«Nuovi spazi e sfide per una crescita internazionale»

Il cuneese Giovanni Quaglia alla guida dell’Accademia Albertina delle Belle Arti

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«Je atans mon astre (attendo il mio destino)!» fu il motto di Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde, uno degli importanti antenati della Casata sabauda, quasi un mito per Carlo Al­berto, il re che commissionò al livornese Tommaso Gazzar­rini la realizzazione del dipinto che noi conosciamo come “Il Grande Assente”. Un’opera gelosamente custodita presso i Musei Reali di Torino, recentemente restaurata dopo l’incendio della Cappella della Sin­done del 1987, raffigurante l’incontro con papa Urbano V e il Patri­arca di Costan­tinopoli, nel 1367. Il raffronto può apparire azzardato, ma, lo scorso 17 aprile, un altro destino si è compiuto: Giovanni Quaglia è stato nominato dal Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, nuovo presidente dell’Accade­mia Al­be­rtina. Subentrato a Paola Gribaudo, alla guida dell’ente dal 2019 al 2025, il cuneese è stato scelto, come da prassi, sulla base di una terna di nomi che è stata individuata dal Consiglio accademico dell’Ac­ca­demia Albertina.

Una vita dedicata alla “cosa pubblica”, dall’amministrazione nel “suo” comune (Genola) alla guida ventennale dell’Ente Provinciale. Laureato in Let­te­re, docente di Economia e Direzione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Torino (Dipartimento di Mana­gement – Sezione di Economia e Direzione delle Imprese), gior­nalista pubblicista, il presidente Giovanni Quaglia ha una consolidata esperienza al vertice di società, enti, istituzioni, associazioni culturali e organizzazioni non profit ed è molto conosciuto a Torino e in Piemonte per le sue molteplici attività. In qualità di Pre­sidente della Provincia di Cu­neo per tanti anni e vicepresidente e poi presidente di Fon­dazione Crt ha accompagnato la realizzazione di molte opere, tra cui ricordiamo la riqualificazione delle Ogr, come spazio culturale e tecnologico. Qua­glia presiederà l’Accademia nel prossimo triennio, che sarà decisivo per gli investimenti economici sul piano strutturale e per l’ulteriore affermazione dell’Acca­demia Albertina in ambito locale, nazionale ed internazionale.

Alla guida di una tra le isti­tuzioni più storiche di Torino, sensazioni?
«Emozionato e grato. La Mi­nistra ha scelto la mia figura da una terna di grande caratura, una nomina che non ho cercato: è arrivata, cercherò di corrispondere nel migliore dei modi possibili, sperando di essere a all’altezza del compito».

Cosa rappresenta per lei l’Ac­cademia?
«Un’istituzione secolare, di grande livello culturale. La “vecchia” Accademia era limitata a insegnamenti di scultura e pittura: oggi, invece, si è molto ampliata. Devo ancora prendere bene conoscenza, ma tra i vari percorsi cito scenografia, incisione e regia: tutto quello che riguarda le arti attraverso insegnamenti molto puntuali e precisi, posso dire».

Uno sguardo internazionale.
«Gli studenti arrivano da ben 40 Stati di tutto il mondo, per un totale di oltre 1.600 iscritti: potrebbero anche essere di più, ma al momento i locali non sono sufficienti. Un problema sarà quello di cercare nuovi spazi per dare più possibilità di accoglienza».

Appena partito… ha già delle idee concrete?
«Alcuni interventi di carattere strutturale sono già incamminati. Mi riferisco all’importante cantiere di Compagnia di San Paolo, Università degli Studi di Torino e Città di Torino alla Cavallerizza Reale: un polo culturale di livello internazionale nel cuore della città, che prevede l’insediamento di nuove funzioni culturali, formative, ricettive, sociali e direzionali. Trove­remo lì nuovi spazi, affiancati a lavori di adeguamenti della sede storica».

Contenitore e contenuto.
«Devo prendere conoscenza e coscienza di tutte quelle che sono le tematiche che concernono la didattica, a partire dall’incontro con i rappresentanti degli studenti: devo ancora “immergermi” in queste partite. L’obiettivo è uno: mantenere il prestigio dell’Acca­demia Albertina, guidata ottimamente in questi ultimi due mandati dalla dottoressa Paola Gribaudo, figlia del grande artista Ezio, recentemente scomparso, con la direzione generale di Salvo Bitonti, affiancato dall’avvocato Alessandro Mo­re­­schini, anch’egli cuneese, alla direzione dell’area amministrativa. Il mio mandato sarà rivolto al rafforzamento della capacità di fare squadra con il resto delle realtà territoriali e no. Un mio “pallino”: condividere, ascoltare, confrontarsi. Un metodo che è già in corso».

Torino sta “ridisegnando” le sue priorità, anche in ambito culturale.
«Ha assolutamente ragione, l’Accademia su questo fronte può ricoprire anche un ruolo fondamentale, al fianco della Fondazione per l’Arte Mo­derna e Contemporanea Crt e la Cam (Corso di laurea magistrale in Cinema, Arti della scena, Musica e Media, ndr), i Musei Reali, La Venaria, senza prescindere dal Museo Egizio. C’è una realtà dal punto di vista culturale, museale e artistico di grande livello: tutto ciò può diventare stabile e avere anche un riflesso economico, attraendo turisti da tutto il mondo».

Dall’Accademia alla cronaca, mondiale e locale: il riferimento va a Papa Francesco…
«Papa Francesco è stato un personaggio straordinario. Parto dal suo manifesto programmatico: appena eletto scrisse l’Evangelii Gaudium (23 no­vembre 2013, ndr), in cui ha manifestato sin da subito la preferenza per gli ultimi, per i poveri, per chi fa più fatica. A seguire l’enciclica “Fratelli tutti” (3 ottobre 2020, ndr) che parla delle periferie del mondo, e “Laudato Sì” (24 maggio 2015, ndr), sull’equità dell’uso delle risorse naturali. Questi tre sono a mio avviso i documenti più significativi del pontificato. Molti parleranno dell’impatto religioso, politico e sociale. Io, molto più semplicemente, dico che è stato un Papa che ha voluto “stare tra la gente”. I leader devono stare non sotto, non sopra, tantomeno altrove, ma dentro le relazioni che sono essenziali per costruire una comunità. A noi il compito di proseguire sul cammino tracciato da Fran­cesco, prendendosi cura e riconoscersi nell’Altro, con la “A” maiuscola, perché significa riconoscere che l’Altro ha la stessa importanza che hai tu, che l’Altro è una persona».

…e Giacomo Oddero.
«Un grande uomo e grande amministratore pubblico. Ha ridato slancio all’ente camerale dialogando con le altre isti­tuzioni. La sua più grande intuizione rimarrà quella dell’acquedotto, un elemento di unificazione provinciale. Un fiume d’acqua limpida dal tunnel del Tenda alla Langa assetata di Pavese e Fenoglio, ponendo le basi dell’attuale sviluppo economico e turistico del territorio. Un’opera che lui aveva nel cuore, nell’anima, nel sangue. Lo ricordo attraverso una frase che Luigi Einaudi, riferendosi a sé stesso in quanto cu­neese, scrisse: “Quando abbiamo finito di dire, smettiamo anche di parlare”».