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«Il primo incontro con Beppe Fenoglio? Fu in un noccioleto»

Riccardo Corino, presidente del Centro Studi: «Con Gallizio in comune le radici antifasciste»

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«Ciao Luis, ti va se ci dia­mo del tu?». «Ma certo Ric­cardo!».
Comincia così, con naturalezza, la nostra chiacchierata. Niente cerimonie, solo il piacere di incontrarsi per parlare del Centro Studi Beppe Fenoglio. Un luogo che non è solo memoria, ma laboratorio vivo, officina di pensiero, bussola per orientarsi nel presente.
Riccardo Corino, anima ap­passionata di questo presidio culturale, da cinque anni alla sua guida, è stato appena riconfermato fino al 2030. L’ho incontrato per farmi raccontare sogni, sfi­de e orizzonti futuri, sempre con Fenoglio (e Pinot Gallizio) accanto…
Classe 1958, albese doc, Corino è stato direttore ge­nerale di Banca d’Alba fino al 2023 e oggi è Chief Business Officer del Gruppo Bcc Iccrea, ovvero lo stratega commerciale delle 117 banche di credito cooperativo italiane. Insomma, tra finanza e letteratura il filo rosso è sempre lo stesso: la fiducia nelle comunità, nel territorio e nelle storie che sanno costruire futuro.

Riccardo, parliamo di Beppe Fenoglio e Pinot Gallizio, due personalità di­versissime, ep­pure oggi “vicine di casa” nel Centro Studi.
«Sì, Beppe Fenoglio e Pinot Gallizio erano due personalità molto diverse, ma accomunate da stima e amicizia: frequentarono lo stesso Cir­colo Sociale, il Caffè Sa­vona e il salotto letterario dei Masera. Vissero lo stesso ambiente di provincia negli anni del primo benessere del dopoguerra, ma con caratteri estremamente di­versi: estroso ed esuberante il pittore, timido e riservato lo scrittore. Mi piace pensare i due come “vicini di casa” al Centro Studi, e confido che lo saranno ancora di più, quasi “parenti stretti”, una volta realizzati i nuovi spazi espositivi di via Manzoni».

Che tipo di dialogo può nascere tra la parola partigiana di Beppe Fenoglio e la pittura visionaria tipica di Pinot Gal­lizio?
«Avevano in comune le radici antifasciste, vissute concretamente nella militanza partigiana. Bianca Roagna, la direttrice del Centro, sostiene che le pagine asciutte di Beppe Fe­noglio e le opere visionarie di Pinot Gallizio esprimono la stessa volontà di allontanarsi dagli stili letterari e pittorici affermati, “lo stile bello” e “la pittura accademica”, alla ricerca di un nuovo linguaggio espressivo».

In un tempo che corre veloce, cosa significa tenere viva la memoria di Fenoglio? E come si fa per renderla attraente e necessaria anche per le nuove generazioni?
«Fenoglio è un classico, oggi piace molto ai giovani, ne abbiamo continua testimonianza al Centro. La sua scrittura asciutta, diretta e priva di retorica continuerà ad affascinare le future ge­nerazioni. Cosa fare? Pro­muovere la conoscenza del­la sua opera, supportare lo studio e l’analisi dei testi, impegnarsi per rendere te­stimonianza dei valori, umani e civili, che ha espresso in tutte le sue pagine».

Il Centro è sempre più un punto di riferimento, non solo per studiosi e appassionati. Come immagini il suo ruolo nei prossimi anni, tra divulgazione, territorio e memoria attiva?
«È un’associazione di letteratura, storia, arte e cultura, come recita lo Statuto Sociale, così è nato una ventina di anni fa nelle intenzioni dei promotori ed è sostenuto da una serie di lodevoli Soci. Con il nuovo direttivo continueremo nell’impegno di salvaguardare e promuovere il patrimonio storico e culturale della città: al mio fianco c’è sempre Dodo Borra, memoria storica del Centro Studi, e i nuovi ingressi di Elisa Giordano, Laura Della Val­le, Chiara Colombini, Fran­cesco D’Agostino e Daniele Cerrato».

Ricordi il momento in cui hai incontrato per la prima volta Fenoglio? Non il personaggio storico, ma lo scrittore, la sua voce.
«Nell’estate dei miei quattordici anni ho incontrato Beppe Fenoglio in un noccioleto: mio padre mi portava in Lambretta a raccogliere le nocciole, non tornavamo a casa per il pranzo e, dopo il sanguis con la frittata, mio padre si appisolava all’ombra di un noce. Allora tiravo fuori dal cassetto della moto “I ventitré giorni della città di Alba” concesso in prestito da Valter, un amico più grande che ha continuato per tutta l’estate a rifornirmi dei libri di Fenoglio e Pavese. Qualche anno dopo ho conosciuto Margherita Faccenda, la madre di Beppe. Quando entrava in banca, accoglievo Madama ‘Milcare’ con un incipit fenogliano, ogni volta uno nuovo, e lei cercava solo più me per parlarmi con orgoglio del “mio Bep­pe”».

C’è una sua pagina, una frase, che ti porti dentro come un amuleto?
«Mi prendo la licenza di citarne due, una lapidaria e un’altra più leggera. La prima è quella che indicò espressamente Beppe Feno­glio come sua epigrafe: “scrittore e partigiano”. L’altra frase non la scelgo tra uno dei suoi celebri incipit, ma nell’ironico e dissacrante scambio di battute conclusive del racconto “Ma il mio amore è Paco”. Giulia dal balcone di casa dissuade il marito dal (millantato) proposito suicida, lo invita ad allontanarsi dal pozzo ed entrare in casa: “Quando mai, o Paco, hai fatto una qualunque cosa senza il tuo caffè della mattina?”».

ALBA CANDIDATA A CAPITALE DELL’ARTE CONTEMPORANEA 2027

La Città di Alba ha presentato al Ministero della Cultura la propria candidatura a diventare “Capitale italiana dell’arte contemporanea 2027”. L’iniziativa è promossa dal Comitato presieduto da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e composto da personalità del settore, da fondazioni culturali di rilievo internazionale supportate da molti enti. La candidatura coinvolge più Comuni, estendendosi al territorio patrimonio Unesco dei paesaggi vitivinicoli delle Lan­ghe-Roero e del Monferrato. Tra i principali obiettivi c’è la creazione della Biennale delle Lan­ghe, che ambisce a diventare il più importante festival di arte contemporanea in Italia, la cui prima edizione prenderà vita proprio nel 2027.

BaNNER
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