Sul tetto al prezzo del gas un’occasione persa

«Ora dall’Europa mi aspetto pragmatismo e senso del dovere»

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Martedì 22 novembre la Commissione europea ha finalmente presentato la sua proposta per introdurre un “price cap” sul gas all’ingrosso nell’Ue. Tuttavia, è un tetto al prezzo del gas che rischia di non essere mai usato e, anzi, di produrre effetti collaterali.
Nato come risposta alla richiesta dell’Italia e di altri 14 Stati membri di dotarsi di uno strumento per limitare prezzi eccessivamente elevati sul mercato all’ingrosso nell’Unione europea, il “meccanismo di correzione del mercato” individuato dalla Commissione europea rischia di rivelarsi inutile: così com’è configurato, non sarebbe stato possibile utilizzarlo nemmeno lo scorso agosto, al picco della crisi dei prezzi, quando il gas aveva sfiorato i 350€ per megawattora.

Perché, dunque, si è optato per una soluzione che a tutti gli addetti ai lavori appare irrealizzabile? La Commissione ha voluto rassicurare Germania e Paesi Bassi, contrari al price cap, calmando il campo dei favorevoli, tra cui l’Italia.
Come era prevedibile, però, al Consiglio europeo dei Ministri dell’Energia del 24 novembre, sono emerse tutte le contraddizioni di una misura controversa già all’origine: la proposta della Commissione di introdurre il price cap sotto la forma di un “meccanismo di correzione del mercato”, da far scattare solo quando il prezzo del gas supera i 275€ al Ttf di Amsterdam per due settimane consecutive e con uno spread di 58€ rispetto ad altri indici, ha avuto l’effetto contrario a quello voluto. Praticamente tutte le delegazioni si sono espresse contro. Il gruppo di 15 paesi favorevoli al price cap, guidato dall’Italia, ritiene la misura inutilizzabile e dunque inutile (non si sarebbe potuta usare nemmeno lo scorso agosto, quando il gas aveva raggiunto quota 350 euro). Il gruppo dei paesi contrari al price cap, tra cui Germania e Paesi Bassi, ritiene che le salvaguardie proposte dalla Commissione siano insufficienti per limitare i rischi per la sicurezza degli approvvigionamenti e la stabilità finanziaria.

Una nuova riunione straordinaria dei Ministri dell’Energia è prevista per il 13 dicembre, ma sarà fondamentale che tutte le parti chiamate in causa arrivino all’appuntamento con una strategia ben diversa da quella fino ad ora adottata. E per non rischiare di mettere a rischio le forniture energetiche per l’inverno dell’anno prossimo e la stabilità dei mercati finanziari, forse è il caso di abbandonare la proposta di un tetto ai prezzi ed esplorare altre strade.

Alla luce delle divisioni emerse tra gli Stati membri e, di conseguenza, del limitato capitale politico a disposizione, ritengo necessario che tale capitale venga investito per disegnare uno strumento che possa dare una risposta vera e forte al tema degli iniqui impatti economici e sociali della crisi energetica: penso, per esempio, ad un fondo europeo per la crisi energetica finalizzato a supportare quei paesi che – come l’Italia -hanno un ridotto spazio fiscale per sostenere famiglie e imprese vulnerabili, incentivando la riduzione della domanda, sul modello dello strumento SURE messo in campo tra i primi strumenti di risposta economica alla pandemia di Covid-19.
La strada è sicuramente in salita, ma l’urgenza di dare risposte concrete ai cittadini e la tenuta stessa del tessuto economico delle imprese europee impongono scelte coraggiose, anche se ad alcuni possano apparire poco ortodosse.