«Sport leale e giusto il messaggio di papà è sempre attuale»

Il giornalista Alessandro Baretti ricorda il padre Pier Cesare: «Felice del premio istituito a Dronero»

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Riconoscimento a Marino Bartoletti: «mai più incontrato un galantuomo così»
«Ritirare un premio è sempre una grande soddisfazione. Ma se questo premio, alla sua prima edizione, è dedicato non soltanto a un amico, ma al più grande galantuomo che hai conosciuto nel tuo lavoro, Pier Cesare Baretti, diventa un’esperienza persino commovente. Grazie agli amici di Dronero, suo comune natale, grazie ad Alessandro, grazie alla vita che, seppur per meno tempo di quanto avrei voluto, mi ha permesso di averlo vicino».

Queste le parole di Marino Bartoletti, uno dei più noti e apprezzati giornalisti italiani, a cui è stato assegnato il Premio Giornalistico “Pier Cesare Baretti” nell’ambito della prima edizione della Festa dello Sport di Dronero, dedicata al compianto giornalista e dirigente sportivo e tenutasi lo scorso 25 gennaio presso il Cinema Teatro Iris.
La serata – presentata e moderata da Mario Piccioni – è stata l’emozionante occasione, di fronte a un teatro gremito, di ascoltare piacevoli ricordi e storie: quelli su Pier Cesare Baretti, padre, direttore di Tuttosport e presidente della Fiorentina, nelle parole del figlio Alessandro, quelli sul Pier Cesare Baretti amico e novello pugile, nelle parole di Gianni Romeo, e infine quelli dell’amico che con lui condivideva esperienze mondiali, nelle parole di Marino Bartoletti. L’iniziativa è stata inoltre l’opportunità per ricordare l’esempio e la straordinaria forza di lottare di due grandi sportivi che ci hanno prematuramente lasciato di recente, Gianluca Vialli e Sinisa Mihajlovic. La manifestazione è stata allo stesso lo spunto per una profonda riflessione sullo sport di ieri e di oggi; sulla necessità di ripensarlo e di tutelarne il valore, guardando – come modello – a quello sano e autentico, incarnato dall’ex campionessa di sci di fondo Stefania Belmondo, che si è collegata in video-conferenza. La Festa dello Sport ha visto premiati, oltre a Marino Bartoletti, un grande giornalista, dronerese di adozione, come Gianni Romeo e, a seguire, coloro i quali hanno dato e stanno dando lustro alla città con il loro impegno in varie attività sportive: l’ex calciatore, storico capitano della Pro Dro­nero, oggi viceallenatore della stessa, Carlo Dutto; il giovane mez­zofondista (classe 2005) Francesco Mazza, campione italiano sui 1.000 metri ai campionati studenteschi di Pescara, e la squadra Allievi della Asd Pallonistica Monastero, che ha saputo regalare tantissime emozioni portando a Dronero lo Scudetto tricolore nella categoria di riferimento, aggiudicandosi con il punteggio di 8-1 la sfida decisiva contro la compagine di Alba.

Commozione e af­fetto nel nome di Pier Cesare Baret­ti. Per omaggiare la memoria dell’illustre concittadino, la città di Dronero ha organizzato una Festa del­lo Sport (i dettagli nel box a destra), ravvivandone così la te­stimonianza e il ricordo. Nel­l’occasione è giunto in cit­tà anche Alessandro, figlio di Pier Cesare e prestigiosa fir­ma – sulle orme del padre – del quotidiano Tutto­sport. Noi della Rivista IDEA lo abbiamo intervistato.

Baretti, qualche giorno fa, a Dronero, si è svolta la prima edizione della Festa dello Sport “Pier Cesare Baretti”. Che occasione è stata e quali emozioni ha provato nel cor­so della serata?
«A me è venuto spontaneo pro­porre una testimonianza da figlio, anche perché con me c’erano persone autorevoli nel parlare del percorso professionale e umano di mio padre. Il mio racconto è partito sottolineando che stavamo ri­cordando una persona alla quale ho voluto profondamente bene, mancata purtroppo quando avevo solo 11 anni. Era una persona sobria, ma anche un padre giocoso e affettuoso. È stata una serata davvero molto gradevole, im­preziosita dalla presenza, tra le tante, di due persone fantastiche, di grande spessore, come Gianni Romeo e Ma­rino Bartoletti. Sono stati due grandi amici di mio padre, generosi nel partecipare, al tempo, al nostro do­lore e nel testimoniare il loro rapporto umano con lui. Averl­i avuti al mio fianco a Dronero mi ha provocato un bel brivido di affetto, è stato bellissimo».

Proprio Marino Bartoletti ha espresso la sua gioia per aver ricevuto un riconoscimento dedicato «al più grande ga­lantuomo che abbia mai co­nosciuto». Qual è l’insegnamento più importante lasciatole in eredità?
«Direi il senso di giustizia. Mio padre era una persona estremamente giusta e questo si rifletteva ad esempio nell’educazione scolastica che mi riguardava. A me piaceva collezionare le figurine, per cui lui aveva posto una condizione legata al rendimento sco­lastico. Alla fine della settimana si faceva il conto dei voti e si stabiliva quante figurine mi spettassero. Questo sen­­so di giustizia arrivava dalla famiglia paterna, che van­tava una lunga tradizione professionale in ambito giudiziario. Se mio padre combinava qualche guaio, come ac­cad­de una volta a caccia, mio nonno lo puniva. La sua accusa era una forma di educazione, lo giudicava come qualsiasi altro cittadino. Il senso di tutto ciò era legato alla necessità di prendersi la responsabilità per le proprie azioni».

Tra le eredità c’è anche l’attività giornalistica. Immagino sia significativo per lei far par­te della stessa redazione, quel­la di Tuttosport.
«Amo il mio lavoro, sicuramente la mia scelta è stata in­fluenzata dal percorso di mio padre. Dopo la sua scomparsa, gli occhi di chi mi parlava di lui si illuminavano, specie raccontando della sua attività a Tut­tosport e dell’ambiente famigliare che si era creato in una redazione così prestigiosa. A me il calcio piaceva tantissimo e diverse sarebbero sta­­te le opportunità ma, fin da subito, dissi a me stesso di voler provare a entrare a Tut­tosport so­prattutto perché sentivo il de­siderio di dare il mio contributo a questo spazio famigliare. La mia decisione è stata cla­morosamente orientata da tut­to questo».

Suo padre fu anche presidente della Fiorentina. Proprio a Firenze si impegnò per promuovere una sorta di educazione civica degli ultrà. In un Paese che deve ancora crescere parecchio dal punto di vista della cultura sportiva, un im­pegno simile risulterebbe ancora oggi attuale, non cre­de?
«Decisamente sì. Il messaggio di mio padre era quello di so­stenere la propria squadra e non andare oltre lo sfottò. È un’indicazione che resta decisamente attuale: penso che quello di mio padre sia uno sforzo da rinnovare costantemente, alla luce anche degli episodi di cronaca registrati nelle ultime settimane. Con delicatezza, educazione ma al tempo stesso piena fermezza occorre ribadirlo quanto più possibile».

«Oggi sono torinese ma la provincia di Cuneo con le sue eccellenze
è rimasta il mio luogo del cuore»

Proprio per lo spessore uma­no e professionale di Pier Cesare, già alla fine degli anni Ottanta fu istituito un premio per ricordarlo, a Diano d’Al­ba, indice anche del suo profondo legame con il territorio. Cosa ricorda di quelle occasioni e che rapporto aveva suo padre con le sue radici?
«A Dronero ho incontrato Bep­pe Veglio, che aveva istituito il premio a Diano. Mi ha fatto molto piacere rivederlo. Al di là dell’amicizia personale, è stato anche un modo per creare un ponte tra i due premi. A Diano si era partiti con Tito Stagno e Gianni Bre­ra, c’è sempre stata una presenza di figure importanti. A Dronero si è partiti nello stesso modo. Mio padre aveva un ottimo rapporto con il territorio, ama­va tutto il Piemonte. Cu­neo era poi la sua provincia, da qui era partito con Gian­ni Ro­meo, condividendo con lui l’intero percorso a Tutto­sport, fino a diventarne direttore e vicedirettore».

Ci sono luoghi speciali nel rap­porto con suo padre?
«Certamente. Uno era un ri­storante di Torino, un altro era ai Roveri, dove lui giocava a golf e dove, dalla sua Panda 4×4, cercava di vedere spuntare fuori qualche lepre. Da grande ho realizzato che era un suo modo per creare una relazione con me. L’al­tro luo­go era ovviamente Dro­nero, in via Giovanni Lan­termino, dove c’è ancora la ca­sa di fa­miglia. Se papà avesse seguito i consigli della famiglia e fosse diventato giudice, io sarei nato probabilmente a Dro­ne­ro, sviluppando poi qui parte della mia vita».

Qual è invece oggi il suo rapporto con la Granda?
«È un rapporto ramificato. Dronero, appunto, è rimasto un posto del cuore. Ci sono mia zia, la casa di famiglia, la tomba di papà. Amo il buon vino e tutte le eccellenze del territorio. Per un torinese la Granda è casa, la si frequenta sempre».

Ex direttore di Tuttosport, morì in un incidente. Fu anche alla guida di Lega Calcio e Fiorentina
Pier Cesare Baretti, nato a Dronero il 12 novembre 1939, è stato un affermato giornalista e dirigente sportivo. Entrato nel mondo del giornalismo a circa 20 anni, Baretti ha legato il suo nome soprattutto alla redazione di Tuttosport, dove ricoprì an­che il ruolo di direttore dal 1978 al 1982, anno del trionfo della Nazionale italiana ai Mondiali di Spagna. Proprio dopo la manifestazione iridata, Baretti accettò il ruolo di direttore generale della Lega Calcio. Nel 1986, poi, divenne presidente della Fiorentina, conquistando i cuori dei tifosi viola grazie ad un’intuizione come quella legata all’acquisto di Roberto Baggio, da lui fortemente voluto nonostante le perplessità sulle sue condizioni fisiche. Un terribile incidente aereo su una montagna del Pinerolese lo strappò alla vita, all’età di 48 anni, il 5 dicembre 1987.

A cura di Domenico Abbondandolo