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Uncem lancia la questione del digital divide nelle aree montane | Lanciato un questionario on line per descrivere la portata del problema

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La banda larga, in troppe valli alpine, è ancora un miraggio. Impossibile navigare decentemente in internet e garantire moderni servizi digitali a cittadini e imprese. Anche dove è stata posata la fibra ottica, le centrali non sono state allacciate, il dispacciamento verso gli immobili non è stato realizzato e i gestori del servizio – Telecom in primis – continuano a considerare le zone montane “aree a fallimento di mercato”.

 

Molti i sindaci che sono dovuti ricorrere a soluzioni diverse, come quelle wi.fi., senza fili. Una situazione complessa che si somma alla mancanza di segnale tv digitale terrestre (merito dei ripetitori di proprietà delle Comunità montane se il problema è stato contenuto negli ultimi cinque anni) e all’assenza di impianti per telefoni cellulari. Impossibile parlare di 3G o 4G per connessioni ad alta velocità con lo smartphone.

I turisti arrivati da giugno a oggi nelle valli hanno rilevato nella connettività assente il problema più grande. Uncem lo denuncia da tempo, con centinaia di Sindaci. La campagna verso Governo e Regione affinché si colmi una volta per tutte il divario digitale, riparte. La Delegazione piemontese ha inviato nelle scorse ore una lettera a tutti i 553 Comuni montani e ai vertici del Consiglio regionale, oltre che al Corecom e agli assessori regionali competenti. Anche perché in ballo vi sono 100 milioni di euro da investire in infrastrutture e servizi, individuati su due Programmi operativi regionali, Fesr e Feasr, nel quadro del Piano nazionale per la banda larga presentato dalla Presidenza del Consiglio un mese fa. “Cento milioni sono una bella cifra – afferma Lido Riba, presidente Uncem – che deve dare risultati. Non possiamo perdere neanche un euro. Portare connettività e servizi è un imperativo. Le Unioni montane hanno questo punto al primo posto dell’agenda. Non è un problema solo tecnico, ma politico. Che pare interessare poco a Telecom e alle società di telefonia mobile”. Uncem aveva anche avviato un’azione legale contro le imprese del settore, dopo le forti nevicate del 2009. Azione che potrebbe essere ripresa se entro sei mesi la situazione non migliorerà.

Uncem lancia un questionario on line, aperto a tutti, all’indirizzo http://www.survio.com/survey/d/I4F5A7G1A1G4U7J1Z. Potrà dare un quadro, seppur parziale, della gravità del digital divide. Cinque sezioni: tv digitale terrestre, telefoni cellulari e comunicazioni, banda larga e connettività, nuovi servizi telematici, oltre allo spazio per libere considerazioni. Vi sono poi esempi virtuosi da copiare e replicare, come quello di Verrua Savoia che ha creato con l’Università di Torino e il prof. Trinchero una rete a banda larga “di comunità”. Costo a famiglia, pochi euro l’anno. Ma servono ulteriori interventi strutturali. “Vorremmo ci fosse un interesse sul tema da parte del Consiglio regionale – evidenzia Riba -, con il Corecom e l’Intergruppo Amici della Montagna. Ma anche dei Parlamentari piemontesi. Il Piemonte non può continuare a correre su due diversi binari, con velocità differenti, tra le città servite dai 100mbit e le valli a 56k quando va bene. Serve coesione. Si torni a definire un piano strutturale al quale ogni Sindaco può contribuire con precise indicazioni rispetto al proprio Comune fatto di un centro ma anche di borghi e frazioni che non devono essere penalizzate. Se vi sono le soluzioni tecnologiche disponibili, realizziamole. E costringiamo gli operatori a non evitare le zone finora ritenute ‘a fallimento di mercato’. Il futuro delle Terre Alte, con le sue imprese e il presidio di chi vive e opera in montagna, passa da qui. Senza se e senza ma”.

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