Accetti tutto, sempre. Lo sappiamo bene: hai fretta, devi finire un acquisto, entrare in un’app, sbloccare una funzione. E clicchi “Accetto” senza leggere nulla. Ma quel clic ha un prezzo. Giulio Pavesi, classe 2002, studente albese all’Università di Amsterdam, ha deciso che fosse ora di rimettere mano a questo automatismo pericoloso. Insieme ad altre tre studentesse – Annouck Leenders, Imogen Plumb e Julia Rajnai – ha creato Termzy Ai, un’estensione del browser che legge e analizza per te termini di servizio e privacy policy mentre navighi. Il progetto, nato in ambito accademico durante il corso Public AI, è diventato una realtà tecnologica funzionante e già disponibile in beta sul Chrome Web Store. Con un clic, scansiona la pagina su cui ti trovi, individua i documenti legali e li analizza usando l’intelligenza artificiale, restituendoti un riassunto leggibile in pochi secondi. Non solo: ti dice anche se stai cedendo i tuoi dati, se ci sono clausole sbilanciate, e quanto il sito rispetta le leggi sulla privacy come il Gdpr.
Abbiamo parlato con Giulio Pavesi, uno dei fondatori, per capire come nasce un progetto simile, dove vuole arrivare e perché anche chi si crede esperto casca (ogni giorno) nella trappola del “clicca e accetta”.
Cominciamo da lei: chi è Giulio Pavesi, e da dove nasce l’idea di Termzy Ai?
«Sono nato in Germania, albese d’adozione con diploma al Liceo Cocito, oggi studente presso la facoltà di Scienze Umanistiche Digitali dell’Università di Amsterdam. L’idea di Termzy nasce durante un corso chiamato Public Ai, che ci spingeva ad applicare le competenze tecniche a problemi reali con impatto sociale. Abbiamo pensato subito ai termini e condizioni online: nessuno li legge, eppure contengono clausole importanti, spesso svantaggiose per l’utente. Da lì è nata l’intuizione: e se li leggesse l’Ia per noi?».
Termzy Ai è un’estensione del browser. Come funziona concretamente?
«Quando ti trovi su un sito che richiede di accettare una privacy policy o dei termini di servizio, Termzy lo riconosce automaticamente. Ti propone un bottone per la scansione: cliccandoci, il sistema trova i documenti legali nella pagina, li analizza con un modello generativo e ti restituisce un riassunto dei punti critici. Ti mostra se i tuoi dati vengono venduti a terzi, se rinunci a dei diritti, se ci sono clausole particolarmente sbilanciate. E dà anche una valutazione complessiva su quattro indicatori: protezione dei dati, trasparenza, conformità legale e bilanciamento».
Una valutazione automatica della qualità di un contratto legale? Non è rischioso?
«L’intelligenza artificiale non sostituisce un avvocato, ma può offrire un primo filtro. L’obiettivo è la consapevolezza, non la consulenza legale. Gli utenti sono liberi poi di approfondire, ma almeno sanno a cosa stanno andando incontro. E la cosa più importante: tutto avviene in pochi secondi, in linguaggio accessibile. Perché uno dei problemi principali è che questi documenti sono scritti per scoraggiare la lettura».
Cosa distingue Termzy Ai da altri strumenti sulla privacy online?
«Ci sono start-up che si occupano di rimuovere i tuoi dati da internet, o che segnalano cookie e tracker. Ma nessuna applicazione, finora, analizzava in tempo reale i termini legali di un sito web durante la navigazione. Termzy è integrato nel browser e lavora in background: è questo che lo rende unico».
Lei parla di “ignoranza contrattuale” sistemica. È davvero così grave?
«Assolutamente sì. Le persone pensano che accettare termini online sia una formalità. Invece stanno firmando veri e propri contratti, con clausole che possono avere implicazioni concrete. Alcuni esempi? Dati personali venduti a broker, diritti d’autore ceduti senza saperlo, limiti di rimborso ridicoli (100 euro simbolici per qualsiasi danno subito). Nessuno lo sa, eppure succede ogni giorno».
Avete fatto una ricerca di mercato prima di sviluppare l’idea?
«No, è venuta prima l’intuizione, poi ci siamo buttati. Solo dopo abbiamo scoperto che, effettivamente, mancava uno strumento come questo. C’è un grande fermento nel settore data protection, ma mancava un prodotto così diretto, educativo e user-friendly».
Quanto vale un dato personale oggi?
«Dipende dal tipo di dato e dal contesto, ma persino nome, cognome, email, numero di telefono e data di nascita hanno un valore economico. Vengono venduti in blocco a società di marketing o data broker. Ci sono siti che raccolgono i dati degli sposi da liste di nozze e li vendono a fornitori di servizi matrimoniali. Basta un Excel, non serve neanche chissà quale tecnologia».
In futuro, Termzy Ai resterà gratuito?
«Al momento sì, almeno in parte. Ma l’Ia ha costi: server, modelli, inferenza. È tutto molto dispendioso. In futuro ci sarà bisogno di un modello sostenibile, magari freemium o con versioni avanzate a pagamento. Ma il nostro obiettivo è mantenere l’accessibilità come priorità, anche per motivi etici».
L’estensione è disponibile solo per Chrome. Avete in mente di espandervi?
«Sì, sicuramente. Firefox, Safari, Edge… vogliamo che sia accessibile su più piattaforme. Anche su mobile, idealmente. E poi vogliamo che l’output sia disponibile in più lingue: oggi funziona in inglese, ma riconosce documenti in ogni lingua. Il prossimo passo è localizzare anche l’analisi e i risultati».
Giovani e privacy: una contraddizione?
«Un po’ sì. Tra i giovani c’è più consapevolezza teorica, ma sono anche i primi ad accettare tutto pur di accedere ai servizi. Scaricano più app, si iscrivono a più siti, e quindi espongono più dati. Serve uno strumento che li accompagni nel processo decisionale. Anche solo sapere che un sito non è trasparente ti può far riflettere prima di registrarti».
Qual è il sogno “da grande” per Termzy?
«Diventare uno standard di trasparenza. Uno strumento che aiuti milioni di persone a leggere, capire e – quando serve – dire no. Se gli utenti diventano più esigenti, le aziende saranno costrette a scrivere T&C più chiari e più equi. Vogliamo contribuire a creare un web più giusto, dove il consenso sia davvero informato».
E lei, lo usa davvero ogni giorno?
«Sì! Sembra banale, ma è diventata un’abitudine. Ogni volta che mi iscrivo a un sito clicco su “Scansiona” e mi faccio un’idea di cosa sto per accettare. Ed è impressionante quanto spesso si scoprono cose che non immagineresti mai».
In un mondo dove tutto è “gratis”, Termzy Ai ci ricorda che il prezzo, spesso, siamo noi. Con il suo mix di idealismo e concretezza, Giulio Pavesi e il suo team portano una ventata d’aria fresca nel panorama delle start-up europee, dimostrando che l’innovazione può – e deve – essere anche uno strumento di emancipazione digitale.


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