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Coronavirus, Bra: la testimonianza dell’infermiere Francesco Ghibaudo, chiamato al Covid Hospital di Saluzzo

Nella città della Zizzola, conosciuto da tutti come "Checco", da anni è il responsabile sanitario del Bra calcio. "A livello emotivo è una situazione molto forte, abbastanza straziante, perchè ti rapporti con un malato che è da solo e lontano dai famigliari, i quali possono informarsi solo telefonicamente. Tutto questo mi tocca molto, devo essere sincero"

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Testimonianza tangibile, reale e toccante, quella di Francesco Ghibaudo: infermiere nativo di Bra, operativo a Savigliano ma chiamato, per questa emergenza sanitaria in corso dovuta al Coronavirus, al Covid Hospital di Saluzzo. Nella città della Zizzola, conosciuto da tutti come “Checco”, da anni è il responsabile sanitario del Bra calcio. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente.

Sono stato chiamato per la rianimazione allestita al Covid Hospital di Saluzzo, per pazienti risultati positivi, nel blocco operatorio del nosocomio saluzzese. Sono un infermiere del blocco operatorio di Savigliano e lavoro per l’ASL CN1, ma in questa emergenza sto supportando il personale di rianimazione. La situazione su Saluzzo è che i posti Covid sono occupati, i malati necessitano di un’assistenza particolare e purtroppo ci sono sono stati alcuni decessi. Accessi al Pronto Soccorso ce ne sono, non tutti hanno bisogno di un supporto ventilatorio, ma alcuni si. Questo virus attacca le vie respiratorie, c’è chi ha bisogno di essere supportato con l’ossigenoterapia, chi ha bisogno di una ventilazione meccanica. Come personale Covid, siamo super protetti per il fatto di essere in prima linea. Nell’ASL CN1 ci siamo noi e Mondovì come Covid Hospital, per alleggerire il lavoro dell’ospedale di Savigliano.

La professione che ho scelto di fare è quella di curare i malati, tutti i malati. In questa emergenza sanitaria, da infermiere, non mi sarei mai aspettato di lavorare in prima linea su una pandemia mondiale che ha colpito, anche, il nostro territorio. Seguiamo le indicazioni dell’Unità di Crisi, quelle dell’ASL di riferimento e quelle nazionali. A livello professionale è tutto molto formativo, ma pericoloso perchè ovviamente si è a contatto giornalmente con pazienti positivi, al minimo errore ci potrebbe essere il contagio e conseguentemente potresti contaminare chi hai attorno. Ho scelto di auto isolarmi da mia moglie, dai miei figli, per ragioni di sicurezza e come da disposizioni date al personale sanitario, anche se io sto bene. Al momento, io e miei colleghi non siamo ancora stati sottoposti al tampone. A livello emotivo è una situazione molto forte, abbastanza straziante, perchè ti rapporti con un malato che è da solo e lontano dai famigliari, i quali possono informarsi solo telefonicamente. Tutto questo mi tocca molto, devo essere sincero. Adesso sembra che la curva dei contagi si stia stabilizzando, le misure prese stanno portando gli effetti sperati. Il problema del Coronavirus è che ha un tasso di contagiosità altissimo. L’apertura di Verduno è una risorsa importante e molto valida, non ci sarà solo terapia intensiva ma sarà un supporto a chi esce dalla terapia intensiva, perchè questi sono malati che guariscono in un mese, un mese e mezzo. E non saranno dimessi a domicilio, ma dimessi in un reparto che li monitori fino alla guarigione.

Il calcio in questo momento è in disparte, l’emergenza è sociale e umana, purtroppo il calcio fa stare insieme le persone e quindi è stato sospeso. Come Bra calcio, in tempi non sospetti, avevamo bloccato l’attività sportiva anche se il decreto non era ancora vigore. Ci saremmo potuti allenare a porte chiuse per qualche giorno in più. Confrontandomi con il presidente Germanetti, il direttore generale Sartori, il direttore sportivo Scalzi e mister Daidola, abbiamo anticipato i tempi e abbiamo deciso di fermarci, così come l’attività giovanile. Giacomo che è un presidente molto attento, ha fatto sanificare tutti i locali del nostro complesso sportivo. I giocatori della Prima squadra, grazie al preparatore Andrea Pasquariello, cercano di seguire le tabelle di lavoro e ovviamente rispettando i decreti vigenti. Non ho idea sulla ripresa della Serie D, ma ci sarà ancora da aspettare. Arriverà il picco e la curva sarà in discesa, però ci vorrà almeno un mese per poter pensare di riprendere. Bisognerà aspettare le decisioni della Lega Nazionale Dilettanti, ma credo che la soluzione migliore sia quella di far giocare a porte chiuse“.

BaNNER
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