L’ex Cuneo e Bra Gardano sulla panchina della Pro Vercelli: “Chiamata inaspettata, che orgoglio!”

"Le esperienze in Granda, soprattutto al Cuneo, mi hanno insegnato tanto. Baschirotto? Un ragazzo eccezionale"

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A sinistra, Massimo Gardano (foto pagina FB F.C. Pro Vercelli 1892)

Tra le notizie più intriganti del mese di febbraio per quanto concerne il calcio piemontese, una di primo piano ha riguardato la storica panchina della Pro Vercelli, che è stata affidata a una vecchia conoscenza del pallone cuneese, Massimo Gardano.

Classe 1968, torinese di nascita e di formazione, Gardano in passato è stato tecnico, tra le altre, del Bra, nel biennio 2014-2016 in Serie D, e del Cuneo, nella prima parte del campionato di Serie C 2017/18, fino alla sua sostituzione con mister William Viali.

In esclusiva ai nostri microfoni, il tecnico si racconta, tra ambizioni vercellesi e insegnamenti cuneesi, lasciando anche qualche simpatico aneddoto su Federico Baschirotto, difensore oggi al Lecce che proprio sotto la sua gestione trovò spazio in Serie C qualche stagione fa.

Massimo Gardano ai tempi del Bra

Mister, che effetto ti fa essere il tecnico della prima squadra della gloriosa Pro Vercelli? Se lo sarebbe mai aspettato?
Onestamente, non era una cosa preventivata e che potevo immaginare. Sono arrivato in questa piazza anche perché conoscevo bene il Direttore Sportivo Alex Casella, con cui avevo lavorato a Gozzano, ma con l’obiettivo preciso di ottenere alcuni obiettivi con il settore giovanile. Poi, è arrivata questa chiamata, che credo sia anche dipesa dalla mia famigliarità con l’ambiente. Ne vado davvero orgoglioso.

Cosa pensi di poter dare a questa squadra?
Intanto, ci tengo a dire che quello che ho a disposizione è un grandissimo gruppo, sia dal punto di vista tecnico che umano. Purtroppo il calcio è fatto anche di aspetti imprevedibili e a volte le cose non vanno come si auspica quando le si progetta. Il mio compito qui, quindi, è proprio quello di riprendere discorsi che, forse anche senza colpa di nessuno, si sono interrotti nei mesi scorsi. La prima cosa da fare era una sola: ritrovare fiducia e ricaricare le pile dal punto di vista mentale. Ho puntato proprio su questo aspetto nei primi giorni con i ragazzi.

Intanto al tuo esordio è arrivato un ottimo pareggio in casa della capolista Pro Sesto…
Abbiamo disputato un’ottima partita, contro una squadra forte. Lunedì avremo un altro incrocio delicato contro il Vicenza, quindi ci attenderanno altre otto partite. La strada è lunga e c’è tempo per fare bene, ma in un campionato così intenso ed equilibrato occorre davvero pensare giornata dopo giornata.

In questa tua nuova avventura, pensi che potrà servirti quanto appreso nelle tue esperienze cuneesi del passato?
Nessuno di noi è la stessa persona del giorno prima. Ogni esperienza credo possa insegnare tanto, in positivo e in negativo. Bra e Cuneo mi hanno insegnato tanto. Sarei uno stupido se dicessi che non ho cercato di fare tesoro di quanto vissuto in quegli anni. Il percorso in Serie C, in particolare, mi insegnò tanto, sia dal punto di vista personale che della gestione di situazioni più generali.

Nel tuo percorso da allenatore, il rapporto con i giovani ha sempre rivestito un ruolo di prim’ordine. Alessio Zerbin, allenato al Gozzano e ora al Napoli, e Federico Baschirotto sono solo due dei tanti profili che hai lanciato. Ce ne sono in questa Pro Vercelli?
Tra i nomi, ci tengo a citare anche Fabrizio Cacciatore, con cui ho condiviso un percorso importante a livello giovanile e che ha iniziato la sua avventura da tecnico. Ritornando alla domanda, assolutamente sì, anzi, farei fatica a citare un solo nome di ottima prospettiva. La Pro Vercelli lo scorso anno ha portato tre squadre alle finali nazionali, ottenendo addirittura con una l’accesso alle semifinali. È la dimostrazione tangibile del fatto che qui si crede molto nella linea verde, che stabilmente fa capolino anche in prima squadra.

A proposito di Baschirotto, avresti mai detto che sarebbe arrivato fin dove è oggi?
Credo che sia l’esempio calzante di un giocatore che ha voluto ritagliarsi uno spazio attraverso la gavetta e il sacrificio. Ha avuto sempre cura di se stesso, non ha mai smesso di cercare un miglioramento e ha avuto anche grande visione sul suo futuro, riuscendo a lavorare sugli aspetti che avrebbero potuto permettergli di fare il salto. Come si può non voler bene a un ragazzo che arrivava al campo all’una e se ne andava alle otto di sera? L’ho sentito di recente e ridendo gli ho detto che probabilmente non capisco niente di calcio, perché a volte lo lasciavo anche in panchina. Mi ha risposto che non è vero, che quelle panchine fanno parte di un percorso di crescita. Credo sia il riassunto della persona eccezionale che è Federico.