«No al passatismo sì all’innovazione per ogni problema»

Dal 20 al 23 marzo, Coltivato 2025 si occupa di acqua. Maria Ludovica Gullino e Antonio Pascale offrono «strumenti concreti proposti al pubblico con passione»

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Aqua, acqua, H2o! In tutte le sue declinazioni, usi, storia, gestione re­­­sponsabile, gioie e dolori. Sarà l’acqua, dal 20 al 23 marzo (il 22, intanto, è la Giornata Mondiale dell’Ac­qua), la protagonista di Col­tivato 2025, il festival dedicato all’agricoltura «con i piedi per terra» che, alla sua seconda edizione, porta a Torino «incontri, conferenze, dibattiti, tavole rotonde, laboratori, interviste, spettacoli teatrali per raccontare l’agricoltura in un grande evento scientifico-divulgativo» come raccontano gli organizzatori.
Visto il programma che conta un bel po’ di appuntamenti, saranno tre giorni decisamente compressi, concentrati tra le sale (Grande, Gioco e Musica) del Circolo dei Let­tori, la Cavallerizza Reale, il Palazzo della Radio di Via Verdi, il Teatro Gobetti e il Museo della Frutta Francesco Garnier Valletti di Via Pietro Giuria.
«Coltivato non si limita a presentare la problematica della scarsità idrica – dicono ancora – ma si propone di offrire un’analisi approfondita del tema, esplorando le cause, le conseguenze e, soprattutto, le possibili soluzioni per una gestione più responsabile e sostenibile di una risorsa vitale per il settore agricolo e per l’intero pianeta».
Sull’acqua di casa nostra in­tanto possiamo registrare una quasi buona notizia: Arpa Piemonte, che ha pubblicato il suo ultimo rapporto sulla situazione idrica regionale, aggiornato a 28 febbraio 2025, scrive che «la situazione attuale non è al momento critica in vista dell’inizio della stagione agricola». E Daniele Cat Berro, me­teorologo di Nimbus, la rivista web fondata e diretta da Luca Mercalli, nella sua rubrica sul web de La Stampa, conferma che «anche se gli ultimi mesi sono stati mediocri in fatto di precipitazioni, per fortuna i livelli delle falde nella pianura piemontese godono ancora degli straordinari ap­porti del 2024, l’anno più bagnato in un settantennio insieme al 1977». Aggiun­gen­do che «la neve presente in montagna a inizio marzo, te­soretto idrico per la prossima estate, corrispondeva a circa 1,6 miliardi di metri cubi d’acqua. È un valore in deficit del 15% rispetto al normale, ma almeno di gran lunga superiore a quanto rilevato negli stessi periodi del biennio di siccità record 2022-2023: rispettivamente circa 600 e 900 mi­lioni di metri cubi d’acqua in forma nevosa».
Per Maria Ludovica Gullino e Antonio Pascale, rispettivamente direttore scientifico e direttore artistico della rassegna «Coltivato si propone di smontare le visioni passatiste dell’agricoltura, spesso fondate su un erroneo concetto di naturale, ma allo stesso tem­po non si mostra reticente nei confronti dei problemi che l’agricoltura presenta. Fon­dan­do­si sul motto “a ogni pro­­blema corrisponde una so­luzione”, Coltivato cerca di esaminare strumenti concreti e innovativi e di proporli con passione al pubblico».
La protagonista acqua sarà esa­minata sotto diversi punti di vista: cambiamenti climatici e siccità, la gestione innovativa delle risorse idriche, i conflitti per l’accesso all’acqua e la sicurezza alimentare «indissolubilmente legata all’acqua – racconta l’or­ganizzazione – at­traverso la presentazione di strategie per ga­rantirla in contesti di scarsità idrica, come la promozione di colture resistenti alla siccità e l’ottimizzazione delle pratiche agricole».
Una segnalazione nel programma è per il filosofo Mau­rizio Ferraris. Racconterà che la nostalgia spesso ha il so­pravvento quando riaffiorano i ricordi del passato. E questo avviene anche quando si tratta di nostalgia alimentare. Ah, come erano buoni gli gnocchi della nonna… Oggi invece al supermercato troviamo ben altro e la nostalgia, che Fer­raris definisce “canaglia”, ci as­sale e invade i nostri neuroni che stuz­zicano il palato di sapori lontani. Ma, secondo il filosofo, si può non guardare al passato con il paraocchi.
La tre giorni, dicevamo, ha un programma ricchissimo, il consiglio è di consultarlo sul web all’indirizzo www.coltiva­to.­com. Agli appuntamenti l’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Presentarsi per tempo.

 

«È ora di parlare di agricoltura in città, a chi non la conosce e nei luoghi aulici»

Maria Ludovica Gullino, fitopatologa, ordinaria della sua materia all’Università di Ge­nova (nell’immagine a sinistra con il direttore artistico Antonio Pascale), è il direttore scientifico del Festival. L’inter­vento inaugurale ha co­me titolo “L’acqua come im­pegno civico”. «Giulio Boc­ca­letti, ricercatore di fama internazionale e direttore scientifico del Centro Euro-Me­diterraneo sui Cam­biamenti Clima­tici, affronterà il tema in modo molto am­pio. Ci dirà che guardiamo il cielo per capire se ci sarà un’alluvione o vin­cerà la siccità, quando dovremmo guardare in noi stessi per capire cosa non abbiamo fatto per evitare tali fenomeni».
Al Festival si parla anche di cibo. La gente preferisce quello di una volta o quello di adesso?
«La gente è fissata sulle cose di una volta, il mondo del “mulino bianco”. Il nostro Festival è laico, non vogliamo indottrinare. Raccontiamo l’innovazione. Oggi si vive meglio e di più perché mangiamo e siamo curati meglio. L’innovazione porta la carne coltivata, le farine di insetti. Possono servire in altre aree geografiche, in momenti di crisi, per dare soluzioni diverse. Ma nessuno ti costringe a mangiare queste cose».
L’economista Jeremy Rifkin sostiene che l’Italia con tutte le sue tipicità agroalimentari non ha bisogno di Ogm…
«È vero e non è vero. Il miglioramento genetico non va contro la biodiversità, anzi la sostiene in certi casi. Dobbiamo pensare ad un’agricoltura che dalle vecchie varietà possa ricavare i geni per mantenerne le caratteristiche e generarne nuove più produttive. Non c’è contrapposizione e dobbiamo pensare anche al reddito degli agricoltori».
Ma gli agricoltori nella filiera spesso sono quelli che guadagnano meno.
«La sostenibilità deve essere anche economicamente vantaggiosa, sono figlia di imprenditori agricoli. Poi il miglioramento genetico serve anche per alimentare e mantenere la biodiversità. Di agricoltura si parla poco, si parla di cibo, di ristorazione o di chef. È ora di parlare di agricoltura in città, a chi non la conosce, nei luoghi aulici di Torino, non in periferia. Facciamo conoscere i diversi processi, poi saranno le persone a scegliere». (l.c.)

 

Articolo a cura di Luis Cabasès