
Barba iconica, sguardo saggio, orecchio assoluto: Beppe Vessicchio è molto più di un direttore d’orchestra. È diventato un’icona pop nazionale, simbolo di armonia, competenza e affetto trasversale. Dai palcoscenici di Sanremo al cuore del web (#escilobeppevessicchio fu tra i trend più virali del 2016), la sua figura è entrata nell’immaginario collettivo come garanzia di bellezza e rigore. Ma dietro il personaggio c’è molto di più: un pensatore curioso, un ricercatore del suono, un musicista che indaga le risonanze profonde tra la musica e la vita. Da anni sperimenta l’effetto delle frequenze armoniche su piante, oli, distillati e soprattutto vini. Perché anche un vino può “ascoltare” e trasformarsi grazie alla Musica Armonico-Naturale. Ne parlerà al Food & Wine Tourism Forum 2025 di Grinzane, in un incontro che promette vibrazioni inattese e affascinanti. Nell’intervista che segue, ci accompagna tra onde sonore e note di gusto, dove anche una botte può diventare uno strumento.
Maestro Vessicchio, da cosa nasce l’idea di far affinare il vino con la musica? È una suggestione poetica o una pratica con basi scientifiche?
«Nasce dal fatto che negli anni novanta gli universitari del Wisconsin testimoniarono scientificamente che le vacche producevano l’8% in più di latte quando nelle stalle veniva diffusa la musica di Mozart anziché altre. Non potendo gli animali godere di cultura sonora come gli esseri umani, discernendo generi e stili, pensai che il fenomeno fosse da attribuire esclusivamente alla sua natura “fisica”. È acclarato che la realtà che ci circonda e ci comprende, visibile o invisibile, sia riconducibile a forme d’onda. Se il suono che si libra nell’aria, muovendo le sue molecole, è in grado di portare messaggi così potenti è lecito supporre che anche piante e altri organismi viventi possano percepirli e reagire di conseguenza. Il vino è un organismo biologico. Ci sono arrivato dopo aver sperimentato sulle piante. Oggi aggiungo tanto altro… olio, grappa, gin. Per risonanza, praticamente tutto».
Lei infatti ha parlato spesso dell’effetto delle frequenze sonore sulle piante. Che cosa succede quando queste vibrazioni incontrano un vino in affinamento? Ha mai “sentito” un vino rispondere?
«Il modo in cui un vino risponde lo “sente” il palato. È l’organo preposto a questa decodifica. I panel test ci dicono, senza smentite, che il vino non solo cambia ma migliora. Con reiterati panel-test, ritenuti scientificamente validi, si potrebbe anche procedere ad una pubblicazione ma non mi basta. Il concetto è più vasto di come sembri. È universale. Vede, tra una molecola e l’altra c’è uno spazio “elettrico” che funge da cerniera. È questa la parte che nel tradizionale affinamento si modifica in maniera significativa. Dal punto di vista chimico ritroviamo lo stesso vino, analiticamente non cambia, eppure tutti noi riconosciamo quanto sia cambiato. Con le vibrazioni della Musica Armonico-Naturale gran parte di questo processo avviene in pochi minuti. È incredibile. Ad ogni convegno ne do dimostrazione. Provare per credere».
Esistono musiche diverse per vini diversi? Un rosso importante richiede un’orchestra sinfonica, mentre uno spumante potrebbe essere più portato per un jazz leggero?
«È molto romantica l’associazione che ha fatto. In realtà la Man (Musica Armonico-Naturale) prescinde dai generi e dagli stili, dalle epoche e dagli strumenti utilizzati. Mi spiego meglio, è un modo di organizzare gli intervalli e posso metterlo in pratica sul soft jazz così come su una composizione da camera… a patto che non si improvvisi ma si rispettino le note appositamente scritte. Ciò non esclude che tra le migliaia di incisioni estemporanee di jazz non ce ne sia una che casualmente possegga una elevata percentuale di tale “polifonia”, termine traducibile volgarmente in “incontri di tre o più linee melodiche sovrapposte”. Quindi per risponderle… è sufficiente che la musica scelta possegga questo dato organizzativo delle sue note, indipendentemente dal genere».
In che modo il progetto vino-musica si inserisce nel suo percorso artistico? SI tratta di una parentesi, una nuova direzione o una sintesi delle sue passioni?
«Un allargamento. Che la musica per me fosse importante l’ho saputo da subito. Quando una quindicina d’anni fa mi si è aperta questa porta ho capito davvero quanto valore abbia nel suo profondo. Ho ricominciato a studiare con l’entusiasmo di un ragazzino e ho approfondito anche il suo aspetto terapeutico che ha radici antichissime».
Da Sanremo alla vigna, il suo volto è diventato parte dell’immaginario collettivo italiano. Quando ha capito di essere diventato un’icona pop e come ci convive?
«Quando #escilobeppevessicchio imperversò sul web. In seguito un docente universitario mi disse che è risultato essere uno dei maggiori scambi nel web del 2016. Ci convivo bene. Cos’altro potrei fare? È il rovescio della medaglia. È arrivato da solo, coerentemente a quello che sono. Quindi non mi comporta sforzi. Accetto. Certo, più la gente mi manifesta benevolenza più il senso di responsabilità aumenta».
Il suo nome è spesso pronunciato con affetto, come una garanzia di bellezza e armonia. Ma dietro il personaggio Vessicchio, quanto lavoro e quanta disciplina ci sono?
«Lavoro tanto. Non solo quello che mi commissionano gli altri, ma anche quello che genero con l’entusiasmo di verificare dove la musica può arrivare… ».
Se potesse scegliere una colonna sonora per raccontare la sua vita – non come musicista, ma come uomo – quale sarebbe? E se dovesse metterla a maturare in botte, che vino diventerebbe?
«Sono nato e vissuto a Napoli per i primi trent’anni. Questo ha creato un rapporto profondo con la storia musicale, per altro fulgida e centenaria, della mia città. Di pari passo, mentre respiravo quest’aria sognavo il Brasile. Quando ho voglia di recare piacere al mio animo fanciullo mi reco musicalmente in questi due ambienti. Murolo e Jobim sono lontani, è vero, ma Armonia è anche una figura mitologica, figlia di Marte, dio della guerra, e di Venere, dea dell’amore. L’equilibrio tra gli opposti è più difficile ma probabilmente più importante che mai. È uno dei principi della polifonia Armonico-Naturale».
CHI È
Beppe Vessicchio, napoletano, 69 anni, direttore d’orchestra, tutta l’Italia sa chi è. Ha collaborato, tra i tanti, con Gino Paoli, Edoardo Bennato, Andrea Boccelli, Elio e le Storie Tese e Peppino Di Capri. Presenza fissa al Festival di Sanremo fin dal 1990 è anche direttore d’orchestra nel programma Amici
COSA HA FATTO
Non solo è il direttore d’orchestra più conosciuto, è anche compositore ed arrangiatore ricercato dai nomi più importanti della musica leggera. Una curiosità cinematografica: guida un carro funebre nel film “Gigi il bullo”, protagonista Alvaro Vitali, regista Marino Gerolami. L’unico film della sua vita
COSA FA
Ha fondato la cantina Musikè che produce due vini Doc come Sesto Armonico Montepulciano d’Abruzzo e Sesto Armonico Trebbiano d’Abruzzo. Vengono affinati con frequenze musicali per migliorarne equilibrio e qualità. Ne parlerà al Castello di Grinzane venerdì 20 giugno, alle 12, al Food & Wine Tourism Forum 2025