I furbetti del coronavirus

Una piccola antologia di scuse assurde e verità sconcertanti dichiarate, durante i controlli, da chi è stato sorpreso fuori di casa

0
1113

#Iorestoacasa. Non tutti, in verità. C’è chi lavora comunque per proteggerci o tenere su, faticosamente, l’economia, per garantirci i servizi e far rispettare regole. C’è, però, oltre a chi esce per dovere, chi evade per leggerezza, ignoranza, vizio o disubbidienza, e sconcerta, quando viene beccato, per la sincerità disarmante o per le scuse goffissime.

Ci sono i giovanotti sorpresi in piazza che alzano le braccia e confessano: “Cercavamo un po’ di droga”. E la signorina in abiti succinti e trucco pesante che estrae l’autocertificazione: “Aspetto clienti”. C’è il tizio che ha una scorta d’alcol e svela una seconda bravata: “è per una festa con gli amici”. Ci sono i due ottimisti che confidano d’essere a caccia d’un bar e la signora che spiega candida di dover fare urgente la piega inguaiando la parrucchiera operativa dietro la serranda. Come se il contagio fosse leggenda e non rischio, come se i capelli in ordine possano valere il pericolo della propria vita o di altre vite più deboli.

Ci sono i sei ragazzi fermati sulla strada per Zocca che raccontano di voler vedere la casa di Vasco Rossi e le tante coppie d’amanti sorprese tra parcheggi di supermercati e bordi di strade deserte. C’è chi assicura di aspettare la moglie che fa la spesa e invece si scopre che è scapolo, chi di raggiungere la zia anziana e malata che si scopre essere invece quarantenne in formissima, chi dice di dover comprare le sigarette ma ha attraversato quattro quartieri e chi ha portato il cane a far pipì e non s’è accorto di aver percorso otto chilometri. Vera, invece, la giustificazione accorata d’un giovanotto che ha spiegato di voler raggiungere la fidanzata per ricomporre, guardandola negli occhi, dopo un litigio culminato in un addio: romantico, ma multato lo stesso. C’è chi scrive sull’autocertificazione di essere in cerca di asparagi e chi d’essere diretto a pesca di rane, chi va a correre in giacca e cravatta (quando l’attività sportiva è ammessa) e chi va a far la spesa in pantaloncini, auricolare e senza portafoglio (quando è vietata), chi racconta d’aver scelto un supermercato lontano venti chilometri altrimenti gli scade la tessera punti e (irraggiungibile) chi sorpreso fuori a piedi giura d’essere andato a far benzina.

C’è, poi, un filone intero di autodenunciati. Non per pentimento, ma per incontinenza social. C’è il ragazzo che macina chilometri per prendere al paese natale e portare a casa sua, in tutt’altro paese, la fidanzata: ci riesce, aggirando i controlli sia all’andata che al ritorno, ma non resiste e consegna una videotestimonianza a Facebook. Stesso destino per il gruppo di giovani riunitosi allegramente a Pasquetta e, ahi ahi, per il medico che mostra, arrivato a destinazione, la fidanzata uscire dal bagagliaio: una scenetta per ridere tra amici, giura, un modo d’eludere davvero i controlli contrattaccano gli accusatori. Non usano social, ma imprecano forte, i vecchietti nascosti da folti alberi: riuniti e nascosti per giocare in pace a briscola, non calcolando però battibecchi e incoraggiamenti.