Alto contrasto | Aumenta dimensione carattere | Leggi il testo dell'articolo
Home Senza categoria «Sensibilità e consapevolezza salveranno il nostro ambiente»

«Sensibilità e consapevolezza salveranno il nostro ambiente»

0
1

Ogni anno con Alessia Bertolotto, imprenditrice e direttore ge­ne­ra­le del Marcopolo Environ­men­tal Group, azienda cuneese che opera a livello na­zionale sulla trasformazione de­gli scarti in risorsa, analizziamo le prospettive per il nuovo anno e soprattutto lo stato di salute del nostro Pianeta.

Prima di conoscere gli sviluppi e le reali condizioni di salute del Pianeta, come sta?
«Male, grazie. Scherzo, naturalmente. In verità uso sempre questa battuta per sottolineare che è il nostro ambiente a non essere in salute, anche se c’è chi continua a negarlo, vedendolo come un’invenzione, un pretesto o scusa palesata da coloro che con il mondo del green lavorano. In realtà, sono i dati ed i fatti che parlano chiaro e che non mentono. Il riscaldamento globale, ad esempio, mette a rischio la vita di più di 4 milioni di persone ogni anno. Senza un taglio netto e immediato delle emissioni di gas serra l’aumento delle temperature provocherà un centinaio di milioni di morti entro la fine del secolo. Vorrei evidenziare che non ho pensieri catastrofici, semplicemente mi approccio con realismo a ciò che vedo: coste allagate dall’innalzamento delle acque, ondate di calore, siccità, incendi, valanghe, slavine, inondazioni, carestie, migrazioni, guerre… effetti evidenti a tutti. Sappiamo bene cosa ci attende nel prossimo secolo a causa dei cambiamenti climatici, ma non sempre è facile immaginare le conseguenze concrete di una catastrofe che spesso sembra ancora lontana».

I recenti incendi di Hollywood ma non sono gli unici, anche se, probabilmente i più eclatanti, vero?
«Certamente. I migliori scienziati al mondo sono concordi nel constatare che il risultato, valutato in prospettiva, fotografa nello scenario peggiore, che per la fine del secolo ogni anno moriranno circa 4,6 milioni di persone in più a causa delle emissioni di gas serra e per il conseguente aumento delle temperature globali. Non bisogna essere degli scienziati, la situazione ed i cambiamenti sono davanti ai nostri occhi, e Hollywood lo dimostra. Tutti dobbiamo cambiare alcuni co­stu­mi fondamentali, iniziando dal sostituire i combustibili fossili con i biocombustibili prodotti dalla frazione umida dei rifiuti urbani agroindustriali e zootecnici e da speciali colture agricole. Questa scelta, atta a invertire la tendenza del gas serra da fossili, riporterà il pianeta in bolla, attivando nuove attività vegetali energetiche in grado di rigenerare il pianeta, invertendo l’attuale tendenza e anche portando un nuovo Pil e dunque nuovi posti di lavoro».

Occorre quindi valutare questo impatto in termini di vite umane?
«Assolutamente sì. E con diversi vantaggi. Non ultimo, quello di mostrare chiaramente le conseguenze più immediate delle scelte che facciamo oggi. Questo approccio sottolinea quante vite saranno perse o salvate in base alle decisioni prese dagli individui, dalle aziende e dai Governi. Quantifica l’impatto che hanno queste decisioni sulla mortalità, focalizzando la questione su un livello più personale e più facile da comprendere. Quando comprendiamo consapevolmente che l’ambiente ci riguarda da vicino, che in fondo siamo noi stessi, forse sarà più facile coglierne realmente l’importanza. Quello che preoccupa però ancora di più sono le previsioni per il futuro: tra il 2021 e il 2050 si stima una perdita di mas­sa glaciale pari a 13mila miliardi di tonnellate, ossia scompariranno 5 piscine olim­pio­niche di ghiaccio ogni secondo, e questo accadrà senza sosta per i prossimi trent’anni».

Anche altri dati allarmano.
«Analizzando gli effetti dei trasporti e delle attività produttive si stima che per ogni milione di tonnellate in più di CO2 di origine fossile, equivalenti a 216mila automobili, 35 aerei civili, 0,24 centrali elettriche a carbone, moriranno prematuramente 226 persone. Tenendo conto di questo trend, anche le politiche ambientali necessarie per contenere gli effetti sociali del ri­scaldamento globale andrebbero “rimodellate”. Il modello più utilizzato attualmente, chiamato Dice (acronimo di Dynamic Integrated Climate-Economy), fissa il costo sociale del carbonio a 37 dollari per tonnellata. Ag­giun­gendo i decessi calcolati, la stima “schizza” di colpo a 259 dollari per tonnellata. Per bilanciare i costi sociali del riscaldamento sociale con quelli della decarbonizzazione, non sarà sufficiente diminuire progressivamente le emissioni a partire dal 2050, come previsto, ma bisognerà piuttosto ridurre im­mediatamente le emissioni e smettere definitivamente di utilizzare combustibili fossili entro il 2050. In questo modo, oltre a trovarci con un pianeta meno inquinato e con danni economici e sociali ridotti al minimo, si salverebbero anche circa 74 milioni di vite umane, con solo circa 9 milioni di morti extra entro la fine del secolo causati dal riscaldamento globale, contro gli 83 milioni circa previsti in assenza di interventi radicali nei prossimi anni».

Quali appaiono i Paesi più a rischio alla luce del quadro che ci ha prospettato?
«Le ondate di calore alle quali ci stiamo abituando soprattutto nel periodo estivo sono state oggetto di analisi in numerosi studi e ricerche. Da questi sono emersi dati piuttosto preoccupanti so­prat­tutto in alcune zone della terra come, per esempio, il Golfo Persico. Tra le zone dove inizia a essere davvero impossibile vivere ci sono l’India, il Pakistan, alcune zone dell’Africa, l’Au­stralia, gli Stati Uniti e il Messico dove è da tempo stata superata la preoccupante soglia dei 35°C notturni. Ma anche altre zone rischiano di scomparire per via del riscaldamento globale. Tra queste ci sono il Mar Morto, la Barriera Corallina del Belize e la Grande Barriera Corallina australiana. Oltre al caldo c’è poi l’inquinamento oceanico. I dati sul riscaldamento globale sono sempre più allarmanti: basti pensare che la calotta glaciale si sta sciogliendo con una velocità molto maggiore del previsto. In termini numerici, dal 2000 al 2019 si sono sciolte 267 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, e in questi vent’anni la velocità di scioglimento è praticamente raddoppiata. Tutto questo ha effetti devastanti su parecchi aspetti: anzitutto danneggia numerosi ecosistemi viventi, sia marini sia terrestri, poi determina il ben noto aumento dei livelli dei mari e degli oceani, che potrebbe causare la scomparsa di diverse città in tutto il mondo. Da italiani citiamo spesso Ve­nezia, che come sappiamo sor­ge proprio a livello del mare e basterebbe un innalzamento di un metro per provocare danni irreparabili. Da non sottovalutare il crescere di migrazioni da queste aree, obbligate allo spostamento per l’inasprirsi della siccità e calore. Tutto questo capitale umano che viveva in quelle terre difficili da sempre, teneva vive quelle aree».

Dalla sua esperienza ritiene che tutto ciò abbia condotto ad un punto di non ritorno, oppure pensa ci sia ancora speranza?
«Ovviamente vi è ancora speranza, ma dobbiamo partire oggi, subito, perché domani è tar­di. Come documentano i dati, non erano mai state registrate temperature così miti in molte aree, e di conseguenza nessuno era pronto a dovere affrontare così in fretta una situazione inaspettata e dalle tante difficoltà. In tante aree del pianeta, inoltre ulteriori rialzi di temperatura potrebbero avere effetti devastanti sulla flora, sulla fauna e anche sulle persone. Per questo occorre predisporre misure decise e rapide per contrastare l’inquinamento e il riscaldamento globale, andando ad operare da subito sull’uso globale dei biocombustibili, bloccare la deforestazione e aiutare sul posto le popolazioni più a rischio siccità. L’auspicio è che la maggior sensibilizzazione sui temi “green”, diventi centrale oltre che motore della consapevolezza che non abbiamo più tempo e che il settore “green”, può dare origine a molti posti di lavoro realizzando così una filiera occupazionale positiva. E non solo: in grado di innestare un circolo virtuoso am­bientale a vantaggio dell’uomo, dell’ambiente e del lavoro».

E voi, Alessia in questo siete degli antesignani.
«Assolutamente sì. La nostra esperienza ci permette di affrontare queste tematiche con lucidità. Lo facciamo da molti decenni ma solo oggi percepiamo che qualcosa sta cambiando nella mentalità delle persone e che quindi si sta creando quella consapevolezza vera, autentica, necessaria. Dobbiamo variare paradigma mentale, capire che esistono soluzioni tecnologicamente avanzate per trattare gli scarti ed i rifiuti e queste devono avere dai legiferatori un canale preferenziale. È fondamentale agire con rapidità perché la catastrofe può ancora essere evitata, ma dobbiamo essere veloci e pragmatici. Gestione dei rifiuti, dell’energia verde, del biometano, dei prodotti e tecnologie ecosostenibili con foreste e migrazione è l’unico trend che possiamo seguire per vivere a braccetto con il nostro ambiente green».

 

BaNNER
Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial