Sono tante le frasi che si potrebbero scegliere per ricordare un visionario del calibro di Oliviero Toscani. Quella dell’economista Theodor Levitt pare decisamente appropriata: “Il futuro appartiene a quelli che vedono le possibilità prima che diventino ovvie”. Il talento non si può mettere in discussione quando, appena quattordicenne, accompagnato a Predappio dal padre Fedele, anch’egli fotografo, per la tumulazione di Benito Mussolini, Oliviero si sofferma su un dettaglio, un particolare che diventerà storia della fotografia: il volto sofferente di Rachele Mussolini vale la prima pubblicazione sul “Corriere della Sera”. Altra pietra miliare nella sua lunga carriera il servizio realizzato nel 1963 a don Lorenzo Milani: una raffica di scatti effettuati a Barbiana, nell’Alto Mugello, che lo ritraevano nella “vera realtà”. Toscani aveva appena 21 anni. Anticonformista, precursore, antesignano nel mondo della pubblicità e, più in generale, della comunicazione visiva. L’amiloidosi, malattia incurabile da lui stesso annunciata e documentata, ha posto fine alla sua vita: le sue opere sono però destinate all’eternità. Figura iconica, ha lasciato un segno indelebile nel mondo della pubblicità. Negli Anni ‘80 la collaborazione con il marchio Benetton: lo slogan “Tutti i colori del mondo”, all’insegna dell’integrazione, vincendo numerosi premi e suscitando polemiche. Oliviero Toscani, per spiegare la scelta di realizzare immagini ai ragazzi con disabilità presso l’Istituto St. Valentin, citava un famoso motto dadaista: “Gli stupidi vedono il bello solo nelle cose belle”, per sottolineare come in quel momento il bello coincidesse quasi esclusivamente con il modello estetico proposto da pubblicità e televisione. “Ecco perché – aggiungeva – occorre ricercare qualcosa di più profondo della bellezza superficiale. Ho scelto questi bambini, perché sono belli nel senso più autentico della parola”.
Predicava anche male, ma razzolava tanto bene
Con lui condividevo la comune nascita negli anni di guerra. Figlio d’arte, di quel Fedele Toscani fotografo milanese di cronaca che ebbe in sorte di realizzare anche le immagini storiche della macelleria messicana di Piazzale Loreto, come la definì Ferruccio Parri. Conta nascere nella giusta culla e Oliviero restò tutta la vita, qualunque fosse il genere di fotografia del momento, un fotografo d’azione. Fece studi di qualità in Svizzera e verso i 30 anni era già famoso. Il mio primo incontro con lui fu davanti alle foto per un calendario della Fiat Ricambi; sapete quei calendari da officina con le donnine. Soltanto che la ragazza di quel calendario era una Monica Bellucci 18enne proprio all’esordio e Toscani forse il primo che la fotografava. Foto gioiose, nulla di volgare, niente di erotico: la bellezza, la freschezza di una ragazza destinata anche lei a far molta strada. A proposito credo di poter dire che non fece mai nulla Toscani dove il sesso fosse proposto in modo pesante, non era la sua cifra. Gli portò attenzione e fama quella pubblicità per Jesus Jeans con il sederone strizzato nei jeans e la scritta “Chi mi ama mi segua”. Fu lui l’autore dello scatto ma ho le prove che lo fece controvoglia dalla testimonianza che ho raccolto dalla viva voce di Emanuele Pirella, un altro grande che mi narrò quella vicenda che in ogni caso grazie a quel claim diede la fama a entrambi – e un po’ di rogne, poi felicemente risoltesi, a Pirella accusato di oltraggio alla religione (vedi il mio “Gli anni ruggenti della pubblicità”, Instar libri). Toscani fu “l’inventore” del fondo bianco, sembra niente ma fu una rivoluzione e anche questa rimase una sua cifra costante. E quel fondo bianco faceva stagliare le figure, sprizzava vitalità. Era gioioso Oliviero, scherzoso, un po’ ragazzaccio e un po’ guascone; credo che non abbia mai avuto soggezione di niente e di nessuno, fosse pure un importantissimo committente. Una volta gli chiedemmo di farci una serie di foto di moda maschile per il Gruppo Gft creandogli anche notevoli vincoli di formato. Erano spazi stretti, verticali, insoliti per le riviste di moda. A Toscani la scommessa piacque e seppe far sgusciare fuori dall’esiguità di quegli spazi i modelli e perfino a farli apparire intelligenti. Era un diavolo nel provocare, nello stimolare, nel far ridere a fin di scatto. Fu un pendolare tutta la vita, amava la campagna e i suoi cavalli e ogni giorno se ne partiva dalla Toscana e arrivava a Milano prima di noi. Una forza della natura. Poi Toscani ebbe come una seconda vita con il lungo ciclo della pubblicità Benetton e lì guadagnò fama mondiale e si impancò a teorico, giudicando talvolta un po’ troppo duramente alcuni suoi colleghi della pubblicità e decretando su un po’ troppi temi. Mi piacque meno quell’Oliviero provocatore, quell’Oliviero “pensatore”. Tuttavia per me rimase sempre uno che forse talvolta predicava anche male ma razzolava sempre tanto bene. Un grandissimo.
Articolo a cura di Paolo cornero