Il dibattito è aperto e acceso: “dealcolizzato sì, dealcolizzato no?”. Un fronte che si apre in un settore che sta vivendo profondi cambiamenti: quello delle bevande alcoliche. I dati Istat dicono che i consumatori di vino in Italia sono 29,4 milioni (1 italiano su 2), ma la metà beve saltuariamente: il 3,6% si concede più di mezzo litro al giorno, il 25,3% uno-due bicchieri quotidiani. Dati che mostrano come il vino sia più “radicato” nella vita delle persone di una bevanda popolare come la birra che conta su una “platea” di 27,2 milioni di consumatori di cui 2,6 milioni (9,5%) sceglie almeno una “bionda” ogni giorno. Se a questi dati aggiungiamo le importanti innovazioni tecniche e le mutate e mutevoli preferenze dei consumatori. C’è una fascia di popolazione, quella dei Millennials, che sta plasmando il mercato verso un consumo più moderato e consapevole. In questo contesto, i vini dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati rappresentano una categoria emergente con grandi potenzialità, in grado di coniugare le nuove tecnologie produttive e un crescente interesse per le bevande no-low alcool.
L’evoluzione di queste bevande rappresenta sia una sfida tecnica per i produttori, sia un’opportunità di espansione su mercati fino ad ora inesplorati. Tra le motivazioni che spingono la Generazione Y, costituita dai nati tra l’inizio degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, a sperimentare nuovi prodotti vi è l’attenzione particolare a salute e benessere: un fronte di “consumo responsabile” che negli Stati Uniti, mercato leader a livello mondiale, ha portato a una crescita esponenziale delle bevande senza alcol che ha registrato un incremento del 20% nel 2023 e previsioni Cagr (tasso di crescita annuale composto) del 17% fino al 2028. Un’espansione che va sostenuta dalla produzione e dal legislatore che, come spesso accade, viene chiamato a regolamentare delle tendenze già evidenti nella società.
Normativa: a che punto siamo?
Il Regolamento (Ue) 2021/2117 del Parlamento europeo e del Consiglio del 2 dicembre 2021 ha modificato i Regolamenti (Ue) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (Ue) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (Ue) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati e (Ue) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione. Tali prodotti vitivinicoli innovativi non sono mai stati commercializzati nell’Unione come vino. Per questo motivo sarebbero necessarie ulteriori ricerche e sperimentazioni per migliorare la qualità di tali prodotti e, in particolare, per garantire che l’eliminazione totale del titolo alcolometrico consenta la preservazione delle caratteristiche distintive dei vini di qualità, che sono protetti da un’indicazione geografica o da una denominazione d’origine. Con il Regolamento 2021/2117 viene modificato l’articolo 119 del reg. (Ue) 1308/2013: le categorie di prodotti vitivinicoli di cui all’allegato VII, parte II, punto 1 e punti da 4 a 9, del citato Regolamento 1308 (vino, vino frizzante, vino spumante, vino spumante di qualità del tipo aromatico, vino spumante di qualità, vini frizzanti e vini spumanti gassificati) quando sono sottoposte a un trattamento di dealcolizzazione devono essere accompagnate dal termine “dealcolizzato” se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5% vol., o dal termine “parzialmente dealcolizzato” se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto è superiore a 0,5 % vol. ed è inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione». Per quanto previsto dalla stessa modifica i prodotti dealcolati devono riportare in etichetta, il termine minimo di conservazione a norma del regolamento (UE) n. 1169/2011».
La normativa nazionale del 12 dicembre 2016, la legge n. 238 (cd Testo Unico del vino) che disciplina la produzione e la commercializzazione del vino, stabilisce che alcune sostanze non possono essere detenute in cantina, in particolare quelle atte a sofisticare il vino. Durante il processo di dealcolizzazione si ottiene, come prodotto secondario, una soluzione idroalcolica che non potrebbe, per la normativa nazionale citata, essere detenuta in cantina, la matrice alcolica come pure l’acqua, eventualmente aggiunta ad un vino, sarebbe considerato «sofisticazione» avendo le stesse caratteristiche intrinseche di vino proprio perché ottenuto dalla fermentazione dell’uva. Solo con il decreto del 20/12/2024 recentemente emanato dal Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, sono state stabilite le modalità con cui un operatore può effettuare questa pratica enologica. Il medesimo decreto stabilisce, però, che tale pratica non possa essere eseguita in una cantina, bensì «in locali che non siano intercomunicanti anche attraverso cortili con stabilimenti o cantine adibiti alla produzione o alla detenzione dei prodotti vitivinicoli, nonché dei prodotti vitivinicoli aromatizzati delle distillerie e degli acetifci».
Attualmente, i prodotti vitivinicoli a denominazione di origine ed indicazione geografica protette (Docg, Doc e Igt) non possono subire questa pratica enologica di delcolizzazione totale o parziale, tale enunciato è stato previsto sempre dal recente decreto ministeriale.
Con questo ultimo decreto l’Italia è in grado di poter essere alla pari con altre nazioni europee che già da diversi anni eseguivano tale pratica.
Da “vade retro” a opportunità?
In Italia, intanto, chi produce macchinari per la dealcolizzazione sta assistendo a un’impennata delle richieste, come Vasongroup, azienda veneta specializzata: «Dopo il via libera del governo ai dealcolati, stiamo registrando un boom di richieste da parte delle imprese del vino. Interesse e curiosità arrivano da tutta Italia, soprattutto da medie aziende e grandi gruppi».
Dopo la legge avete registrato un incremento di richieste di informazioni sui vostri macchinari? Da parte di quali aziende (tipologia, dimensione, localizzazione, ecc.)?
«Già da tempo Vasongroup sta affiancando diverse imprese italiane che si sono preparate in vista dell’entrata in vigore della nuova normativa. Fino ad oggi si sono rivolti a noi per lo più grandi gruppi, ma ora che la legge è stata finalmente approvata stiamo registrando un aumento delle richieste anche da realtà medio-piccole, sempre più interessate a questa nuova opportunità di business. Il mercato è invece molto più maturo all’estero, dove il processo di dealcolazione era già permesso e regolamentato. Abbiamo fornito impianti soprattutto in Sud America e Australia, in Europa abbiamo lavorato molto con la Spagna».
Quale tecnologia di dealcolazione oggi va per la maggiore?
«La scelta della tecnologia dipende da molteplici fattori, in particolare dalla dimensione della cantina e dagli obiettivi che si intendono raggiungere. Riteniamo che la tecnologia “a membrana” (un approccio delicato sul vino, condotto a pressione e temperatura ambiente, tramite membrane contattore) potrebbe rivelarsi certamente la più adatta per molte realtà. Rispetto i sistemi “evaporativi”, tale tecnologia permette infatti un’importante ottimizzazione dei costi ed una flessibilità maggiore. In questa fase esplorativa, con qualche incertezza sul peso che avranno in futuro i vini dealcolati in termini di quote di mercato, la dealcolazione a membrana potrebbe risultare strategica sia per aziende medio piccole, che per i grandi gruppi».
Ci sono ancora limiti tecnologici e quali per una produzione dei dealcolizzati di qualità?
«A livello impiantistico non ci sono particolari limiti tecnologici. Resta fermo che, per la produzione di vini dealcolizzati di qualità, la base vinicola deve innanzitutto essere prodotta a partire da uve sane e in eccellente stato sanitario. Fondamentale sarà un approccio enologico sul vino che mantenga intatte le caratteristiche che lo rendono unico, riducendo al minimo l’impatto organolettico e preservando le caratteristiche intrinseche di partenza. In tal senso è sempre più cruciale il know-how enologico aziendale».
Prevedete di superarli e quando?
«Nel corso degli anni, Vasongroup ha sviluppato un approccio integrato alla dealcolazione che viene definito come “Mild Technologies”, un insieme di soluzioni pensate per minimizzare l’impatto del processo sulla qualità del vino. Questo approccio si basa su una combinazione di tecniche enologiche avanzate e l’uso di biotecnologie specifiche, in grado di ottimizzare il processo e garantire risultati di alta qualità».
Quali ostacoli ci sono ancora per il via effettivo alla produzione?
«Il decreto dovrà essere interpretato su alcuni aspetti certamente da chiarire. Come azienda stiamo infatti collaborando con consulenti legali specializzati, anche al fine di supportare i nostri clienti nel loro percorso verso il rispetto della normativa».
Quanto costa un impianto di dealcolizzazione (sia la vostra macchina che i lavori per installarla)?
«In generale, per le tecnologie a membrana, possiamo affermare che i costi possono partire dai 20/30mila euro. Ma l’investimento dipende dal dimensionamento dell’impianto in base alle esigenze del cliente. Juclas, azienda impiantistica di Vasongroup, è in grado infatti di sviluppare tecnologie, anche tailor made, con capacità molto più elevate rispetto il modello base».
E il gusto?
La mancanza d’alcol toglie al vino struttura e longevità, e la dealcolizzazione riduce gli aromi. Ma la tecnologia può almeno in parte supplire. Dealcolizzati e zero alcol (intese come bevande a base d’uva in cui la fermentazione alcolica del mosto viene bloccata sul nascere) sono già in vendita nella grande distribuzione. Si finisce con la considerazione che, forse, dovrebbe aprire questo tipo di dibattito: “Chi di voi l’ha già assaggiato?” Provare, prima di decidere se credere.
GRANDI LANGHE 2025 E BAROLO BARBARESCO WORLD OPENING 2025: PROMOZIONE CONTINUA
Chiusa la nona edizione di “Grandi Langhe 2025”, con un numero di presenze in continua crescita, il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani con il Consorzio di Tutela Roero si prepara ad affrontare la programmazione negli Stati Uniti con Bbwo2025. Gli eventi di promozione sono una conferma dell’andamento positivo dell’annata 2024 che segna un +6% di imbottigliato per il Barolo e stabilità per le altre denominazioni, tra cui il Barbaresco. “Grandi Langhe 2025”, organizzato dal Consorzio con PiemonteLand of Wine ha accolto oltre di 5.000 presenze di cui circa un 20% dall’estero. Soddisfatte quindi le 500 cantine presenti di cui 380 da Langhe e Roero e 120 dal resto del Piemonte che hanno presentato più di 3.000 referenze di tutte le Doc e Docg piemontesi. Successo anche per l’area stampa, novità di quest’anno, che ha accolto più di 150 giornalisti, italiani e stranieri, che hanno potuto assaggiare più di 700 referenze delle ultime annate di Doc e Docg della regione con il servizio di AIS Piemonte. La promozione continua negli Usa con la quarta edizione di Bbwo, un roadshow di Academies che andranno a toccare le città principali di Texas, Arizona e Colorado per incontrare oltre 200 operatori del settore e presentare le denominazioni Barolo e Barbaresco. Già tutte sold out, l’educazione e la formazione del trade si confermano essere un asset fondamentale su cui investire.
Articolo a cura di Paolo Cornero