Fenomeno Sanremo: nozze di platino con l’Italia

Dall’11 al 15 febbraio in programma la 75esima edizione del Festival

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Per moltissime persone è più forte di loro. Parli del Festival e ti rispondono in modo pressoché automatico: “Perché San­remo è Sanremo”, un tormentone che ormai fa parte del Dna nazionale.
Potenza degli slogan semplici ed efficaci. Né più né meno che “Rai. Di tutto, di più”, “Che mondo sarebbe senza Nutella?” o, ancora, “Provare per credere” della buonanima di Guido Angeli, principe delle televendite degli anni Ottanta, con le sue amate cucine delle Prealpi Biellesi. Puoi tentare di morderti la lingua, ma alla fine, non te ne rendi conto.
Lo dici, lo ripeti, lo ripetono così all’infinito in una sorta di mantra che convive ormai con più generazioni dei nostri compatrioti. E tantissimi il Festival lo guardano. L’anno scorso 74 su cento per la serata finale.
Magari non te lo rivelano, come quelli che negli anni Sessanta dicevano che non votavano Dc e lo scudo crociato registrava maggioranze assolute fin nel più piccolo borgo.
Alcuni Sanremo lo snobbano, pigiano i tasti del telecomando cercando altri canali, si organizzano con gruppi di “obiettori sanremesi” per lunghe partite di scala 40 al fine di sfuggire al richiamo delle sirene dell’A­riston, manco fossero quelli di Ulisse sulla nave Argo ammaliati dai canti dolcissimi delle mitologiche creature.
Ma coloro che si piazzano sul divano, spesso in compagnia di parenti ed amici, in una sorta di serate-festino, con generi alimentari più sfiziosi e disparati, sono una vera moltitudine. L’anno scorso alle 2 del mattino più di 14 milioni alla consegna dei premi.
Insomma, il Festival di Sanremo, che dall’11 al 15 febbraio celebra le nozze di platino con l’Italia, fin dal dopoguerra e dal boom, 75 anni, 75 edizioni, è un fatto d’importanza sociale.
Umberto Eco e Pier Paolo Pasolini ne hanno ampiamente parlato e scritto, così anche molti opinionisti da salotto, spesso lanciati in iperboliche definizioni della rassegna come specchio o spaccato del Bel Paese.
Gli italiani, anche quelli a cui il Festival non interessa un fico secco, ne parlano comunque. E per cinque giorni tutti quanti lo consumano, se ne nutrono, vivono in una bolla che, grazie anche alle fantasmagoriche scenografie sul palco del Teatro Ariston, diventa il contenitore delle più disparate emozioni.
Ma non sono solo i giorni dello spettacolo a tenere banco. Il Festival è una macchina ben oliata che gira tutto l’anno. Il vero conto alla rovescia inizia alla calata del sipario dell’edizione precedente, a maggior ragione dopo il ciclo di Amadeus. Non è una novità, succedeva anche quarant’anni fa quando il gossip si chiedeva se ci sarebbe stato Pippo (Baudo, ovviamente) o Mike (Bon­giorno, sennò chi…). Erano i tempi in cui i due mostri sacri della tivù facevano a gara su quante tacche di Sanremo potevano segnare nel proprio palmares.
Ma il ciclo di Ama (con Fiorello a tirare molto spesso l’audience) è terminato e la palla è finita tra i piedi di Carlo Conti, dopo un ridda di voci che vedevano Alessia Marcuzzi con Stefano di Martino, la Marcuzzi da sola, poi Alessandro Cattelan, poi ancora l’accoppiata Carlo Conti-Paolo Bonolis (quest’ultimo sembrava a giugno in procinto di lasciare Mediaset, tutto sfumato col rinnovo di questi giorni per altri tre anni), Antonella Clerici. Ma si bisbigliava anche di Laura Pausini e, in più, di un uomo con carisma da tv inossidabile come Gerry Scotti.
Tirando le somme dal cilindro è spuntato il nome del presentatore toscano. Con lui la conferma di alcuni rumors: Alessandro Catellan (che condurrà anche il Dopofestival) e Alessia Marcuzzi, con Conti sul palco per la serata finale. Nei giorni precedenti, Nino Frassica, Cristiano Magioglio, Bianca Balti mercoledì 12; Miriam Leone, Elettra Lamborghini e Katia Follesa giovedì 13; Mahmood e Geppi Cucciari per la serata delle cover venerdì 14.
Carlo Conti sul lavoro è un caterpillar, preciso e attento ad ogni minimo particolare nel costruire i suoi show. Può contare su ottime amicizie con i produttori musicali e su un eccellente rapporto, non guasta mai, all’interno delle strutture della Rai, un posto dove avere gli agganci giusti è sempre garanzia di successo e di raggiungimento degli obiettivi.
Conti ha carta bianca fin dall’inizio. La prova? Una modifica, da lui voluta, del regolamento del Festival gli ha permesso di aumentare il numero dei Big in gara passati da 24 a 30.
Ovviamente anche mano libera sulla scelta dei partecipanti: Achille Lauro, Bresh, Brunori Sas, Clara, Co­ma_Cose, Elodie, Emis Killa, Fedez, Francesca Michielin, Francesco Gab­bani, Gaia, Giorgia, Irama, Joan Thiele, Lucio Corsi, Marcella Bella, Massimo Ranieri, Modà, Noemi, Olly, Rkomi, Rocco Hunt, Rose Villain, Sarah Toscano, Serena Brancale, Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento, Simone Cristicchi, The Kolors, Tony Effe, Willie Peyote.
In aggiunta i quattro di Sanremo Giovani: Alex Wyse, Maria Tomba, Settembre, Vale Lp e Lil Jolie.
Per i biglietti 200 euro in platea, 110 in galleria, E per la serata finale rispettivamente 730 euro e 360. Ma non vi scapicollate, sono già stati tutti prenotati e se gli aspiranti si mettessero in coda non basterebbe corso Matteotti, la via dell’Ariston, per contenerli tutti. Fuori, davanti al teatro e lungo il red carpet, non si paga, ma ricordatevi che ci sono famiglie intere che bivaccano durante la notte per guadagnarsi un selfie o un cinque da dietro le transenne.
Chi vince? I bookmakers danno Giorgia favorita, con quote tra il 4 e il 5, a ruota Elodie e Achille Lauro.
E se qualcuno si chiede che fine hanno fatto i Jalisse, vincitori nel 1997 con Fiumi di Parole, non preoccupatevi. Il duo non manca mai, sono i veri convitati di pietra: da 28 anni si iscrivono a Sanremo, da 28 anni incassano un no.

Luis Cabasés