Cinema e musica riflettori accesi sul territorio

Tre esempi: la parola “Cuneo” nell’ultimo film di Luca e Paolo, il rap di Willie Peyote tra l’Acino di Ceretto e Grinzane Cavour, il film “Le otto montagne”

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Tre momenti “me­dia­tici”, tra gli altri, che hanno acceso i riflettori sulla Gran­­da (e non solo) nell’ultimo periodo. Tre momenti di segno diverso, tra cinema e musica, ma accomunati dalla stessa carica attrattiva, quella che ancora una volta mette in luce le bellezze di un territorio.

C’è Cuneo, per cominciare, nelle pieghe dell’ultimo film interpretato da Paolo Kessi­soglu e Luca Bizzarri. Il nome della città è una citazione che ritorna spesso, tra una battuta e l’altra. Non per un motivo particolare, se non per il fatto che il riferimento è ancora una volta a un luogo che per il resto d’Italia resta lontano e poco conosciuto, che magari si presta bene per qualsiasi momento comico, perché sorprende e lascia sorpresi, senza capire bene perché, fuori contesto. Eppure il regista e co-sceneggiatore del film “Il giorno più bello”, remake della commedia francese “C’est la vie”, conosce bene la zona: è infatti il torinese Andrea Zalone, celebre autore di Maurizio Crozza. Che spiega: «È venuto spontaneo mettere Cuneo a un certo punto della storia, quando si parla di un contest di ballo che un personaggio del film si vanta di aver vinto. Lui dice che è accaduto a Cuneo e nel contesto della storia, fa sorridere. Tutto qui, nessun significato nascosto o malizioso». E allora è tutta un’altra questione rispetto alla battuta di Totò diventata storica, sugli Uomini di Mondo e il servizio militare svolto nella capitale della Granda. Che poi, è proprio da quello sketch che è iniziato tutto. Cuneo in ogni caso ha imparato a stare al gioco. Così del resto è nata l’idea dell’associazione di Danilo Paparelli che ha fatto di Totò un personaggio indissolubilmente legato a Cuneo.

Di tutt’altro genere l’evento mediatico che ha messo in evidenza le Langhe attraverso un’esibizione musicale e per immagini. La performance, dai risvolti social, è andata in scena tre mesi fa ma solo nei giorni scorsi il video è stato diffuso. Anzi due video. Nel primo, il celebre “acino” ovvero il terrazzo panoramico della Tenuta Monsordo Bernardina della famiglia Ceretto è stato lo scenario di un nuovo brano di Willie Peyote, rapper che al grande pubblico è noto soprattutto per la partecipazione di un anno fa a Sanremo. Ad Alba ha girato parte del suo video musicale “Sempre lo stesso film”, pubblicato il giorno 1 gennaio poche ore dopo che l’artista era apparso al concerto di Capodanno a Torino, in piazza Castello. Ma il legame con le Langhe è stato ampiamente sottolineato anche con un altro videoclip, quello intitolato “All you can hit” e ambientato nello scenario sempre straordinario del castello di Grinzane Cavour. Spostiamoci a nord, ora. Andiamo in Val d’Aosta per scoprire un altro avvenimento, stavolta cinematografico. Il film “Le otto montagne”, uscito nelle sale a Natale, è l’adattamento su grande schermo del film tratto dal libro dello scrittore milanese Paolo Cognetti – che oggi vive proprio in Val D’Aosta – vincitore del Premio Strega 2016. L’adattamento in film è efficace quanto il libro. L’avven­tura, che non ha bisogno di presentazioni, è interpretata dalla coppia di attori Luca Marinelli (interpreta Pietro) e Alessandro Borghi (è Bruno), volti di una storia moderna custodita nel cuore della montagna, tra amicizia, memoria e natura. Insomma una vera bellezza. Paolo Cognetti, nel racconto scritto, ha immaginato la fiction e i personaggi nello scenario di Grana, un paesino piccolissimo ai piedi del Monte Rosa. Le telecamere dei registi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch hanno rispettato l’ispirazione, girando la maggior parte del film in quella zona. Seguendo i passi letterari, la pellicola ripercorre i sentieri delle passeggiate più famose del Nord Italia: così, sul grande schermo, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, che secondo quanto rivelato da Vision Distri­bution hanno imparato la camminata di montagna da Paolo Cognetti in persona, si muovono nella Val d’Ayas (la stessa del romanzo). Nelle pagine del libro si alternano il padre, il figlio e quel suo fratello di montagna, si nominano i ghiacciai del Garstelet e del Lys, i rifugi Gnifetti e il Mezzalama. Ma soprattutto si racconta nel dettaglio il paesino di Grana dove “nel 1984, abitavano quattordici persone”. La scuola abbandonata e gli alpeggi inselvatichiti, la funivia che arruginisce, i segni dei sentieri che sbiadiscono, macerie e rottami. Insomma, dopo il libro promette benissimo anche il film. Cosa rara.