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Il CIE va chiuso senza “se” e senza “ma” | La denuncia di Marco Grimaldi capogruppo di Sel

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Essere imprigionati perché in assenza di documenti per me rimane una barbarie. Figuriamoci in luoghi dove non ci sono neanche gli asciugamani e delle lenzuola di stoffa…“, sono queste le prime parole che Marco Grimaldi, consigliere regionale del Piemonte e capogruppo di Sel, scrive in una nota dopo la sua visita al Cie di Corso Brunelleschi.

 

Grimaldi si è recato in mattinata nel Centro e ha iniziato il suo giro esplorativo intornoa alle 10, accompagnato dai suoi collaboratori. Poi un confronto con i rappresentanti di prefettura, questura ed ente gestore, che hanno illustrato al consigliere un quadro dettagliato delle situazione e delle condizioni delle persone trattenute. Ed è la stessa direttrice del centro, alla domanda “come stanno coloro che si trovano qui”, a rispondere: “sono trattenuti, quindi non stanno bene mai”.

 

Secondo i dati della questura, attualmente al CIE sono presenti 81 persone, tutti uomini, su una capienza di 89 unità. La maggior parte è rinchiusa per assenza di documenti; 15 fra i presenti hanno fatto richiesta di asilo politico; 18 escono dal carcere. Oggi il massimo della detenzione è di 30 giorni per coloro che vengono da una precedente carcerazione, fino a 90 per i trattenuti che non arrivano dal carcere, ma per chi chiede asilo si bloccano le pratiche di identificazione ed espulsione fino al termine della procedura, ed è il tribunale ad avere la competenza per la proroga.

 

Il consigliere cita una storia emblematica: “K. si trova nel CIE già da 93 giorni mentre la mamma è ricoverata in ospedale, perché il tribunale ha deciso di trattenerlo oltre i 90 giorni, in attesa di una decisione sul suo ricorso. K. non si capacita che un suo amico, con la medesima situazione, abbia fatto richiesta d’asilo e sia uscito dopo 90 giorni mentre per lui il giudice ha deciso diversamente. Per questo, col pensiero rivolto alla mamma, da quattro giorni rifiuta di mangiare e bere“.

 

Nonostante la riduzione dei tempi di detenzione massima, che prima poteva durare fino a 18 mesi, atti di ribellione, tentativi di suicidio e uso diffuso di psicofarmaci esistono ancora. “Perché  – continua ancora Grimaldi – essere qui, privati della libertà, in attesa di un verdetto sul proprio destino, con la prospettiva di venire separati della propria famiglia, dopo aver magari vissuto esperienze fortemente traumatiche, questo è il problema. E nonostante le rassicurazioni dei responsabili sui servizi offerti, la qualità del cibo, i beni di prima necessità, sono invece tante le carenze che ci fanno ribadire che le condizioni di vita qui non sono dignitose. Ed è questo ciò che tutti i trattenuti ci ripetono, fino all’esasperazione: le lenzuola monouso in carta che durano una settimana, nessun asciugamano in dotazione, cibo scadente e sempre identico (un problema soprattutto per coloro che si trovano adesso in periodo di ramadan), stanze da sette persone in cui, nonostante i sistemi di areazione, non ci sono finestre da cui passi aria, con la conseguenza che molti scelgono di dormire fuori, bagni senza porte, naturalmente nessun frigo per conservare cibo e bevande, acqua calda dai rubinetti. E poi tempo libero vuoto e colloqui con i famigliari troppo brevi. Sono cose che possiamo vedere con i nostri occhi, accompagnati dai tantissimi ragazzi che vogliono parlare con noi, mostrarci tutto, dirci quanto poco sia “umano” tutto ciò, come il carcere – per chi c’è stato – in confronto sia il “paradiso”, come questi luoghi siano una “vergogna” per l’Italia”.

 

C’è poco da aggiungere – conclude – I CIE sono fra i più grandi fallimenti della nostra recente storia. Un’orrenda vicenda italiana dentro una catastrofe europea e mondiale. Per questo la Regione ha chiesto l’immediata chiusura di corso Brunelleschi e la cancellazione della legge Bossi-Fini. Continueremo a chiederlo con forza e a effettuare sopralluoghi, raccontando ciò che vediamo, finché il governo non ci ascolterà, chiudendoli per sempre questi non-luoghi orribili, che tolgono il respiro”.

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