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This Must Be The End. L’arte della corsa verso Cesare Pavese

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La corsa come forma d’arte, come scultura in movimento, capace di esprimere le emozioni del corpo e della mente. Questo è il concetto esplorato da Claudio Lorenzoni, membro del Consiglio della Fondazione Cesare Pavese e creatore del Museo a cielo aperto di Camo, in un progetto che si è sviluppato lungo cinque anni di ultramaratone e riflessioni, culminando nel libro “The End”, edito da Settenario di Bologna.

Lorenzoni ha condiviso con noi la genesi del suo progetto, nato dall’unione della corsa e dell’arte. “La corsa, per me, è una scultura in movimento”, spiega, “un mezzo per esplorare il corpo oltre i suoi limiti, e al contempo una forma estetica attraverso la quale raccontare sensazioni, pensieri e riflessioni.” Con questo spirito, ha coinvolto artisti di ogni disciplina – pittori, fotografi, performer – chiedendo loro di rappresentare i suoi pensieri emersi durante le ultramaratone in opere d’arte visiva. Il risultato di questa collaborazione è stato un dialogo tra il corpo in movimento e l’arte, ma anche tra Lorenzoni e 29 protagonisti del progetto, ai quali ha scritto altrettante lettere raccolte nel suo libro “The End”.

Attraverso queste lettere, ispirate alle corrispondenze di Cesare Pavese, Lorenzoni ha cercato risposte alle domande nate lungo il suo percorso di corsa e di vita, invitando artisti e amici a riflettere sulle proprie esperienze e sul territorio che li circonda. La figura di Cesare Pavese è stata centrale per Lorenzoni, che ha riletto le opere dello scrittore, tra cui le sue lettere, alla luce del suo progetto. La sua prima ultramaratona nel 2021 è stata una simbolica connessione tra la vita e la morte di Pavese: una corsa di 90 chilometri dall’hotel Roma di Torino, dove lo scrittore si suicidò, fino alla sua casa natale a Santo Stefano Belbo. “Abbiamo cercato di raccontare l’episodio della morte di Pavese, ma non solo”, racconta Lorenzoni, “attraverso la corsa ho voluto esplorare anche la sua idea del suicidio come ‘vizio assurdo’ e la sua disperata ricerca di risposte.”

Da allora tanti km macinati durante i quali Lorenzoni riflette anche su come la corsa sia divenuta per lui una forma di meditazione e di connessione con il territorio, un modo per scoprire nuove prospettive, tanto fisiche quanto mentali. “Correndo nei boschi dietro casa ho iniziato a vedere il paesaggio urbano in un modo diverso”, afferma. Questo percorso interiore lo ha portato a fondere la sua esperienza di corsa con i temi pavesiani del legame con il territorio e con la comunità. “Un paese ci vuole”, scriveva Pavese, e Lorenzoni lo ha fatto suo, cercando di coinvolgere amici e colleghi non solo nella corsa, ma anche nella riflessione sui propri spazi, reali o interiori. Lorenzoni conclude il suo progetto con una domanda che ci pone tutti di fronte a un bivio esistenziale: “Cosa ci dice il nostro paesaggio, se spinti oltre i limitiÈ uno spazio impreciso che esiste fuori di noi o è qualcosa che si trova solo dentro di noi?” Con “The End”, Lorenzoni non solo chiude un ciclo, ma apre una riflessione profonda sul significato della corsa come mezzo per interrogarsi sulla vita e sul legame con il territorio, invitando tutti noi a partecipare a questa ricerca di risposte.

BaNNER
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