Una felice eccezione

In un contesto difficile, nel quale l’economia è piegata dal covid, spiccano ancora di più gesti come quelli di massimo Moratti. L’imprenditore, ex presidente dell’inter ha devoluto il suo stipendio di un anno per sostenere gli operai della Saras in cassa integrazione

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L’economia piegata dal Covid si riflette su milioni di famiglie: difficoltà, preoccupazioni, sacrifici, disagi. Spesso, malinconicamente, nuove povertà. Storie dimenticate, prospettive capovolte da sensibilità diverse: accanto a imprenditori e commercianti travolti dall’emergenza, tra debiti che s’accumulano e saracinesche abbassate, ci sono lavoratori dipendenti che diventano numeri per grandi gruppi, manager spietati, industrie senz’anima. Loro hanno invece volti e tormenti, sono uomini e donne che perdono certezze e temono e tremano per sé e per le famiglie. Che, anche senza arrivare agli eccessi, si ritrovano a gestire problemi inattesi, perché a volte basta poco per soffrire il taglio d’un reddito modesto, con la vita che già costa tanto e i prezzi che aumentano ogni giorno. Non affiorano, però, solo indifferenza e cinismo. E anche tra imprenditori e manager non mancano bellissime eccezioni. L’ultima, la più toccante, quella di Massimo Moratti che ha deciso di rinunciare al suo compenso annuale di presidente di Saras per aiutare gli operai della raffineria di Sarroch, vicino a Cagliari, compensando lo stipendio tagliato dalla cassa integrazione conseguenza della crisi. «Vi ringrazio per i sacrifici che state facendo, certamente sono di grande aiuto per il superamento di un periodo difficile» ha scritto loro. Mi permetto, per questo, di mettere a disposizione il mio emolumento annuo che vi consentirà di alleviare, almeno in parte, il peso della cassa integrazione».
Si tratta di un milione e mezzo di euro, destinati a 1.378 dipendenti non dirigenti delle società che operano tra Cagliari, Milano e Roma, costretti a due giorni di cassa integrazione al mese. L’ex presidente dell’Inter non è nuovo a gesti di solidarietà. Solo un anno fa, tramite la cassaforte Massimo Moratti Sapa, ha effettuato erogazioni liberali per combattere la pandemia pari a 3,365 milioni di euro, esborso che ha permesso di allestire strutture e alleviare emergenze, ma ha lasciato tracce negative del bilancio. Massimo Moratti era profondamente legato a Gino Strada, di cui ha sostenuto negli anni la ong Emergency anche attraverso iniziative dell’Inter, società di cui è stato a lungo presidente, e sempre come massimo dirigente nerazzurro ha organizzato diverse iniziative di solidarietà a favore della Comunità di San Patrignano. Con gli Inter Campus, poi, ha avviato un progetto sociale in tutto il mondo che gli è valso la nomina di “Ambasciatore di Buona Volontà Onu”. E proprio il calcio, che lo ha reso famoso, è stato specchio della generosità alla base di tanto impegno e di gesti belli come quello della rinuncia a beneficio degli operai: una generosità così sconfinata da essere giudicata a tratti difetto e non pregio, avendo suggerito investimenti massicci e non sempre felici, mossi dal cuore, dalla passione e dal tifo con buona pace della lucidità imprenditoriale. Comprensibile, in fondo, visto che l’Inter era famiglia, la squadra che papà Angelo aveva reso grande con Herrera e a cui lui ha regalato il triplete con Mourinho, visto che consiglieri erano gli idoli di quand’era bambino e i calciatori erano suoi figli. Ma anche la Saras è famiglia, creatura del padre, e anche gli operai sono figli. Più cari dei calciatori perché più fragili.