolezza di certe problematiche favorirà un cambiamento di sistema, economico, sociale e culturale?
«Si dibatte molto sulla possibilità che tutti noi abbiamo di ripartire meglio di prima. Devo però dire che non sono tra quelli che guardano a questa possibilità con ottimismo. Credo che le cose non cambieranno più di tanto».

Ecco una domanda che non posso non farle, considerando il suo ruolo. Alla luce di tutti i problemi che il Covid ha messo in luce, in questa situazione ha individuato un colpevole?
«Non sta a me dirlo, in realtà. Io mi limito ad analizzare i dati. Però, se proprio dovessi indicare un aspetto che più di altri ha inciso negativamente, penso alla co­municazione. Ecco da dove sono arrivati i danni maggiori».

Si riferisce alle indicazioni contrastanti trasmesse in tv all’ora di cena, agli allarmi dati e rientrati, alle valutazioni imprecise di troppi virologi?
«Sì, penso a quella comunicazione, in generale. Troppi messaggi sbagliati. Ancora adesso non abbiamo certezze, non sappiamo neanche quanto siano efficaci o meno le mascherine. Per dirne una.

Questa confusione ha inciso sull’equilibrio psicologico di molte persone. L’Italia, per molti aspetti, è una paese molto molto fragile. E comunicare le notizie in maniera affrettata o addirittura sbagliata può provocare conseguenze negative ingenti, che ci stiamo già portando dietro e che pagheremo a lungo».