«Coldiretti Piemonte-Unesco: altroché insetti bene candidatura cucina italiana»

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Roberto Moncalvo

La candidatura della cucina italiana a patrimonio dell’umanità è la risposta a chi vuole imporre una dieta globale fondata su insetti e cibi sintetici senza alcun legame con il territorio, l’agricoltura locale, le tradizioni e la cultura. È quanto afferma Coldiretti nel commentare positivamente l’annuncio della candidatura della cucina italiana per l’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco, decisa dal Governo su proposta dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare e della Cultura.

Un annuncio che arriva con il record storico realizzato dalle esportazioni agroalimentari Made in Italy nel mondo dove hanno raggiunto il valore di 60,7 miliardi anche sotto la spinta della domanda di italianità in cucina.

“Una iniziativa utile – evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – per valorizzare l’identità dell’agroalimentare nazionale e piemontese e fare finalmente chiarezza sulle troppe mistificazioni che all’estero tolgono spazio di mercato ai prodotti originali. La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero tanto che l’agropirateria internazionale nei confronti dell’Italia ha raggiunto i 120 miliardi. La candidatura, quindi, della cucina italiana va nell’ottica di preservarla anche da cibi lontani dalla nostra cultura come gli insetti e la farina che ne deriva poiché, oltretutto, proprio in Piemonte abbiamo una vasta produzione di farina da frumento tenero, dalla provincia di Alessandria con oltre 34 mila ettari e più di 2 milioni di quintali di produzione a quella di Torino con 19500 ettari e più di 1 milioni di quintali, da Cuneo con 17 mila ettari e 934 mila quintali ad Asti con oltre 9 mila ettari e 540 mila quintali fino alle province del Piemonte orientale con 4 mila ettari e 240 mila quintali, da cui derivano prodotti che nulla hanno a che fare con quelli preparati con la farina di grillo”.