«Le Acli credono nella validità della riforma, ma…»

Paolo Giordano: «le regole per il Terzo Settore lo qualificano, ma le pesanti penalizzazioni sono difficili da gestire soprattutto per le realtà più piccole»

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Elio Lingua

Come Presidenza Provinciale Acli di Cuneo e non solo, ci stiamo interrogando in merito alle norme che regolano il mondo dell’associazionismo con il codice del Terzo Settore.
Lo studio che grazie all’apparato di esperti come Paolo Giordano, dottore commercialista e vice presidente provinciale Acli di Cuneo, Michele Amerio, consulente fiscale specializzato nel Terzo Settore e l’apporto politico di Stefano Tassinari, nostro vicepresidente Nazionale, vanno nella direzione di lavorare affinché a livello parlamentare venga valutato il sovraccarico di costi e adempimenti che stanno soffocando le associazioni.
Come Acli faremo un appello a coloro che sono stati eletti, presentando le nostre proposte e le nostre istanze, per migliorare la normativa che regola il settore dell’associazionismo.
Elio Lingua

La Riforma del Terzo Settore si presenta con divese novità. Ne parliamo con il vicepresidente vicario delle Acli provinciali di Cuneo, Paolo Giordano, dottore commercialista.

«Il decreto legislativo 117 del 2017, che comprende il Codice del Terzo Settore, – sottolinea Giordano – rappresenta una bella novità per il mondo dell’associazionismo, perché mira a dare una veste istituzionale e più riconosciuta alla realtà del no profit. In sostanza, dà un “pedigree” al volontariato, che, grazie alla generosità di tante persone che si associano per un fine sociale e non di guadagno personale, costituisce un pilastro portante della nostra economia.

Effettivamente era necessario un intervento per regolare il settore e portare allo scoperto quelle realtà che si dipingevano come enti del Terzo Settore ma di fatto non lo erano, come club privati mascherati, o ristoranti che si qualificano come associazioni per avere diritto ad un trattamento fiscale e gestionale semplificato rispetto a quello di una partita Iva ordinaria.
Questa importantissima riforma, però, pur regolamentando la situazione e mettendo a disposizione tante risorse (possibilità di compartecipare in bandi con i Comuni, con le amministrazioni, con le province, con le fondazioni bancarie, creando nuove opportunità di impiego anche per i giovani, con nuove classi di operatori strutturati), nelle sue varie elaborazioni, ha fatto registrare un sostanziale incremento di adempimenti burocratici creando una situazione preoccupante e, per certi versi, paralizzante».

Ci spieghi meglio…
«In base alla nuova normativa, le realtà associative, per poter essere riconosciute e valorizzate, oltre ad iscriversi al Registro Unico Nazionale, devono adempiere ad una serie di obblighi normativi molto ampi. Tra questi c’è anche quello di redigere un bilancio annuale piuttosto articolato: mentre fino ad oggi c’è sempre stata la possibilità di redigere un rendiconto molto semplificato e senza particolari pa­letti formali, ora vengono ri­chieste valutazioni contabili e fiscali molto complesse, di taglio professionale, pena l’esclusione dal Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, con tutte le conseguenze che ne derivano. Attenzione però! Gli enti più grandi e/o con risorse importanti possono certamente permettersi di assolvere a questa richiesta, pagando professionisti esperti nel settore o facendo riferimento a risorse interne; ma tutto l’insieme di realtà associative (difficilmente tracciabili) in cui i volontari non sono abituati a richiedere pareri professionali e finora hanno sempre provveduto da soli, si trovano in grosse difficoltà: non hanno fondi per pagare la prestazione professionale di esperti, rischiano di sbagliare ed essere poi sottoposti a degli accertamenti fiscali molto pesanti e difficili da pagare, oppure di non adeguarsi alle richieste della legge ed essere esclusi dal Terzo Settore».

E allora?
«Le associazioni più deboli che già faticano ad andare avanti, saranno così costrette a chiudere e tutta quella ricchezza costituita da una rete associativa costruita nel tempo, di presidio sociale e sostegno alle istituzioni, grazie alla generosità e all’impegno di tante persone, verrà a mancare, oppure rimarrà sconosciuta allo Stato. Pensare che per il 30 giugno tutte le associazioni riescano a trasmettere il rendiconto richiesto è poco credibile e anche se c’è tempo fino ad agosto affinché i dati delle associazioni vengano trasmigrati e il ministero dà 90 giorni dall’iscrizione per adempiere al deposito del bilancio, si tratta comunque di un adempimento molto gravoso e limitante. La riforma, poi, non si limita ai rendiconti e all’iscrizione al Registro Unico Nazio­nale, ma norma anche le attività dei volontari, che devono essere iscritti in un apposito registro e obbligatoriamente assicurati contro rischi per infortuni, morte ecc… Si tratta giustamente di dare maggiore tutela ai volontari che prestano il loro tempo gratuitamente e si danno da fare, però rappresenta un costo in più, che va ad assommarsi a tutti gli altri. Le piccole associazioni non hanno risorse economiche consistenti, molte vanno avanti con poco e magari sono gli stessi soci, il consiglio direttivo o il presidente, che è il responsabile legale, a mettere i soldi di tasca loro per andare avanti».

Quali le soluzioni, ammesso che ve ne siano?

«Alcuni sodalizi, poi, non si sono ancora resi ben conto di quanto debbono fare e anche chi, come le Acli, cerca di mappare tutte le affiliate, di dare consulenza e di comunicare gli adempimenti, non ha sempre riscontri positivi: ad oggi, per esempio, alle Acli cuneesi ha risposto solo il 50% circa delle realtà contattate, per le quali vige l’obbligo di adeguamento alla normativa. Per questi motivi è fondamentale che la nuova legge, pur essendo molto importante, vada articolata e adattata in modo diverso, tenendo conto di tutte le piccole e tantissime realtà che possono e devono essere esentate da certi obblighi gravosi, perché altrimenti si perdono. Il Terzo Settore di prossimità, da sempre, vive del lavoro volontario e di risorse economiche scarse o inesistenti (forse anche questo è stato un motore propulsivo finora), del tempo delle persone, del fatto che molti mettono a disposizione le loro forze lavorative, ma non hanno denaro e/o mezzi informativi, ma rischiamo che con questa riforma le piccole associazioni si perdano, e con esse anni e anni di valori e di lavoro.

Ecco perché, a parer nostro, questa riforma finisce di snaturare il Terzo Settore più debole e indifeso, incentivando e valorizzando solo le forme più strutturate, mentre la vera base associativa, quella fatta da persone che si trovano insieme per aiutare il territorio, muore, perché non ha la forza di adempiere alla burocrazia.

Come Acli crediamo nella sostanziale validità della riforma nel suo intento di dare una veste nuova a tutto il Terzo Settore e qualificarlo, ma dall’altra parte denunciamo le pesanti penalizzazioni che ne conseguiranno per le realtà più piccole. In economia vige un principio di costo opportunità, un c.d. “trade off”, che prevede la perdita di qualcosa per ottenere in cambio qualcos’altro: come nel sistema fiscale progressivo, nel nostro caso, con la riforma, aumenta molto l’efficienza, ma si perde troppo in equità, in quanto non si danno le risorse necessarie ai più piccoli per mettersi in regola.

Questa è la preoccupazione delle Acli di Cuneo: il terreno in cui operano e che conoscono bene non è ancora pronto agli adempimenti richiesti, pertanto è necessario ripensare ai redditi, agli scaglioni, e ai volumi delle diverse realtà associative, in modo da agevolare quelle che effettivamente sono sotto una certa soglia, lasciandole libere di muoversi con più facilità e riducendo la burocrazia».