Un instancabile viaggio…

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Ufficiale medico in Africa settentrionale durante la seconda guerra mondiale, Alberto Burri viene fatto prigioniero dagli inglesi e in seguito inviato nel campo di prigionia di Hereford, in Texas, dove comincia a dipingere. Tornato in Italia nel 1946, si stabilisce a Roma e si dedica completamente alla pittura.

Nel 1947-48 tiene le prime mostre personali nella capitale alla Galleria La Margherita. Nel 1948 visita Parigi, dove l’anno successivo partecipa al Salon des Réalités Nouvelles. Nel 1951 è presente nella mostra Origine con Ballocco, Capogrossi e Colla, e l’anno successivo espone alla Galleria dell’Obelisco Neri e Muffe. Dal 1950 assumono rilievo i Sacchi, fino a predominare nelle mostre personali che, dalla metà degli anni cinquanta, si tengono anche in varie città americane ed europee: Chicago, New York, Colorado Springs, Oakland, Seattle, Pittsburgh, Buffalo, San Francisco, San Paolo del Brasile, Parigi, Londra, Milano, Bologna, Torino. Nel 1953 James Johnson Sweeney lo invita alla mostra Younger European Painters al Guggenheim Museum di New York e nel 1955 cura la sua prima monografia. Il successo europeo e americano aumenta con la sua presenza, accanto ai principali artisti del panorama internazionale, in sedi prestigiose come la Stable Gallery e la Martha Jackson Gallery di New York, o la Galerie Rive Droite di Parigi. Dal 1952 partecipa a numerose edizioni della Biennale di Venezia, documenta di Kassel nel 1959 e nel 1964, e tiene ampie personali a Londra, Bruxelles, Krefeld e Vienna. Burri è tra gli italiani presenti alla mostra inaugurale del nuovo Guggenheim Museum di New York, città dove nel 1961 le sue opere figurano anche nell’importante rassegna The Art of Assemblage al Museum of Modern Art. Agli inizi degli anni sessanta le prime ricapitolazioni antologiche di Parigi, Roma, L’Aquila e Livorno divengono, con il nuovo contributo delle Plastiche, tra il 1967 e il 1972, vere e proprie retrospettive storiche a Darmstadt, Rotterdam, Torino e Parigi. Gli anni settanta registrano un uso di particolari mezzi tecnici e formali e soluzioni monumentali: dai Cretti (terre e vinavil) ai Cellotex (legname compresso per uso industriale). Accanto alle personali in gallerie internazionali si susseguono retrospettive storiche nei principali musei d’arte contemporanea e in prestigiose sedi espositive a Roma, Lisbona, Madrid, Los Angeles, San Antonio, Milwaukee, New York, Assisi e Napoli. Nel 1973 Burri riceve dall’Ac­cademia Nazionale dei Lincei il Premio Feltrinelli per la grafica. Nel 1977 un’ampia retrospettiva è presentata in vari musei statunitensi, tra cui il Guggenheim di New York, e nello stesso anno l’artista esegue per l’Università di Los Angeles il Grande Cretto Nero Los Angeles; così pure l’anno successivo, in occasione di una personale al Museo di Capodimonte, dona al museo napoletano il Grande Cretto Nero Capodimonte. Alla fine del decennio Burri inizia a realizzare complessi organismi ciclici a struttura polifonica, di cui il primo è Il Viaggio nel 1979, cui seguono gli Orti nel 1980, Sestante, presentato a Venezia nel 1983, e Annottarsi nel 1985-86. Nel 1980 partecipa con l’artista tedesco Joseph Beuys allo storico incontro Beuys-Burri a Perugia. Dal 1981 è allestita in permanenza a Palazzo Albizzini a Città di Castello un’attenta selezione di sue opere, omaggio di Burri alla città natale. Nel 1984, per inaugurare l’attività di Brera nel settore dell’arte contemporanea, Milano ospita una esaustiva mostra di Burri a Palazzo Cit­terio. Nel 1985 l’artista è invitato dal sindaco di Gibellina, il senatore Ludovico Corrao, a realizzare un’opera per la città siciliana ricostruita dopo il terremoto del 1968. Burri decide di intervenire sulle rovine della città vecchia e progetta il Grande Cretto Gibellina, gigantesca opera ambientale portata a termine finalmente nel 2015. Nel 1989 la Fondazione Palazzo Albizzini acquisisce a Città di Castello gli Ex Seccatoi del Tabacco, complesso industriale trasformato in una gigantesca scultura nera, contenitore ideale per i grandi cicli pittorici e per le sculture donate dall’artista alla sua città. Gli anni ottanta e novanta sono caratterizzati da grandi cicli di Cellotex presentati in vaste personali e retrospettive. Nel 1994 Burri partecipa alla mostra The Italian Meta­morpho­sis 1943-1968 presso il Solomon R. Gug­genheim Mu­seum di New York che, in occasione del centenario dalla sua nascita, nel 2015 gli dedica una vastissima antologica, trasferita poi alla Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf nel 2016.