«La chiesa arranca ma è una comunità viva e apre nuove strade»

Il cardinale, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sabato è atteso in Fondazione Mirafiore: «Dialogo e incontro oggi sono parole ferite. Nei giovani, nonostante la disillusione, vedo semi di futuro. Non devono temere di esprimersi o di essere voci fuori dal coro, è lì che spesso nasce il cambiamento»

0
0

In un’epoca in cui il rumore ha preso il posto del pensiero e il confronto si è trasformato in scontro, parlare di dialogo può sembrare un esercizio di nostalgia. Eppure c’è chi continua a credere che il pensiero abbia bisogno di ponti, non di muri. Mon­si­gnor Gianfranco Ra­vasi, bi­bli­sta, teologo e presidente emerito del Pontificio Con­siglio della Cultura, è uno di questi. Lo raggiungo per parlare del “Cortile dei Gentili”, lo spazio simbolico e reale dove credenti e non credenti si incontrano per pensare insieme. Sullo sfondo, le pa­role di due papi: Francesco, che ha portato la Chiesa nelle periferie, e Leone XIV, che la sta portando nel cuore del dibattito culturale.

La sua voce arriva limpida, con quella cadenza che alterna il tono pacato della riflessione al fervore improvviso della passione. A tratti sembra leggere da un antico manoscritto, poi accelera, si infiamma, si apre come una finestra sul mondo. Le parole si rincorrono, si sovrappongono, si fermano per lasciare spazio a un’immagine, a un verso, a un ricordo. Il suo modo di raccontare è colto e accessibile, come se costruisse un ponte tra l’antico e il contemporaneo, tra la teologia e la strada.

«Il Cortile dei Gentili è uno spazio aperto, senza tetto, né cupola, né palazzo – esordisce Ravasi – è sotto il cielo, all’aria aperta. Questo lo ren­de un luogo dove si può dialogare senza barriere, senza etichette. Le parole chiave sono “dialogo” e “incontro”, ma en­tram­be oggi sono ferite. Il dialogo è spesso ridotto a chiacchiera, e l’incontro si trasforma in scontro. Eppure, il desiderio di comunicare rimane, anche se ostacolato dalla su­perficialità e dall’aggressività dei nostri tempi».

Il Cortile (il cui cda è guidato dall’ex presidente del Con­si­glio Giuliano Amato) è nato a Parigi nel 2011, con un’apertura solenne alla Sorbona, all’Unesco, e nella piazza di No­tre-Dame. Da allora ha vi­ag­giato in tutto il mondo, da Roma a Rio de Janeiro, da To­rino a Lecce, passando per incontri con magistrati, bambini, economisti, artisti. «Ab­bia­mo cortili accademici, po­polari, e dedicati a soggetti specifici, dai bambini ai magistrati. È un laboratorio dove la spiritualità incontra la cultura, dove le periferie esistenziali si incrociano con il pensiero critico».

Ma in tempi di crisi e confusione, può davvero of­fri­re una speranza? «Non c’è speranza senza paura – risponde Ravasi – e oggi la paura è diffusa. Ma proprio da questa condizione nasce la possibilità di cercare valori condivisi. Il Cortile dei Gen­tili diventa uno spazio dove si può affermare la dignità uma­na, anche attraverso manifestazioni tumultuose. La speranza, come diceva Mario Lu­zi, è nascosta sotto le macerie, pronta a fiorire. Il Cortile non offre una speranza facile, ma una che provoca, che interroga, che chiede di prendere posizione».

Nel dialogo con chi non crede, qual è il giusto equilibrio tra silenzio e voce? «Il dialogo au­tentico non è solo parola, ma anche ascolto profondo. Spes­so og­gi assistiamo a monologhi paralleli, dove nes­suno a­scol­­ta davvero. Il Cor­­tile na­sce per rompere que­sta di­na­mica. È un luo­go do­ve si può parlare di Dio senza difenderlo, la­sciando che si manifesti nel confronto. Il silenzio è necessario per accogliere l’altro, la voce per esprimere la propria verità. L’equilibrio sta nel rispetto reciproco e nella capacità di andare in profondità, evitando la chiacchiera sterile».

E la Chiesa? È pronta a uscire dai suoi cortili interni? «In passato era anche peggio, diciamolo. C’erano due mon­di separati, siepi che dividevano, muri. E non solo per colpa della Chiesa, ma anche della cultura laica. Entrambe stavano nel proprio campo. Il tentativo di dialogo, da parte della Chiesa, non era evangelico, ma spesso mi­rava a van­taggi politici. Oggi bi­sogna esercitarsi di più nel con­fronto. La Chie­sa arranca, è evidente. Siamo una minoranza, sì, ma questo non si­gni­fica essere marginali. Quan­do è viva, una minoranza può generare visioni nuo­ve, aprire strade, contaminare il pensiero dominante».

Il Cortile è anche un luogo dove arte, scienza e spiritualità tornano a cercare insieme il senso. «La cultura non è nemica della fede, ma sua alleata. Il cristianesimo è incarnazione, non fuga. E il Cortile è il luogo dove queste strade si incrociano, dove si cerca insieme il senso. Ab­bia­mo avuto incontri con filosofi, scienziati, artisti, economisti. È un esercizio difficile, ma fondamentale per una Chiesa che vuole essere incarnata nella storia, non chiusa nel proprio orto».

E i giovani? Ra­va­si li ha coinvolti in una con­sulta giovanile, con ragazzi credenti e non, con la lo­ro vi­sione culturale e sociale. «No­no­stan­te la di­sillu­sione, vedo in loro semi di futuro. Il cristianesimo è proiettato ver­so il futuro, e il Cortile è il luogo dove questi semi possono germogliare. Ai giovani dico: non abbiate paura di pensare, di confrontarvi, di essere voce fuori dal coro. È lì che spesso nasce il cambiamento».

«Ho ricevuto 280 candidature per la consulta – spiega –, quando ne cercavo 25. Mi hanno scritto testi profondi, motivati, ap­pas­sionati. E allora ho capito che c’è ancora fame di pensiero, di confronto, di senso. Anche tra chi non crede. E questo è il segno che non è solo un progetto ecclesiale, ma un’esperienza uma­na». Guardandosi intorno: «Mi sono messo a parlare con rapper, ho ascoltato la loro musica, ho cercato di capire il loro linguaggio. All’inizio pensavo fossero smarriti, senza ideali. Ma poi ho visto che non sono colpevoli: sono in cerca. E noi dobbiamo essere capaci di ac­compagnarli, non di giudicarli. Il futuro non è una formula, è un incontro. E il Cortile è il luogo dove il pensiero può an­cora respirare».

Il Cortile in un mondo che cor­re, rallenta. In un mondo che urla, ascolta. In un mondo che divide, unisce. E se oggi ab­biamo bisogno di qualcosa, forse è proprio questo: un luo­go dove si può ancora parlare, senza etichette, senza paura. Dove il pensiero non è un lusso, ma un diritto. Dove il fu­turo non è un’ipotesi, ma una possibilità. Perché, come dice Ravasi, «non si può eliminare un popolo, non si può privarlo della dignità, non si possono violare le leggi umanitarie. Ecco, questo io credo sia un principio di speranza».
E allora, che il Cortile resti aperto. Anche quando il cielo è nuvoloso. Anche quando il mondo sembra chiuso. Perché il pensiero, quando è libero, trova sempre una porta. Anche se è solo socchiusa.

CHI È

Monsignor Gianfranco Ravasi, figlio di un ufficiale del fisco e di un’insegnante, nasce nel 1942 a Merate (Lc), in Brianza. Cardinale, arcivescovo e biblista, sacerdote dal 1966, ha studiato teologia e Sacra Scrittura a Roma e Gerusalemme. è Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Stella d’Italia

COSA HA FATTO

Fondatore del Cortile dei Gentili, è stato prefetto della Biblioteca Ambrosiana e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Esperto di archeologia, ha promosso il dialogo tra fede e scienza, ha scritto saggi biblici e curato rubriche su giornali e tv per avvicinare cultura e spiritualità

COSA FA

Alla Fondazione Mirafiore di Fontanafredda (Serralunga d’Alba), sabato 11 ottobre, alle ore 18.30, dialoga con il presidente della Fondazione Oscar Farinetti. Argomento: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Alla tavola del mondo”. Con loro lo chef Ugo Alciati, la produttrice di Barolo Carlotta Rinaldi.