C’è una Napoli fatta di macerie, di strade sporche e di risate fragili. Una città che, alla fine degli anni ’40, si lecca ancora le ferite della guerra, ma che non si arrende. È qui che si incontrano Carmine (Antonio Guerra) e Celestina (Dea Lanzaro), due piccoli sopravvissuti, anime affamate di futuro. Il loro sogno prende la forma di un piroscafo, un gigante del mare che li condurrà lontano, in un altrove chiamato New York. Con il film «Napoli-New York», Gabriele Salvatores ci trascina in un’avventura epica e commovente, ispirata a un soggetto inedito di Federico Fellini e Tullio Pinelli, recuperato come un tesoro nascosto dal tempo. Nel cast ci sono, tra gli altri, anche Pierfrancesco Favino e Anto-nio Catania.
Gabriele Salvatores, regista premio Oscar per “Mediterraneo”, è da sempre un esploratore dell’animo umano, del viaggio e del cambiamento. Quel film, che raccontava l’isolamento e la fuga da una realtà opprimente attraverso la lente della solidarietà, trova un’eco in “Napoli-New York”. Entrambi i lavori parlano di vite sospese tra il desiderio di scappare e la voglia di appartenere, di mondi che si incontrano e si scontrano. Una sfida che ha riguardato anche Salvatores che si confronta con un soggetto dimenticato di due giganti del cinema italiano. «Già solo il fatto di essere venuto in possesso di una storia scritta da Fellini e Pinelli è stato meraviglioso -racconta -. È una favola moderna, o forse una favola antica legata alla realtà, che parla di emigrazione, cambiamento, speranza. È commovente e avventurosa, capace di catturare con colpi di scena e svolte narrative impeccabili. Insomma, un film classico con un’anima profondamente contemporanea».
La Napoli del film è descritta con un realismo che non perde mai il suo ottimismo. «Anche nei momenti drammatici, c’è sempre quella volontà di potersela cavare. New York, invece, è un’altra cosa: è immaginifica, sognata, reinventata. Fellini stesso non c’era mai stato, e la descrive con gli occhi di chi la percepisce come un luogo mitico e lontano». Salvatores ha deciso di ricreare la città americana in Italia, mescolando scenografie ed effetti visivi, per darle una dimensione magica. «Non volevamo un realismo sterile. New York doveva essere più della realtà. Volevamo che lo spettatore vedesse quella città come la immaginano i due protagonisti, Carmine e Celestina: enorme, scintillante, quasi magica».
La storia di Carmine e Celestina non è solo un viaggio fisico, ma anche un percorso di crescita e scoperta. La macchina da presa segue i loro occhi, restituendo allo spettatore una prospettiva intima e commovente. «Lavorare con i bambini è sempre un’esperienza straordinaria. Non recitano, vivono. Per loro è un gioco serissimo, e questo porta una verità incredibile sullo schermo. Carmine e Celestina sono veri eroi: intraprendenti, pieni di quella “cazzimma” napoletana che ti fa innamorare di loro», racconta il regista.
Il viaggio dei due piccoli protagonisti diventa così un atto di resistenza, una sfida al destino. Non c’è spazio per la disperazione, ma solo per il coraggio e l’intraprendenza. Sono bambini che, nonostante tutto, riescono a conservare la dignità e il sogno di un futuro migliore. «Mi emoziona raccontare storie come questa, che parlano di solidarietà e sogni. In un mondo pervaso da egoismo e diffidenza, un film come “Napoli-New York” ci ricorda quanto sia importante fare rete, accogliere, sperare».
A fare da cornice alla narrazione, la musica e gli effetti visivi giocano un ruolo fondamentale. «Abbiamo scelto canzoni d’epoca, napoletane e americane, che dialogano con la colonna sonora originale. Anche gli effetti visivi hanno un ruolo chiave: non si tratta di semplice tecnologia, ma di poesia visiva». La New York di Salvatores è una città reinventata, filtrata dagli occhi dei bambini e dai sogni di Fellini. «È una visione soggettiva, una città che vive nei sogni di chi non l’ha mai vista. Questo contrasto con la Napoli più realistica rende tutto ancora più emozionante».
Ma il cuore del film è il suo messaggio: in un mondo segnato da egoismo e diffidenza, “Napoli-New York” celebra la solidarietà, i sogni e la forza del cambiamento. «In un momento storico come questo, mi sembrava importante raccontare una storia che parla di accoglienza, speranza e amore. Questo film vuole ricordarci che, anche nei momenti più bui, c’è sempre un modo per ricominciare».
La lavorazione di “Napoli-New York” è stata un viaggio a sé. Dalla riscoperta del soggetto di Fellini e Pinelli, nato in un’Italia ancora ferita dalla guerra, fino alla realizzazione di una pellicola che unisce passato e presente, Salvatores ha fatto della sua sensibilità una guida. «Portare sullo schermo un’opera nata dalla mente di due giganti è stato un privilegio immenso. È un ponte tra generazioni, una celebrazione dell’arte cinematografica. Fellini diceva che la realtà è spesso deludente, ma il cinema ha il potere di trasformarla in qualcosa di straordinario. E credo che “Napoli-New York” riesca proprio in questo».
Una storia che parla di speranza, resilienza e umanità. Un viaggio che non si limita a solcare i mari, ma attraversa i cuori, dimostrando che, anche nei momenti difficili, c’è sempre un modo per ripartire.
Articolo a cura di Daniele Vaira