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Visita oculistica a un anno d’età per i nostri bimbi

Il noto oculistica indica quali sono i corretti atteggiamenti che possono prevenire (e permettere di curare meglio) i problemi legati alla vista, dalla tenera infanzia agli anziani

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Si è laureato nel 1981 in medicina e chirurgia presso l’Università de­gli studi di Torino e nel 1985 presso il medesimo ateneo si è specializzato in oftalmologia. Oggi il dottor Guido Maria Bru­netti opera con dedizione a To­rino e nel corso di questa intervista a “IDEA” illustra come si è avvicinato alla sua professione e quali sono i comportamenti spia che fanno intuire possibili problemi oculari a ogni età.
Ci parla del suo “background” professionale? Da quanto tempo lavora nel settore oftalmico e per quale ragione ha scelto questa specialità?
«Fin da ragazzo ho coltivato il desiderio di diventare un medico. La frequentazione di un
re­parto del Cottolengo di Torino ha ulteriormente radicato questa mia scelta. All’età di 16 anni con la comparsa di un piccolo difetto visivo ho incontrato il professor Matis, oculista di cui apprezzavo la cura nel prendere a cuore il benessere visivo del paziente e che mi ha definitivamente portato a scegliere la facoltà di medicina e chirurgia risvegliando in me il ricordo del mio bisnonno Ce­sare Francia, oculista a Rac­co­nigi. La specialità in oculistica mi ha dato, in particolare, la possibilità di approfondire le connessioni interdisciplinari con la neurologia e la neuro-oftalmologia e l’op­portunità di occuparmi an­che di microchirurgia e di parachirurgia laser con ottimi risultati senza metodiche invasive».
Dottor Brunetti, di solito si ricorre all’oculista soltanto per ne­cessità, ma è un approccio non corretto. Ogni quanto occorrerebbe un controllo della vista?
«Io consiglio una visita oculistica di controllo almeno una volta all’anno, in quanto diverse patologie oculari comportano sintomi soltanto in fase avanzata di ma­lattia, di conseguenza il pa­ziente potrebbe prendere co­scien­za di avere un problema visivo soltanto in una fase tardiva rispetto al reale esordio della patologia, quando ormai le possibilità terapeutiche sono ridotte e di scarsa efficacia. Diverse patologie neurologiche e neurochirurgiche, inoltre, esordiscono proprio con manifestazioni oculari che, se diagnosticate in modo precoce, permettono una terapia meno invasiva, con risultati più efficaci e duraturi non solo della sintomatologia visiva, ma soprattutto della problematica di base».
Parlando di bambini, quale età sarebbe consigliabile controllarne la vista?
«Ritengo opportuna una visita oculistica completa con stereotest ed eventuale cicloplegia a tutti i bambini a partire da un anno di età, anche se asintomatici, per fare una diagnosi precoce di un’eventuale ambliopia (oc-chio pigro) e poter cominciare fin da subito l’eventuale riabilitazione con lenti e occlusione se ne­cessario, visto che tutti gli studi multicentrici concordano sul fatto che una riabilitazione effettuata prima dei 6 anni d’età permetterebbe un risultato migliore e più duraturo nel tempo rispetto alla medesima terapia effettuata in seguito. Nel caso di disturbi riferiti dal bambino oppure riportati dai genitori (deviazione del­l’occhio, tendenza a strizzare gli occhi, mal di testa…) è comunque possibile effettuare accertamenti oftalmologici già in bambini mol­to più piccoli, anche sotto l’an­no di età».
Quali sono i principali nemici de­gli occhi?
«Nel mondo odierno si sta assistendo a un’esplosione del nu­mero di diagnosi di maculopatia senile e glaucoma, a causa del pro­gressivo invecchiamento del­la popolazione. Metodiche di diagnosi preventiva sempre più efficaci ci permettono di identificare la malattia sempre più in fase iniziale, quando ancora è possibile intervenire con terapie poco invasive e molto efficaci. Dal mio punto di vista, quindi, glaucoma, retinopatia diabetica e maculopatia possono sì essere considerate le patologie più pericolose sulla prognosi visiva del paziente, ma allo stesso tempo possono essere considerate co­me i quadri clinici in cui noi oculisti possiamo ottenere i migliori risultati grazie alle nuove tecnologie che ci consentono una diagnosi sempre più anticipata e conseguenti possibilità terapeutiche più efficaci. Per tali ragioni credo che rappresentino la più grande sfida per noi oculisti».
Uno dei problemi più comuni è la cataratta. Come è meglio intervenire in base alla sua esperienza professionale?
«L’intervento di cataratta, che consiste nell’asportazione del cristallino diventato opaco e ingiallito a causa dell’età (facoemulsificazione) e nel successivo inserimento di una lentina in­traoculare (impianto di Iol) nell’àmbito del medesimo atto chirurgico, è diventato di “routine”. Rispetto a un tempo, negli ultimi anni abbiamo avuto la possibilità di usare lenti sempre più innovative che permettono al paziente di mettere a fuoco non solo per lontano, ma anche per vicino e per le distanze intermedie, mantenendo il più possibile una vi­sione fisiologica e naturale e ga­rantendo un “confort” assoluto».
Come fare per prendersi cura in concreto dei propri occhi?
«Credo che l’unico mezzo concreto che possediamo per proteggere i nostri occhi sia la prevenzione. Non esistono altri modi per prendersi cura dei propri occhi se non quello di effettuare visite oculistiche di “screening” anche in assenza di sintomi o problemi, in modo da identificare in modo precoce eventuali problematiche e intervenire su­bito in modo da combatterle in una fase in cui sia possibile risolverle senza causare reliquati».
Come preservare la vista dall’uso massiccio di computer e te­lefonini, compagni della vita professionale di moltissimi?
«Se possibile sarebbe opportuno ridurre l’esposizione massiva a tablet e cellulari per diminuire il rischio di occhio secco da scarso ammiccamento e per abbassare l’esposizione ai raggi Uv. Per le situazioni in cui l’uso di tali dispositivi è indispensabile esistono comunque filtri da inserire all’interno delle lenti degli oc­chiali. Possiamo, inoltre, proteggere almeno in parte la nostra superficie oculare usando lacrime artificiali che idratino la superficie corneale».
Soffermandoci sui difetti della vista, quanto può rivelarsi utile la chirurgia refrattiva?
«La chirurgia refrattiva ha completamente rivoluzionato la concezione di visione negli ultimi decenni. Le metodiche laser, estremamente efficaci e sicure, devono essere proposte a pazienti selezionati e motivati con reali problematiche ed esigenze, sen­za che diventi una metodica suggerita a tutta la popolazione sen­za distinzione. Vanno inoltre proposte soltanto dopo aver eseguito esami preoperatori che escludano fattori controindicanti o patologie associate».
Quale è stata l’esperienza più soddisfacente da lei vissuta come specialista?
«Penso di non avere ancora vissuto l’esperienza più soddisfacente della mia vita da specialista, che credo arriverà nel momento in cui potrò ritagliarmi del tempo per andare saltuariamente come volontario in una missione in Africa (Guinea Bis­sau) dove vorrei esercitare la mia professione di oculista per brevi periodi in àmbito sia chirurgico sia ambulatoriale e donare un piccolo aiuto a persone in difficoltà con grandi bisogni».
Al di fuori della sua professione ci sono degli hobby e delle passioni che occupano il suo tempo libero?
«Amo occupare il mio poco tempo libero, oltre che per ap­profondire le tematiche mediche in campo oculistico, seguendo una squadra di calcio come oculista di rifermento. Inoltre, possedendo una casa di famiglia sulle colline delle Langhe, amo trascorrere del tempo nella vigna e nel paese, incontrando e dialogando con vecchi amici».