Sta per concludersi la lunga avventura professionale di Mauro Bernardi, da nove anni presidente dell’Atl del Cuneese e primo testimone dei tanti progressi compiuti dalla Granda nel settore turistico. A cominciare dalla montagna, ma non solo.
Stagione invernale agli sgoccioli, quali segnali sono arrivati?
«Da qualche anno a questa parte viviamo un momento positivo, c’è stato un continuo flusso di crescita. I dati più recenti arriveranno dall’Osservatorio, ma la prospettiva è di una crescita vicina al 2%. Quindi si continua a salire. C’è stata anche compensazione tra il momento estivo che è salito e quello invernale che negli ultimi anni ha chiaramente fatto i conti con la mancanza di neve nei momenti canonici. Ma se poi calcoliamo il maggior numero di presenze dall’estero, che registriamo ormai da qualche anno, possiamo affermare che nel complesso il turismo sul nostro territorio goda di ottima salute».
Qual è stata la chiave vincente?
«La fonte di attrazione principale è quella dell’outdoor, sia estivo e sia invernale. È ormai uno dei principali canali di attrazione, collegato ovviamente alla gastronomia del territorio che la fa sempre da padrona».
E in generale, che cosa funziona?
«Gli investimenti diventano sempre più importanti in un settore che ha prospettive notevoli, perché i canali sono quelli giusti. In generale si è alzato il livello qualitativo, c’è stata una riscoperta del territorio, la comunicazione è diventata più ampia e diretta. Un dettaglio importante è rappresentato dall’apprezzamento crescente che ci arriva dal mercato straniero, non più limitato a quello canonico della Francia, ma con presenze dal Nord Europa sempre più numerose. E iniziano ad arrivare turisti anche da Oltreoceano, il mondo americano si affaccia sui nostri territori non solo per gli studenti che abbiamo visto a Cuneo con un progetto di incoming culturale. Sono tanti i turisti affascinati dalla Langa e ora anche dalla montagna cuneese».
Come sostenere la crescita?
«Mi auguro che ci sia una consapevolezza diffusa da parte di chi lavora nel settore turistico per puntare sempre di più a un miglioramento delle strutture. E mi rivolgo ai proprietari di immobili, agli operatori, agli albergatori e ai ristoratori. Perché poi sono le strutture più belle quelle che fidelizzano il turista. Dal punto di vista naturalistico abbiamo poco da invidiare ad altre zone, la scommessa futura è puntare su soluzioni ricettive che da sole possano creare una vacanza. Quando andiamo in giro, ci rendiamo conto che i ricordi più belli dei momenti di vacanza e di relax sono legati ai posti in cui abbiamo alloggiato e all’accoglienza che abbiamo ricevuto. C’è ancora un percorso da fare per far arrivare tutti al top, questa è la sfida».
Sullo sfondo, la filosofia di un turismo ideale per le famiglie.
«È una filosofia dettata da ciò che descrive il territorio in senso proprio. Qui il turismo di massa non riuscirà mai ad arrivare, non ci sono alberghi da cento camere e neanche pullman pronti a riversare grandi gruppi di persone. In questi anni si è lavorato infatti sull’outdoor, sull’enogastronomia e sulla cultura, in un percorso ispirato, ad esempio, anche all’idea del museo diffuso mettendo a disposizione del turista la visibilità dei nostri beni culturali, senza bisogno di passare da un accompagnatore turistico e avendo la possibilità di scaricare semplici guide online che si riferiscono a oltre trenta siti del territorio, visitabili con l’utilizzo dello smartphone. Ci rivolgiamo al singolo e alle famiglie, perché si tratta della tipologia del turista che arriva sul nostro territorio».
C’è collaborazione con l’altra Atl?
«Quella della rivalità con l’Ente turismo Langhe, Monferrato e Roero è una vecchia storiella. La collaborazione va avanti da un po’. Ci sono due società differenti, non ci si incrocia tutti i giorni, ma lo si fa su obiettivi comuni. Il filo conduttore è rappresentato dall’outdoor e condividiamo l’esperienza di Wow assieme a Fondazione Crc e Camera di Commercio. L’outdoor può favorire la destagionalizzazione, perché i momenti di punta su un territorio non coincidono con quelli dell’altro, quindi consentono un maggiore ventaglio di proposte».
Qual è il ruolo di Torino?
«Fondamentale per mettere a confronto le diverse Atl, del resto alla guida di VisitPiemonte c’è Giuseppe Carlevaris che è stato anche vicepresidente all’Atl del Cuneese e conosce le dinamiche. La promozione del brand Piemonte deve passare dalla comunicazione di laghi, montagna, beni culturali, gastronomia della collina. È una questione di brand, ad esempio il Trentino viene proposto come tale non come Madonna di Campiglio e Vigo di Fassa. Così dobbiamo fare anche noi e credo che Carlevaris abbia segnato una strada in questa direzione. In Regione poi abbiamo un assessore all’agricoltura come Paolo Bongioanni che conosce benissimo il territorio e il valore del cibo e sta puntando molto sulla qualità dei prodotti della tavola made in Piemonte».
Qual è, in sintesi, il suo bilancio di fine mandato?
«Mi porto dietro un bagaglio di esperienza e di conoscenze incredibile, una marea di persone. E insieme, la consapevolezza della forza di questo territorio che per quel che mi riguarda è partita dagli eventi sportivi, con le tappe del Giro d’Italia e tutto il resto. Meritano attenzione poi, le centinaia di volontari. Ricordo quasi ogni singolo giorno degli ultimi nove anni trascorsi in questo ruolo, ma è stata un’esperienza incredibile specialmente dal punto di vista personale».
E il futuro dell’Atl?
«Credo di lasciare una società avviatissima, alla quale spero si possa dare continuità con chi è già dentro. È una struttura che professionalmente è molto qualificata e continuerà sicuramente su questo bel percorso che abbiamo fatto insieme».
Il ruolo delle tecnologie è sempre più importante: come gestirlo?
«La crescita turistica nei vari territori, da dieci anni a questa parte, è stata molto influenzata dallo sviluppo tecnologico. Il 90% della nostra comunicazione passa dagli smartphone e dai canali social. Qui le immagini rappresentano uno dei primi attrattori turistici. La tecnologia ha cambiato l’approccio, ma non potrà mai snaturare il territorio».
Chiudiamo con il problema del cambiamento climatico.
«Su Cuneo abbiamo avuto piogge torrenziali che fino a dieci anni fa erano nevicate. Il cambiamento sta nell’innalzamento della quota neve e questo meriterebbe alcune riflessioni. Se oggi andiamo in un comprensorio come Limone Piemonte o Prato Nevoso, la maggiorparte delle persone sono stranieri. E a loro del fatto che non nevichi più in piazza Galimberti non importa molto, conta che quelle piste siano perfettamente innevate e battute. Le stagioni saranno un po’ più problematiche e serve ragionare sulla destagionalizzazione, puntando anche su ciò che nei comprensori si può fare d’estate. Lo abbiamo già visto con l’ingresso della bicicletta assistita. Fino a 25 anni fa facevamo sci di fondo nel Parco fluviale di Cuneo, oggi non più. Ma questo non mette in crisi il sistema neve, ci si struttura in maniera differente».