«Il mistero è una parte positiva del nostro modo di percepire le cose»

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«L’universo ricomincia a ogni foglia e a ogni pietruzza che cessa di rassomigliare a sé stessa», scrive Giorgiomaria Cornelio nel suo libro “Fossili di Rivolta”. Grido di ribellione ad una realtà che ci vede convergere verso l’uniformità di un’unica piatta superficie, dove tutto si assomiglia per emulazione. In un mondo di vetro, dominato dalla trasparenza e dall’iper-connessione, dove ogni aspetto della vita sembra essere esposto, catalogato, imitato. Non sognato o immaginato, ma ingurgitato per immagini già digerite da algoritmi.
Manuel Agnelli ci invita a riscoprire il valore della curiosità e dell’immaginazione. Sabato 15 marzo, ospite di Fondazione Emanuele di Mirafiore, a Serralunga d’Al­ba, l’artista condividerà le sue riflessioni sull’importanza dell’ignoto e il suo impatto sulla nostra immaginazione e creatività. L’appuntamento, intitolato «La scomparsa del mistero», è organizzato nell’ambito del “Laboratorio di Resistenza Permanente”. Of­friamo, senza svelarlo, un’anteprima di quel viaggio, un’esplorazione attraverso le sue parole, per comprendere come il mistero possa ancora nutrire la nostra anima.
La scomparsa del mistero è una perdita che, molto semplicemente, non possiamo permetterci. Quello di Manuel Agnelli è un invito a resistere all’omologazione e a difendere la nostra libertà di pensiero e la nostra capacità di sognare, a non rinunciare alla nostra individualità. A curare il sentire ed il creare dell’umano. Cercare la bellezza nell’inaspettato e trovare significato nell’ignoto, dando un vero valore alla nostra immaginazione, sono aspetti fondamentali per attraversare consapevolmente la soglia del contemporaneo. Farlo attraverso la nostra presenza fisica, nei luoghi e nello spazio, resta la chiave migliore per aprire quella porta.

Che cos’è per lei il mistero?
«Il mistero è una parte positiva del nostro modo di percepire le cose. Sta scomparendo sempre più. Perché con i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi è diventato un imperativo far conoscere a tutti tutto ciò che facciamo quotidianamente. A parte la volgarità, di questa ostentazione, il mistero resta una parte molto interessante e creativa di quella fantasia che alimenta la curiosità».

Cosa si perde esattamente quando il mistero svanisce?
«Prima di tutto si perde la capacità di incuriosirsi ed incuriosire. Far sì che ognuno di noi abbia un punto di vista personale, diverso da quello di tutti gli altri. Un appiattimento, anche perché non esiste niente di più interessante della nostra fantasia. È importante non chiudere in una gabbia i limiti del nostro pensiero. Il mistero, che è assenza di conoscenza, alle volte è più interessante della conoscenza stessa, che ha dei limiti. Il mistero è l’insondabile, per questo sviluppa la fantasia».

In che modo il mistero ha influenzato il suo processo creativo negli anni?
«Senz’altro per la fascinazione che può creare nel nostro immaginario. Grandi personaggi del mondo musicale avevano poche possibilità di promuovere la loro immagine, perché i media erano limitati. Per esempio, circolavano poche foto di David Bowie, noi immaginavamo la sua vita nel quotidiano come una cosa fantastica. Oggi i personaggi del mondo dello spettacolo cercano di postare il più possibile, lasciando poco spazio all’immaginazione e alla curiosità. Il mistero sulla vita di questi personaggi ci portava ad immaginare delle vite fantastiche che noi non avremmo mai potuto vivere. Io ho cominciato a far musica perché volevo vivere una vita fantastica».

Musica, televisione, teatro, radio. In quale di questi ambiti l’immaginazione e la creatività trovano ancora il loro spazio?
«In tutti. La creatività fa parte di ogni ambito della vita, non per forza artistico. Per un artigiano, come per un meccanico o per uno sportivo immaginazione e creatività sono fondamentali».

Cosa pensa del ruolo dell’artista nella società contemporanea? È ancora custode del mistero?
«In passato poteva essere importante suscitare curiosità. Oggi è importante essere responsabili della trasmissione della cultura e di ciò che succede nel mondo. Prendersi la responsabilità di informare, anche solo dal punto di vista emotivo. Io sento che il mio ruolo non si limita a creare cose interessanti, ma fare da megafono per chi non ha possibilità di esprimersi».

Dal 1985 ad oggi, passando per i Talent, Sanremo e You­Tube, com’è cambiata la musica?
«Tantissimo, da tanti punti di vista. Così come per la filosofia, la musica ha seguito lo sviluppo tecnologico. Non voglio dire che sia giusto o sbagliato. Sicu­ra­mente, a me non piace che la tecnologia prenda il posto dell’uomo nella creatività. Quello che si sostituisce all’uomo, all’anima, al cuore, non mi interessa. Sono emozionato al pensiero che una persona possa sentire e creare. Il dover utilizzare la tecnologia a tutti i costi, per non sembrare vecchi, mi fa ribrezzo. Abbiamo accettato un sacco di distorsioni per paura di essere vecchi. Non è vero che non ci si può opporre al progresso, bisogna avere il coraggio di rifiutarne i benefici, se gli aspetti negativi sono enormi».

Nel corso della sua carriera, c’è stato un errore che ha commesso, e che se potesse tornare indietro rifarebbe comunque volentieri?
«Tantissimi, e continuo a commetterne. Gli errori sono fondamentali per insegnarci che cosa vogliamo veramente. Non dico che li rifarei tutti, ma quasi. Probabilmente, in generale, vorrei metterci meno ad uscire dalle situazioni negative, questo sì».

L’incontro di sabato 15 marzo è organizzato nell’ambito del “Laboratorio di Resistenza Permanente”. Chi sono, oggi i veri resistenti?
«Sono quelli che coltivano una proprietà di idee personali, chi non si uniforma al pensiero comune, chi cerca di avere un pensiero libero e di ritagliarsi il tempo interiore di pensare. Internet ci ha dato un’illusione di libertà che però ci ha reso innocui, ci ha chiuso in casa lasciandoci l’illusione di partecipare schiacciando bottoni. L’unico modo per creare pressione è essere presenti fisicamente: manifestazioni, concerti, trovarsi di persona. Internet è potenzialmente una cosa meravigliosa, ma è l’effetto che ha provocato ad essere mostruoso. I resistenti sono quelli che hanno libertà di pensiero ed il coraggio di prendere posizione».

CHI È

Manuel Agnelli è un cantautore, musicista, produttore discografico, autore, conosciuto come fondatore e frontman della più importante rock band italiana degli ultimi decenni: gli “Afterhours”, nati nel 1985, in omaggio ai “The Velvet Underground” di Lou Reed, autori dell’omonima canzone.

COSA HA FATTO

Nel 1989 fonda l’etichetta discografica Vox Pop.
Per il 69º Festival di Sanremo ha collaborato con Daniele Silvestri e Rancore al singolo “Argentovivo” che riceve il Premio della critica Mia Martini, quello della sala stampa Lucio Dalla e quello come miglior testo e la Targa Tenco come miglior singolo.

COSA FA

Nel 2021 fa il suo debutto ufficiale da solista ed esce il 45 giri su vinile in edizione limitata di “La Profondità Degli Abissi” composto dal brano omonimo che dà il titolo al disco e da “Pam Pum Pam”. Entrambi gli inediti sono stati realizzati per la colonna sonora del film Diabolik dei Manetti bros. Da settembre 2022 conduce il programma radiofonico “Leoni per Agnelli” su Radio24.

Articolo a cura di Riccardo Meynardi