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Un ponte sul domani

Giovanni Ferrero sta portando ancora di più nel futuro la multinazionale fondata da papà Michele e lasciata troppo presto per destino dal fratello Pietro, espandendosi nel mondo senza abbandonare le radici, esplorando però realtà modernissime

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Ogni grande dinastia imprenditoriale poggia su responsabilità accettate e idee nuove. L’albero genealogico non è garante di sviluppo, a volte nemmeno bastano l’umiltà di imparare e lo studio: i marchi attraversano il tempo oltre gli uomini e hanno bisogno di rigenerarsi inseguendo i cambiamenti, ascoltando tramite chi li eredita le istanze delle società che mutano. Giovanni Ferrero, 56 anni, amministratore unico dell’industria che porta il nome suo, della famiglia, è un esempio: se sta portando ancora di più nel futuro la multinazionale fondata da papà Michele e lasciata troppo presto per destino dal fratello Pietro, oltre che per la formazione umana e culturale ricevuta tra Bruxelles e gli States, è per la capacità di valicare il capolavoro paterno, di espandersi nel mondo senza abbandonare le radici, di rispettare tradizioni antiche ed esplorare realtà modernissime.
Quando Pietro scompare, dieci anni fa, la responsabilità già s’ingigantisce, tuttavia rimane papà a fare luce ed è nel 2015, quando il faro si spegne, che un senso di solitudine s’insinua. La mano sul timone resta fermissima e la gioventù non contrasta con l’esperienza, ma tutti, a un certo punto della vita, ci sentiamo un po’ perduti, di più se il riferimento non è solo casa, ma anche lavoro. Sensazione comune, vuoto interiore, smarrimento umanissimo e refolo di fragilità; in realtà Giovanni non è solo e lo sa bene, ché mamma Maria Franca è sempre rimasta nell’ombra per il carattere discreto, ma è quercia a sua volta e imprenditorialmente sensibile, fondamentale nella trasformazione d’un laboratorio di pasticceria in una holding di prodotti dolciari senza confini.
Giovanni in pochi anni ha arricchito l’evoluzione, dato impulso all’espansione, allungato il ponte sul domani. E lo ha fatto proteggendo il cuore dell’impresa e squarciando nel contempo orizzonti sconosciuti, immaginandoli come suo papà immaginò una produzione su larga scala guardando, bambino, la pasticceria torinese di via Berthollet e, giovanotto, il laboratorio in via Rattazzi ad Alba. La scommessa, già vinta, è il rafforzamento della posizione sul mercato mondiale non più con una crescita organica, ma attraverso le acquisizioni: dal business dolciario statunitense di Nestlè, strategico per conquistare l’America con prodotti già radicati e iconici, alla britannica Burton’s Biscuit Company, dai biscotti Delacre in Belgio ai frollini Kelsen in Danimarca, dalla Fox’s sempre in Inghilterra alla Ice Cream Factory Comaker di Valencia. La Ferrero di Giovanni è fatta di nuove aziende, nuovi marchi e nuovi mondi, prodotti che s’affiancano a quelli storici e abbracciano biscotti e gelati, ma anche di un’attenzione unica alla sostenibilità. La svolta green spazia dall’approvvigionamento responsabile delle materie prime al packaging che entro il 2025 sarà totalmente compostabile o riciclabile. E intanto i dipendenti di Alba, per muoversi tra i diversi edifici, usano le “riciclette”, bici realizzate con lattine di Estathè.

BaNNER
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