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Cuneo e il nodo della scelta dell’ospedale

Non esistono preclusioni, ma c’è chi al “Carle” ravvisa condizioni ottimali e invita a far presto

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Dove collocare il nuovo ospedale unico di Cuneo? La domanda che risuonava spesso alcuni mesi fa, prima che l’emergenza Co­vid cambiasse le nostre priorità, è tornata prepotentemente di attualità nelle ultime settimane. “Colpa” di un Consiglio comunale in cui si è nuovamente parlato dell’argomento, ri­mescolando un po’ le carte e riaccendendo la discussione.

La necessità di un nuovo ospedale unico è la certezza da cui non si indietreggia, visto che il “Santa Croce” ha ormai 70 anni e non è adeguato alle normative antisismiche. Serve una nuova sede che funga da “hub” per il territorio del sud-ovest Pie­monte (ruolo a cui può ambire anche il nuovo ospedale di Verduno), una struttura di riferimento per qualità, avanguardia e competenze. Ma dove?

Due le opzioni: sull’altipiano, dove oggi sorge il “Santa Croce”, o in frazione Confreria, nell’area del “Carle”.
Se nelle discussioni pre-emergenza l’impressione era che si andasse con una certa decisione verso la seconda ipotesi, la più praticabile a giudicare dalle esigenze di spazio di cui necessita il nuovo ospedale, ora la situazione sembra essersi di nuovo in­gar­bugliata. L’Ammi­ni­stra­zio­ne continua a mantenere una posizione neutrale, il dibattito è soprattutto interno alla maggioranza.

Fin dall’inizio, tra i principali sostenitori dell’ipotesi di po­tenziamento dell’area dell’attuale “Santa Croce” c’è il gruppo di Cuneo solidale democratica. «Noi siamo favorevoli al mantenimento del nuovo ospedale sull’altipiano», spiega il consigliere Marco Vernetti. «Garan­tirebbe centralità e strategicità: l’ospedale sarebbe facilmente raggiungibile da una grande percentuale di utenti e sarebbe una scelta che eviterebbe consumo di suolo. Ci rendiamo conto che in base a quello che sta emergendo, possano esserci problemi legati allo spazio: sono necessari studi di fattibilità che prendano in esame le due aree, poi verrà effettuata una valutazione».

Riassu­men­do, preferenza per l’area del “Santa Croce”, e laddove si rendesse necessario scegliere il “Carle”, alcune richieste: «Bisogna evitare che si crei una ferita all’interno della città, per questo è necessario ripensare al futuro dell’area del “Santa Croce” se non dovesse essere scelta come nuova sede. È inoltre fondamentale salvaguardare l’operatività attuale dell’ospedale: gli investimenti per la realizzazione del nuovo edificio non devono tradursi in sottrazione di risorse alla struttura in funzione».

Concetto ribadito dal capogruppo di Cuneo solidale, Tiziana Revelli: «In quell’area ci sono numerose realtà commerciali e del terziario nate per l’ospedale e che vivono grazie alla presenza del “Santa Croce”. Non si può pensare di lasciare un immobile così nel cuore della città, è necessario ragionare su una soluzione, per questo il dibattito all’interno del nostro gruppo è stato fin da subito maggiormente favorevole all’a­rea del “Santa Croce”.

Si tratta di una decisione importante: è giusto ascoltare diversi pareri e informare i cittadini, in modo che possano farsi un’idea. Non bisogna perdere tempo, ma fare tutti i ragionamenti opportuni. Il percorso fatto dalla Com­missione ha portato alla consapevolezza che Cuneo ha bisogno di un ospedale unico. A­desso servono degli studi di fattibilità specifici sulle due aree, che ci daranno le necessarie risposte tecniche».

Se Cuneo solidale chiede che vengano effettuati degli studi, c’è chi uno studio di fattibilità in mano già ce l’ha. È il consigliere del gruppo Centro per Cuneo, Silvano Enrici, che insieme alla collega Maria Laura Risso lo ha fatto eseguire alcuni mesi fa, proprio sull’area del “Carle” da un professionista esterno: «Lo abbiamo fatto perché non riteniamo possibile l’ipotesi dell’ampliamento del­l’attuale “San­ta Croce”», spiega Enrici.

«Il nostro non è un progetto, ma uno studio che tiene conto di tutti i vincoli esistenti e che vuole dare un’informazione corretta e limpida a tutto il territorio, e che fa emergere come l’area del “Carle” sia la migliore per ospitare la nuova sede».

Perché? Enrici e Risso lo riassumono in pochi punti: area cantierabile subito; terreni già di proprietà dell’ospedale con l’acquisto della parte necessaria per l’ampliamento già prevista dal Prg; collegamento autostradale; presenza dell’eliporto e possibilità di parcheggi sotterranei; possibilità dell’eventuale costruzione di una struttura separata per il Covid-19 con entrate e uscite indipendenti; volumetria di 330 mila metri cubi per realizzare fabbricati nuovi. «Un altro sito? Noi non siamo contrari», conclude Enrici.

«Però poniamo alcune domande: sarebbe cantierabile subito? Quanto costerebbe l’acquisto di un eventuale terreno? Sarebbero garantiti i collegamenti autostradali e l’eliporto? La volumetria sarebbe sufficiente? Ecco, se ci viene presentata un’alternativa credibile sul territorio comunale che risponda a questi requisiti, sia­mo pronti a prenderla in considerazione.

Ma al momento ci sembra chiaro che l’unica soluzione praticabile sia quella del “Car­le”. La sensazione è che tutti lo abbiano capito, ma non ci sia la forza di prendere una posizione netta, con il risultato che siamo bloccati. Così facendo, il rischio è quello di perdere l’“hub”».