«La sfida rimane produrre buon cibo al giusto prezzo, tutelando l’ambiente»

Bartolomeo Bovetti: «Nel futuro servirà un’agricoltura di distretto a “diversità diffusa” in armonia con il territorio e le sue peculiarità»

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L’attività agricola è stato l’elemento che ha caratterizzato l’inizio dell’antropocene, molto prima del processo industriale e di ogni altro aspetto che interessa la nostra civiltà odierna. Per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto l’autorevole parere di Bartolomeo Bovetti, agronomo, per 40 anni direttore dell’Associazione provinciale allevatori di Cuneo, vicepresidente del Comizio agrario di Mondovì e oggi direttore del Gruppo Compral che riunisce le cooperative Compral carne e latte.

La storia, dottor Bovetti, ha molto da insegnarci nell’ambito del settore agricolo…
«Con il trascorrere del tempo dopo millenni e millenni ci troviamo oggi con un’agricoltura profondamente mutata, non solo come sistema produttivo, ma soprattutto ed in particolare “oggi”, immersa in un contesto ambientale critico in cui il cambiamento climatico ne rappresenta la manifestazione più evidente, con una tendenza alla irreversibilità le cui conseguenze saranno pesanti per tutto il pianeta. In questa situazione ci dobbiamo interrogare su come l’agricoltura e quale agricoltura possa contribuire a risolvere, o quanto meno a mitigare, le conseguenze di questa tendenza dai tratti emergenziali. Quindi fare agricoltura sempre di più significa non solo procurare cibo che in ogni caso rimane una priorità, ma vuol dire anche salvaguardare l’intero ecosistema operando in più direzioni: occorre provvedere a riorganizzare, pur con la necessaria gradualità, tutto o in parte il sistema produttivo agricolo».

Provando però a fare un passo indietro ed iniziando ad esaminare il sistema agricolo del passato, fatte le dovute distinzioni ed eccezioni, cosa si scopre?
«Beh, si evidenzia la fotografia di una agricoltura prevalentemente di so­pravvivenza, con la cascina che provvedeva al bisogno di cibo e casa. Il mercato era presente ma per la grande maggioranza della popolazione agricola non rappresentava una priorità; il sistema produttivo si presentava estremamente vario e diversificato in stretta relazione con l’ambiente: era quindi quest’ultimo che orientava il sistema, e non viceversa. Questo modello nel tempo è stato via via sostituito attraverso un approccio produttivo sempre di più specializzato ed indirizzato al mercato quale fonte di reddito e quindi di crescita. Cambiare ritornando al passato non è realisticamente possibile, tuttavia possiamo trarre spunto immaginando “mutatis mutandis” un nuovo modello attraverso una svolta profonda proiettata in uno scenario che si potrebbe definire “sistema produttivo di rete”».

Sognando e provando a volgere lo sguardo al passato che rappresenta il principio, ma necessariamente coniugando questi insegnamenti al presente, come sarà allora l’agricoltura di domani?
«Immaginiamo allora… di affidarci alla guida di un apparato di “intelligenza artificiale” (IA) che orienti e pianifichi tutto l’articolato produttivo nell’ambito di un territorio circoscritto che possiamo definire come “distretto”. ll supporto della struttura di IA rappresenta l’elemento basilare non solo ai fini della programmazione delle produzioni, ma anche come collegamento con il mondo della trasformazione e distribuzione fino al consumatore finale il quale potrà interagire con il sistema e orientare la fase della produzione, della trasformazione, della logistica. Una complessità molto articolata che solo una struttura di IA potrà gestire. Tutto ciò deve essere presidiato e gestito da una sovrastruttura che possiamo immaginare come un soggetto societario che riunisca tutte le imprese del distretto. Queste connessioni tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumatori guidate ed accompagnate dalla IA formano un insieme virtuoso di agricoltura di distretto a “diversità diffusa”: ciò significa che ogni entità produttiva sarà caratterizzata da una diversificazione produttiva più o meno spinta in relazione al territorio. Operando in tal modo verrà assicurato un corretto ed equilibrato utilizzo delle risorse dal terreno alla biodiversità e più in generale alla sostenibilità».

Ritiene che questo progetto possa contenere qualche elemento di concretezza oppure rappresenta una mera utopia?

«Rimane innegabile l’aspetto fantasioso e visionario, ma nel futuro produrre un buon cibo in giusta quantità al prezzo giusto e con un’adeguata remunerazione del prodotto rappresenta una priorità ma ciò vale ancora di più se il processo tutela e salvaguarda l’ambiente conservando l’armonia e la bellezza delle nostre campagne».