«L’affidabilità é il tratto distintivo ai tempi dell’Ia»

0
3

“Né di Vene­re né di Mar­te, non si spo­sa non si parte, né si dà principio all’arte.” Un proverbio è la risposta a coloro che potrebbero domandarsi perché il mandato di Michele Brambilla alla guida de “Il Secolo XIX” sia iniziato domenica 29 settembre 2024 e in una più canonica giornata come martedì 1° ottobre. Il collegamento è semplice: il nuovo editore del quotidiano genovese, il capitano Gianluigi Aponte, non solo è “uomo di mare” ma anche napoletano. Guai sfidare la “cabala”. D’altronde, nemmeno i Borbone osarono tanto, per questo al teatro San Carlo, solo per il piano del palco reale, non esiste il palco numero 17, ma tra il palco 16 e 18 ve n’è uno denominato 16 Bis.

Proprio per questa ragione, quando Michele Brambilla ha incontrato a Ginevra il capitano Aponte, si è deciso di puntare su una data neutra. Il fondatore e presidente del gruppo Msc (Mediterranean Shipping Company), originario di Sorrento, ha iniziato la sua carriera nel Mediterraneo come capitano di traghetti passeggeri per conto dell’azienda di famiglia, dopo essersi diplomato all’Italian Maritime Academy. Nel 1970, dopo una pausa dal mondo del trasporto marittimo durante la quale ha lavorato come banchiere per parecchi di anni, è tornato al settore marittimo per sviluppare la sua visione: “dove va il cliente, va Msc”. Ha trasformato l’azienda da una attività con una sola nave a una delle più grandi compagnie di spedizioni per il trasporto di container al mondo, controllando oggi circa un quinto del traffico mondiale di merci in alto mare. Nel marzo 2024 la conferma della trattativa tra Gedi e Blue Media che ha portato al debutto nel mondo dell’editoria. La scelta di affidare la direzione de “Il Secolo XIX” a Michele Brambilla va nella direzione di riaffermare la testata come punto di riferimento nel capoluogo ligure e in tutta la regione, con uno sguardo al commercio marittimo ma, soprattutto, evidenziando l’importanza del giornalismo “di provincia”. «Quando esordii alla guida del quotidiano “La Pro­vin­cia”, a Varese, dopo l’esperienza al Corriere della Sera, capii che la “signora Maria” è più interessata dalla conoscenza diretta degli attori protagonisti della notizia rispetto alla conoscenza completa dello scenario internazionale. Ogni giornale ha un preciso target di lettori: in questo senso “Il Secolo XIX” deve puntare all’approfondimento e alla verifica di notizie liguri». Esordisce così, Brambilla, all’incontro pubblico in Villa Tornaforte, ospite dell’editore Nino Aragno. Una conoscenza trasformata nel tempo in amicizia e rispetto.

Sono trascorsi tre mesi dall’inizio della sua investitura a direttore del “Secolo XIX”: come può inquadrare il suo rapporto con i lettori e con l’editore?
«Sono stato a Ginevra all’inizio di agosto e l’intesa è stata immediata. Quel giorno il comandante Aponte mi ha detto: “Faccia un giornale apolitico, non voglio condizionamenti di nessun tipo”. E io gli ho detto va bene d’accordissimo, se ci sono delle cose delicate magari ci sentiamo: “Lei è direttore, comanda lei. È come essere al timone di una nave: io non ho mai avuto mezze indicazioni”. Svilupperemo l’economia marittima non per interesse dell’editore, ma perché si ritiene che i giovani parlino poco del tema, così rilevante non solo per una città portuale come Genova ma anche per tutto il Paese, completamente circondato dal mare, considerando quanto pesa il marittimo nel Pil nazionale. Un editore così, sinceramente, penso sia il meglio che possa capitare a un direttore».

Un segnale concreto?
«Abbiamo assunto due persone e stiamo per procedere con una terza, sono stati acquisiti gli spazi dell’archivio storico e nel magazzino svilupperemo il settore digitale. I lettori lo hanno capito: Genova è una città bellissima, credevo fosse meno accogliente. In realtà è molto legata alla sua testata. Quindi mi ritengo fortunatissimo».

Quali sono le iniziative verso il pubblico più giovane, spesso disabituato alla cultura giornalistica in favore dei social media?
«Bisogna agire su tutti i fronti perché la carta è destinata a calare sempre. I motivi sono numerosi, legati al fatto che si tratta di un prodotto costoso: la carta, le rotative, la spedizione, la percentuale al distributore e all’edicolante… e le edicole stanno chiudendo. Inoltre, l’età dei lettori di carta è sempre più elevata: bisogna tenerne conto. Sul digitale tutti questi costi non ci sono, ma la carta garantisce ancora la maggior parte dei ricavi dell’editoria. I giornali hanno vissuto il digitale con una transizione molto più lunga rispetto alle altre economie: un passaggio graduale. Sul digitale sicuramente abbiamo molti lettori più giovani, con tutti i problemi che ne derivano».

Problemi di che natura?
«Devono sapere che stanno leggendo “Il Secolo XIX” perché magari lo fanno senza saperlo, senza l’attaccamento alla testata. Penso che il giornale debba comunicare in tanti modi: con la carta, con il sito, con i social, ma anche fisicamente con eventi in città, incontri e dibattiti. Per questo stiamo investendo in uno spazio, in piazza San Pietro, per sviluppare presentazioni di libri e incontri. Ai ragazzi bisogna far conoscere che cos’è la testata storica, il suo valore».

La verifica continua ad essere prerogativa del cronista locale.
«Il ruolo di chi va a verificare sul posto non sarà sostituibile da nessun social e da nessuna macchina. Quando dicono che l’intelligenza artificiale scriverà meglio dei giornali rispondo “può darsi”. Ma che cosa scriverà? Che notizie elaborerà se non quelle che un essere umano ha messo nella macchina?»

Occorre quindi lavorare sulla credibilità?
«L’attendibilità. I giovani non si fidano più delle notizie reperite solo sui social, vanno su siti autorevoli. C’è un ritorno alle testate storiche per fronteggiare le fake news. I lettori hanno imparato a indicizzare i siti, a fare affidamento su quelli più “soft”. Penso che l’intelligenza artificiale rappresenti la più grossa rapina di diritti d’autore e non solo nell’ambito dell’editoria».

Ci sarà sempre bisogno dell’uomo, o meglio, del giornalista?
«La testata “Il Secolo XIX”, così come quelle di tutti gli altri giornali, deve presidiare diversi canali per garantire la continuità alle nuove generazioni. È una storia che non può essere interrotta. Porto nel cuore l’insegnamento di Enzo Biagi che prima di approdare a “La Provincia” mi disse: “Non fare il Corriere della Sera, tanto meno il New York Times. Devi parlare della signora Maria che è caduta dalla bicicletta”. Continueremo a fare “giornalismo di contea”, come dice l’amico Nino Aragno».

CHI È

Michele Brambilla, giornalista e scrittore, è direttore de “Il Secolo XIX” da 29 settembre 2024. In precedenza ha guidato quattro giornali: “La Provincia” di Como, la “Gazzetta di Parma”, il “Resto del Carlino” e il “Quotidiano Nazionale”. Ha scritto su “La Repubblica”, “HuffPost” e “Oggi”

COSA HA FATTO

Tra i suoi libri: “L’Eskimo in redazione” (Ares 1991), Bompiani 1993, Mondadori 1998), “Sempre meglio che lavorare” (Piemme 2008), “Coraggio, il meglio è passato” (Mondadori 2009). Con Aldo, Giovanni e Giacomo ha pubblicato “Tre uomini e una vita” (Mondadori 2016)

COSA FA

Con Nino Aragno Editore ha pubblicato “I peggiori anni della nostra vita” e “In provincia”. Nel recente incontro di Cuneo, a Villa Tornaforte, ha condotto una lectio sul giornalismo di ieri e di oggi, partendo dalla prima passione per il mestiere trasmessa da Alessandro Goldoni, amico d’infanzia. Furono i racconti del lavoro del padre Luca, giornalista, a incuriosire e indirizzare la sua formazione

 

Articolo a cura di Paolo Cornero