Riassetto CRC, una decisione “assunta nell’interesse del territorio e della collettività” | In una lettera congiunta, Alberto Cirio, Giovanni Monchiero e Mariano Rabino provano a rasserenare gli animi

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Gentile Direttore, vorremmo con questo intervento contribuire a rasserenare gli animi sull’operazione che la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo sta compiendo, nel suo riassetto partecipativo.

Ripercorrendo un pezzo di storia, la Fondazione è nata il 24 gennaio 1992 con lo scorporo della Cassa di Risparmio di Cuneo Spa: le 88 fondazioni di origine bancaria italiane ebbero infatti origine con la Legge n. 218 del 30 luglio 1990 (cosiddetta “Legge Amato”), che le introdusse in Italia quali enti non profit, rappresentativi delle comunità locali, a cui fu assegnata la proprietà delle Casse di Risparmio e dei Monti di Credito su Pegno.
Non vogliamo neppure dimenticare che la Cassa di Risparmio di Cuneo trae origine intorno alla metà dell’800, e che negli anni ’20 del secolo scorso ebbe a raggiungere una sua dimensione provinciale a seguito di varie fusioni di altre Casse già esistenti, tra cui la Cassa Risparmio di Alba, quella di Mondovì, di Dronero e vari Monte di Pietà.
Successive riforme hanno spinto, nel tempo, le Fondazioni a ridurre sempre di più le proprie partecipazioni nelle banche conferitarie e a concentrare i propri sforzi sul versante dell’attività filantropica.
In questa logica furono effettuate le scelte che portarono alla nascita della Banca Regionale Europea, al suo ingresso nel Gruppo Banca Lombarda e Piemontese, sino all’ultimo approdo, nel 2007, nel Gruppo UBI.
La territorialità della Banca (già Cassa di Risparmio di Cuneo) era stata garantita, in questi passaggi, grazie alle significative partecipazioni mantenute dalla Fondazione in tali Gruppi bancari, oltre che nella stessa Banca Regionale Europea.

 

Tuttavia, le leggi di mercato vanno, a volte, in direzioni opposte rispetto ai desiderata personali e collettivi.
Il recente accordo per la cessione, a favore del Gruppo UBI, della residua partecipazione detenuta dalla Fondazione nella Banca Regionale Europea, consente alla stessa di divenirne il primo azionista, con il 6% del relativo capitale.
Senza entrare nel merito del valore economico dell’operazione (che comunque in queste giornate di forti tensioni sui mercati e sulle banche, in particolare, ha consentito alla Fondazione di realizzare un’importante plusvalenza), occorre sottolineare che la stessa consente ad UBI di realizzare il previsto progetto di banca unica, ritenuto dagli analisti in grado di incrementarne l’efficienza, a beneficio anche dei propri azionisti. Oltre a questo aspetto (non di poco conto), altrettanto importante è la tutela della presenza territoriale della Banca e dei livelli occupazionali: l’accordo infatti prevede l’insediamento, a Cuneo, della Direzione di tutta la Macro-Area Nord‐Ovest del Gruppo UBI − che oltre al Piemonte comprende Liguria, Valle d’Aosta, l’intera Toscana e la Francia del Sud − e il mantenimento del Polo di Cuneo. All’esito di questo accordo 200 nuove persone lavoreranno su Cuneo.
Nessuno avrebbe pensato che il Presidente Giandomenico Genta, eletto soltanto due mesi fa con un risicato margine di voti, qualche settimana dopo avrebbe potuto contare sull’unanimità dei voti su questa questione da parte del Consiglio Generale della Fondazione.

 

È bene ricordare che il Consiglio è formato da 23 persone indicate da 16 istituzioni (Comuni, Enti non profit, Istituzioni e Organizzazioni di categoria provinciali), che insieme e alla luce delle loro singole e personali decisioni, hanno convenuto nell’interesse generale della Fondazione, di compiere questa rilevante scelta.
Peraltro tutto l’accordo, come da prassi, è stato sottoposto al controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La democrazia si regge sulla base della delega: qui abbiamo una pluralità di rappresentatività territoriali a favore e dunque non possiamo che prenderne atto, nella convinzione che la decisione sia stata assunta nell’interesse del nostro territorio e della sua collettività.

 

Alberto Cirio
Giovanni Monchiero
Mariano Rabino