Da vent’anni in salotto

Il talk “Che tempo che fa” fissa un record di longevità e non solo di audience e il padrone di casa, Fabio Fazio, si gode il successo. Da Papa Francesco a Obama, i più grandi personaggi sono passati da lui. Tra divisioni e accuse di buonismo

0
0
Fabio Fazio

Vent’anni di “Che tempo che fa”. Vent’anni di successo. Milleduecento puntate e quattromila ospiti, confidenze e confessioni dei grandi protagonisti del nostro tempo: da Papa Francesco, per la prima volta in un talk show, a Barack Obama, allora presidente degli States, dalla pop star internazionale Lady Gaga ai Maneskin, da Rita Levi Montalcini a Pelè. Vent’anni e un unico padrone di casa, gentile e sorridente: Fabio Fazio. Oggi ha la barba bianca, nella prima puntata un viso da ragazzo: era il 2003 e nessuno immaginava fosse l’inizio di un classico della Rai e della tv: media di 2,7 milioni di spettatori – picco di 8,6 milioni nella serata del Pontefice – e un seguito importante anche sul web.

Dicono che la forza di Fazio sia lasciar parlare gli ospiti senza incalzarli, dicono però sia anche la sua debolezza: pensiamo che non esista una verità, che dipende dall’interlocutore, che a volte è peccato interrompere e a volte lasciar correre, che comunque le vere qualità siano altre, il saper ascoltare e la capacità di stupire fin quasi a sfiorare l’irriverenza, così Lady Gaga si ritrova a parlare del sugo con la salsiccia e Piero Angela dell’orgasmo maschile. Vent’anni, metà della carriera di Fazio: un talk che lo identifica ma non assorbe le tante sfumature del personaggio, conduttore ma anche autore, imprenditore, saggista. E imitatore: il grimaldello del successo. Lo faceva alle radio, solo per divertirsi, poi s’imbattè per caso in un provino Rai e dopo qualche mese debuttò a “Pronto Raffaella”. Da allora, un’ascesa continua con qualche bivio fatto di dubbi e timori: il rifiuto di un ricchissimo contratto di Berlusconi perché “la Rai è una famiglia”, l’esclusione dai piani e il passaggio a Odeon, il grande ritorno e il successo con “Quelli che il calcio”, l’amarcord popolare di “Anima Mia”, l’emozione del Festival di Sanremo – di cui, oltre che presentatore è stato direttore artistico – e, su tutto, “Che tempo che Fa”, calamita di personaggi anche schivi, perfino allergici alle telecamere, trampolino d’opere e d’autori, confessionale e tribuna, luogo d’analisi e narrazione, sorriso con compagni di viaggio come Luciana Littizzetto. Amica, prima che spalla, tanto pungente lei nei suoi confronti quanto buffo lui nelle repliche, interpreti spontanei di duetti divertentissimi.

Al centro lui, con la cravattina a volte allentata, il viso un po’ da bimbo nonostante gli imminenti sessant’anni e quell’aria garbata che divide: sinceramente puro o finto ingenuo, comprensivo o maggiordomo, cortese oppure untuoso, buono o buonista, leale nell’esprimere le idee o sfacciatamente schierato, leggero o superficiale, sobrio oppure piatto. Difficile trovare una risposta univoca, questione di prospettive, simpatia e perfino fede politica, di sicuro alla base del successo ci sono educazione, disincanto e garbo non da star ma da vicino di casa. Un modo di fare tv senza strepiti, senza effetti speciali, forse demodé ma intramontabile, certo un’oasi nell’assedio di talent e reality. La sua oasi, a proposito, è Parigi: ci va appena può e non fa nulla di speciale, adora anche solo sedersi in un caffè e guardare la gente passare. Ci va «come i bambini in montagna a prendere una boccata d’aria», ma in fondo replica il suo studio tv: solo che lì passano grandi personaggi e lui, oltre a guardare, domanda e ascolta.