«L’Ia omologa le cose rendendo ancora più centrale il talento»

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Il primo quotidiano al mondo scritto direttamente dall’intelligenza artificiale, Il Foglio Ai, dal 18 marzo scorso è in edicola e sul web. Il Foglio, diciamo così, tradizionale, lo an­nun­ciava il giorno prima: «Il Foglio Ai è un quotidiano vero, fatto ogni giorno, frutto di discussioni, frutto di provocazioni, frutto di notizie, realizzato usando interamente l’intelligenza artificiale. Per tutto. Per la scrittura, i titoli, i catenacci, i quote, i sommari. A volte anche per l’ironia. Noi giornalisti ci limiteremo a fare le domande, nel Foglio Ai leggeremo le risposte. E ci aiuterà, in modo non sappiamo ancora se naturale o artificiale, a spiegare come si può far passare l’intelligenza artificiale dallo stato della teoria a quello quello della pratica».

Claudio Cerasa da gennaio 2015 è il direttore del Foglio, il quotidiano fondato nel 1996 da Giuliano Ferrara. Dal 18 marzo Cerasa è anche il direttore del Foglio Ai.
Direttore, perché l’ha fatto?
«L’ho fatto perché ho voluto portare la discussione sull’intelligenza artificiale dallo sta­to gassoso a quello solido. Ho pensato fosse opportuno trovare un modo per mostrare a tutti il grande elefante nella stanza che esiste nel nostro mestiere. È la presenza di una rivoluzione di fronte alla quale è necessario essere pronti, non farsi trovare im­preparati e per la quale confrontare quali siano i suoi limiti e le sue potenzialità, così come i nostri limiti e le nostre potenzialità per diventare più bravi a fare il nostro mestiere».

Giuliano Ferrara come l’ha presa?
«L’ha presa benissimo, è felicissimo. Ha fatto degli articoli stupendi sul tema dell’intelligenza artificiale che potete trovare in rete».

E i suoi redattori? Qualche mugugno o tutto liscio?
«I redattori sono tutti contenti anche perché Il Foglio ha avuto molti nuovi lettori e molti nuovi abbonati grazie a questa esperienza. Inoltre i nostri giornalisti sanno che la loro, la nostra creatività non è replicabile. Anche per questo Il Foglio è un giornale un po’ unico. L’unico che, forse, può permettersi un esperimento del genere, per andare a capire quali elementi possono ancora essere migliorati e come la macchina può essere integrata al nostro lavoro».

Mi corregga se sbaglio: fate la riunione di redazione e poi clic?
«La riunione di redazione la facciamo alle 12. Durante la riunione emergono alcuni temi che utilizziamo anche per Il Foglio Ai. Poi gli articoli vengono scritti sulla base di un prompt che viene dato dal direttore. Se l’articolo è buo­no si lascia così, se non è buono si fa rifare, se contiene pochi errori li lasciamo, se ne contiene molti lo facciamo riscrivere».

Ma pensa che l’Ai sia obiettiva sulla solita questione “i fatti separati dalle opinioni”?
«L’Ai non ci interessa, il tema dell’Ai e dei suoi buyers nemmeno, quindi il tema dei “fatti separati dalle opinioni” non ci appartiene. Tutto ciò che noi raccontiamo al Foglio ha degli elementi che sono legati, co­me sapete, al nostro modo di vedere il mondo. E la ragione per cui molti articoli sono buoni è legata al fatto che ogni singolo articolo del Foglio Ai riceve un input preciso in cui si indicano sia i fatti da descrivere, sia le opinioni da contenere».

Ma la sua mano riprende poi quanto scrive l’Ai quotidianamente?
«La mia mano non descrive quanto vale l’Ai, ma descriverà la prossima settimana quanto abbiamo imparato da questa esperienza».

«Il Foglio Ai, un altro Foglio fatto con intelligenza», avete scritto. Non mi dirà che vi mettete sullo stesso piano di un pc?
«La domanda è maliziosa. Non ci mettiamo sullo stesso piano di un pc ovviamente. Semplicemente spieghiamo come l’intelligenza di un giornale può portare a fare con intelligenza un altro giornale. Perché non toglie nulla al primo giornale, anzi aggiunge e porta interessi, porta lettori e porta curiosità su un argomento».

L’Ai ha un suo fascino. Ma non pensa che forse sia un argomento con il quale riem­pirsi la bocca in questo momento storico? Insomma la infilano dappertutto…
«L’intelligenza artificiale non solo ha un suo fascino, ma è la più grande rivoluzione culturale e tecnologica della nostra epoca. E non volerla vedere significa semplicemente voler infilare un elefante sotto il tappeto. Prima o poi lo vedrai».

Mi permetta ironicamente il paragone un po’ tagliato con l’accetta: i grandi elettrodomestici usano l’Ai ed è uscita una gamma di frigoriferi corredati in tal senso. Ora anche un quotidiano scritto in toto artificialmente. Qual è la differenza?
«La differenza di un giornale scritto in modo artificiale, rispetto al paragone che fa, è che anche questi articoli han­no bisogno di un’intelligenza, hanno bisogno delle domande giuste. Prima o poi si svilupperà anche questo mestiere, per fare bene le domande all’intelligenza ar­ti­ficiale. E non è meno giornalisti più informatici, ma è più giornalisti e più tecnologia. È più competenze e più ricerca del talento. Perché l’intelligenza artificiale, in una stagione in cui molte cose potranno essere omologate, renderà ancora più importante il talento».

Meno giornalisti, più informatici. Gli editori ringraziano… Crede che fra un po’ i giornalisti saranno una categoria inutile? Del resto già non se la passano bene: precari in grande maggioranza, collaborazioni pagate con vere e proprie elemosine.
«I giornalisti resteranno una categoria fondamentale. Se c’è qualcosa che la macchina sa fare come il giornalista il problema non è della macchina, ma è del giornalista».

Faranno la fine del piombo, dei linotipisti, degli stenografi? È ineluttabile?
«La domanda sul piombo mi sembra un po’ superata perché è una tecnologia che ha portato a cambiare molti mestieri. Chi faceva un me­stie­re un tempo, adesso ne farà un altro».

Ma usare l’intelligenza artificiale non è un po’ autolesionista, visto che le mancano un bel po’ di anni alla pensione?
«Non è autolesionista perché questo strumento offre la possibilità di creare nuove cose, nuovi contenitori, nuo­vi contenuti. Ci dà la possibilità di diventare un giornale ancora più forte, più intelligente e più proiettato con ottimismo verso il futuro».

CHI È

Claudio Cerasa giornalista, blogger, saggista. Siciliano di Palermo, ha 44 anni, vive a Roma. Tifoso dell’Inter e del Palermo, gioca a calcio come mediano e impugna la racchetta da tennis. Ha una forte passione per la musica, tra i suoi gruppi preferiti i Green Day, gli Strokes e i Killers

COSA HA FATTO

A Roma ha lavorato alla Gazzetta dello Sport e a Radio Capital. Poi ha iniziato l’esperienza nella redazione del Foglio, arrivando ad esserne il caporedattore centrale. Collaboratore di Panorama e, in tv, de “Le Invasioni Barbariche” e di “Porta a Porta”. Ha scritto diversi saggi sulla politica italiana

COSA FA

Dal 2015 è il direttore de “Il Foglio”, il quotidiano fondato nel 1996 da Giuliano Ferrara. Dal 18 marzo anche de “Il Foglio Ai”, secondo alcune fonti potrebbe lasciare la direzione de “Il Foglio” per  assumere un nuovo ruolo a “Il Messaggero”. Esplora temi di innovazione e cambiamento con il suo podcast “La velocità del cambiamento”, prodotto da Intesa San Paolo