Il successo social di Anthony Hopkins oltre i suoi film

Ha festeggiato 85 anni lo scorso 31 dicembre mentre ci lasciava Papa Benedetto, da lui interpretato al cinema. E in un post ha rivelato i «47 anni da sobrio»

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Ne avrete sentito parlare. Forse per via del suo compleanno, forse perché in occasione della scomparsa di Benedetto XVI in molti hanno ricordato la sua magistrale interpretazione del pontefice tedesco nel film “I due papi”. O forse, ancora, per la sua clamorosa confessione, quella che lo ha visto celebrare pubblicamente più che i suoi 85 anni, i quarantasette che ha trascorso «da sobrio», rivelando così di aver vissuto un ormai lontano periodo di dipendenza dall’alcol.

Parliamo di Anthony Hop­kins, due volte premio Oscar, attore gallese conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, che nei giorni scorsi ha vissuto attimi di ulteriore celebrità. In pratica, è diventato “virale”, ovvero il suo volto è apparso con grande riscontro mediatico un po’ ovunque sui social. Non che ne avesse bisogno, si tratta come detto di un attore di altissimo livello che quasi tutti ricordano per la magistrale interpretazione del serial killer Annibal Lecter in “Il silenzio degli innocenti”.

Ma c’è stato un crocevia di informazioni che hanno ri­portato in evidenza la sua personalità.

Del resto, il compleanno lo ha festeggiato il 31 dicembre scorso, proprio quando nelle stesse ore tutto il mondo apprendeva della scomparsa di Papa Ratzinger, 95enne. Lui, forse approfittando dei riflettori accesi, ha pensato bene di inviare su Instagram un messaggio tanto potente quanto intimo. «Non arrendetevi. Non perdete la speranza. Io sono il vostro esempio. Io sono guarito dall’alcolismo», ha detto in un video che ha fatto presa su una platea sterminata. È poi entrato nei particolari, svelando di essersi trovato in una situazione disperata: «Non mi restava molto da vivere. Ovunque voi siate, chiedete aiuto».

Davvero una bomba mediatica. Ci sarà stato certamente qualcuno che sarà rimasto colpito dalle parole dell’attore. Un esempio. E si sarà sentito in dovere di seguire quella direzione. «Ogni città, ogni piccola città o comunità – ha detto l’attore gallese – offre programmi in dodici fasi. Possono aiutarti a capire ciò che sei. Non costa nulla, ma ti darà una vita completamente nuova». Un appello che aveva già fatto nel 2020, a conferma di quanto il tema gli stia a cuore. Divenne sobrio nel 1975, quando finalmente riuscì a superare il senso di inadeguatezza: «Ero convinto di non meritarmi il successo, mi facevo male per il senso di colpa. Ma lo facevo a me e ai miei cari». E solo di recente si è chiarito con la figlia Abigail, nata dal suo primo matrimonio nel 1968.

Hopkins è nato nel 1937 a Port Talbot, nel Galles. Si è diplomato alla Royal Aca­demy of Dramatic Art, poi membro della compagnia del National Theatre. L’esordio cinematografico è del ’68 con “Il leone d’inverno”, con Peter O’Toole e Katharine Hepburn. Seguono molti film, fra cui “The Elephant Man” (1980) ma sarà Hannibal The Cannibal Lecter in “Il silenzio degli innocenti” (1991) a regalargli fama mondiale. Arrivano in seguito “Dracula” (1992), il meraviglioso “Quel che resta del giorno” (1993), “Gli intrighi del potere” (1996). In seguito è il mentore di Banderas in “La maschera di Zorro” (1998) e di nuovo Lecter in “Hannibal” (2000). Nel 2001 interpreta l’avvocato Webster in “The Devil & Daniel Webster”, remake de “L’oro del De­monio” di William Dieterle. Nello stesso anno completa la trilogia di Hannibal The Cannibal con la pellicola “Red Dragon”. Nel 2002 è stato il protagonista di “Bad Com­pany-Protocollo Praga”, un poliziesco di Joel Schuma­cher. Un anno più tardi recita accanto a Nicole Kidman in “La macchina umana” thriller poco apprezzato dalla critica. È stato Tolomeo in “Ale­­x­ander” diretto da Oliver Stone con Colin Farrell ed Angelina Jolie.

Recentemente ha vestito i panni di Burt Munro nel film “The world’s fastest Indian” (2006) di Roger Do­naldson. Ha lavorato in “Bob­by” (2006) di Emilio Elverez, “Tutti gli uomini del Re” (2006) di Steven Zaillian, nel thriller “Il caso Thomas Crawford” (2007) di Gregory Hoblit e nel fantasy “Beo­wulf” (2007). È stato protagonista di “The City of Your Final Destination” (2009) presentato fuori concorso alla quarta edizione del Festival di Roma.