«ho incontrato papa francesco è uno come noi»

Francesca Zannelli, da Sant’Albano Stura alla Via Crucis di Roma: «Ho portato anche la croce»

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Sono tanti i cuneesi che, assistendo in tv alla Via Crucis presieduta da papa Fran­­­­ce­sco, hanno riconosciuto un vol­to noto. Tra i fedeli scelti per portare la croce a Ro­ma, infatti, c’era anche Fran­ce­sca Zan­nelli, 46enne di San­t’Al­ba­no Stura, invitata assieme al­la comunità locale della Pa­pa Giovanni XXIII. Al termine della celebrazione, il Pontefice si è avvicinato alla donna cuneese per salutarla e lei ha ricambiato con un me­raviglioso sorriso. L’abbiamo intervistata.

Francesca, che emozioni ha provato partecipando alla Via Crucis di Roma?
«Vivo in una casa-famiglia di Sant’Albano Stura e il mio nu­cleo famigliare è stato invitato a partecipare all’evento. Così abbiamo affrontato un viaggio in auto di 11 ore, a cui bisogna aggiungere l’ora che abbiamo impiegato per trovare un parcheggio vicino alla zona della Via Crucis, che si è svolta presso il Colosseo e non in Vaticano. Ma ne è val­sa sicuramente la pena».

Ha avuto modo di parlare con pa­pa Francesco?
«Sì! Al termine della Via Cru­cis, ho avuto l’opportunità di salutare il Papa: mi sono avvicinata a lui e gli ho detto: “Buonasera, Santo Padre, mi chia­­mo come lei ma con la ‘a’ alla fine del nome” e lui mi ha guardato con sguardo incuriosito; poi ci ha detto di pregare per lui. Era la seconda volta che incontravo il Papa, mentre era la mia prima Via Cru­cis: ho portato la croce nella sesta stazione; per fortuna non è piovuto, è stata un’e­sperienza emozionante».

Papa Francesco le piace?
«Mi piace molto perché è un papa della “porta accanto”; sembra uno di casa e parla in modo semplice. A Francesco piacciono gli anziani, i bambini e, soprattutto, chi vive delle difficoltà. Il suo predecessore, papa Be­nedetto XVI, era un pontefice più di “cultura”, uno studioso e, alla luce di ciò, poteva apparire distaccato e, comunque, difficile da comprendere».

Segue con attenzione, quindi, gli interventi di Bergoglio.
«Nella mia casa-famiglia, la domenica, guardiamo sempre l’Angelus e, alla fine, il Santo Padre si congeda sempre con questa formula: “Buon appetito e pregate per me”. Non può che fare breccia una persona del genere».

Lei deve fare i conti quotidianamente con la disabilità. In generale, come viene percepita questa condizione?
«Oggi si avverte la disabilità ovunque: nelle scuole, nel mon­­do del lavoro… Nono­stan­te ciò, in determinati contesti, vengono ancora rimarcate le differenze tra le persone in “piedi” e quelle “sedute”, come se si passasse dal giorno alla notte. Detto questo, è innegabile che con il passare degli anni si siano fatti passi avanti: nelle scuole, ad esempio, c’è più inclusione. Cer­­­to, dipende anche dal tipo di disabilità che si vive, ma cia­scuno deve avere gli stessi diritti, sia a scuola che al lavoro».

Per lei è stato così?
«Io, per fortuna, sono sempre potuta andare a scuola, ho sem­pre lavorato e non mi è mai mancato nulla. Non ho mai dovuto gestire situazioni spiacevoli e, appena si potrà, tornerò a fare l’animatrice nelle case di riposo, attività che, a causa del Covid, da due anni non posso svolgere. In ge­nerale, comunque, c’è an­cora molta strada da fa­re in fatto di inclusività».

Che ruolo ha la fede nella sua vita?

«Da quando sono bambina, mi reco a Lourdes con Oftal (Ope­ra Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes): lì c’è la Ma­donnina dei Malati e la pre­­go sempre, soprattutto in un periodo come questo, ca­ratterizzato da Covid e guer­­ra. Sono una cristiana cattolica praticante, vado a Mes­sa, an­che se, dopo lo scop­pio del­la pandemia, ho rinunciato a molte funzioni in presenza per ridurre le possibilità di contrarre il Covid; in ogni ca­so, quando posso se­guire la Messa in presenza lo faccio vo­lentieri, ne vale la pena».

Prima parlava di Lourdes: non crede che questi luoghi, in un periodo storico così complesso, possano assumere una valenza ancor più speciale?
«A Lourdes, come dicevo, ci sono già andata più volte e ci torno appena possibile per fare riposare lo spirito, non per fare la turista in pantaloncini e occhiali da sole. Prego e mi metto a disposizione degli altri, se necessario. Ricordo la prima volta in cui ci sono stata: avevo 7-8 anni e faceva molto caldo. L’ultima volta è stata due anni fa; probabilmente que­st’anno potremo tornarci, sempre che i contagi non salgano di nuovo alle stelle. In questo luogo sacro – così come a Medjugorje, dove vorrei andare – ci sono più fun­­zioni al giorno e si può fare il bagno nell’acqua santa: ci si può immergere con tutto il corpo oppure ci si può avvolgere in un lenzuolo ba­gnato. Consiglio a chi non l’ha ancora fatto di recarsi in pellegrinaggio appena possibile».