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L’opinione di Giuseppe Lavenia

«I ragazzi sono consapevoli dell’importanza delle relazioni autentiche ma sono anche immersi in una realtà che amplifica insicurezza e solitudini»

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IL FATTO
In australia una nuova legge vieta l’uso dei social media prima dei 16 anni. Ma che cosa accadrebbe in Italia se ci fosse una decisione simile? Ecco il risultato di un’inchiesta

Cosa accadrebbe se anche in Italia – come è accaduto recentemente in Australia – si vietasse l’uso dei social media agli under 16? Secondo un approfondimento del Sole24Ore, il provvedimento preso dall’altro capo del mondo troverebbe sorprendentemente dei sostenitori alle nostre latitudini anche tra i diretti interessati. Il 47% dei giovani italiani tra i 10 ed i 24 anni sarebbe infatti favorevole a una limitazione dello smartphone fino ai 14 anni e dei social media fino ai 16. E se questo concetto è più accettabile per chi quell’età l’ha già raggiunta, fa riflettere che sia d’accordo anche 1 su 3 fra chi ci deve ancora arrivare.
Lo ha rivelato l’annuale indagine condotta dall’Associazione Na­zionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cy­ber­bullismo Di.Te.) in collaborazione con il portale studentesco Skuola.net – su un campione di 2.510 ragazze e ragazzi italiani, tra i 10 e i 24 anni – in occasione della Giornata Nazionale Contro le Dipendenze Tecnologiche, indetta dalla stessa associazione lo scorso 30 novembre. Si tratta di una ricerca che evidenzia il legame sempre più stretto tra quello che accade nella dimensione digitale e le sue ricadute in quella analogica, a partire dalla corporeità. Al punto da riscrivere così il famoso motto latino: Mens (in)sana in corpore sano. Da una parte, infatti, c’è il desiderio di curare il corpo: 1 su 2 pratica sport regolarmente (47,9%) e segue un regime alimentare equilibrato (45,2%); platea che si allarga fino a 3 giovani su 4 se si considerano coloro che saltuariamente si impegnano su questo fronte. Dall’altra, però, la mente lancia spesso segnali d’allarme sul suo stato di salute: ben 7 su 10 (69%) ammettono di riscontrare una maggiore fatica nel relazionarsi con gli altri nel mondo analogico a causa dell’uso dei social. La ridotta capacità di relazionarsi “vis a vis” si riflette in una crescente assenza di amici in carne e ossa: il 26,8% non ha legami significativi coltivati regolarmente con incontri al di fuori delle piattaforme digitali. E nella riduzione della capacità di uscire di casa: il 14,4% spesso se non sempre fa fatica a incontrare i propri amici dal vivo. «Questi dati – ha sottolineato il professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione Di.Te. – ci restituiscono il ritratto di una generazione consapevole dell’importanza delle relazioni autentiche e delle buone abitudini, ma al tempo stesso immersa in una realtà che amplifica insicurezze e solitudini».
Infine, sembra che le famiglie stiano iniziando a riscoprire il ruolo di educatori, anche riguardo alla vita digitale dei figli: solo il 32% dei giovani intervistati non affronta mai queste tematiche con i propri genitori. E, sorprendentemente, la metà di loro (48,7%) ritiene che un maggiore coinvolgimento degli adulti di riferimento sulla questione potrebbe aiutare a vivere meglio questa dimensione. Tuttavia va posta attenzione a non approfittare di questa apertura al dialogo, altrimenti si rischia di sfociare nell’eccesso di controllo: il 62,3% è stato sottoposto alla “geolocalizzazione” da parte dei genitori. Pratica, questa, che viene accettata serenamente solo dal 51,2% di coloro a cui è toccata.

BaNNER
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