«Non è un relitto, bensì l’eredità di un’epoca splendida»

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«Mia nonna, Renata Ghiglia, classe 1929, ricorda con grande nitidezza molti episodi del glorioso passato del “Miramonti”. Era figlia del giardiniere della villa del generale Randone, che sorgeva accanto all’albergo. Il suo compito era quello di portare i bigliettini di invito ai compagni di carte del generale. C’erano artisti, uomini politici, pittori… Lei metteva il vestito buono, compiva il suo dovere e veniva spesso ricompensata con una mancetta». I ricordi di un’epoca che fu riaffiorano dalle parole di Paola Carrara, oggi assessore con delega al Turismo e alla Cultura di Garessio. «Il “Miramonti” rappresenta un po’ l’emblema del passato a forte vocazione turistica del paese, ribattezzato all’epoca la “perla delle Alpi Marittime”», prosegue l’assessore Carrara, «Rac­coglieva un turismo di élite, anche grazie al catalizzatore rappresentato dalle acque termali; era una struttura d’avanguardia; e dava lavoro a molte persone del paese e della valle. Alcuni lo ritengono un relitto del passato, il mio giudizio è ben differente: anche così, ridotto a uno scheletro, riveste un grande fascino, ed è testimone di un’epoca, di un altro mondo che oggi sogniamo attraverso i ricordi di chi quell’epoca l’ha vissuta; pertanto, a parer mio, va conservato». Viste le attuali condizioni, nonostante uno studio, difficile però ipotizzarne un recupero. «Il bene è privato, non è nelle disponibilità del Comune», continua l’Assessore, «ma ciò non toglie che abbiamo più volte pensato, fantasticato su come valorizzare il contenitore, incastrando in qualche modo nelle sue ferite dei germogli, dei segnali di rinascita, per una sua valorizzazione turistica». Traino per un’ultima domanda di più ampio respiro: la Val Tanaro e, in particolare, Garessio hanno numerose attrattive. Certo, anacronistico ipotizzare di rivivere i fasti dell’epoca d’oro del “Miramonti”, ma è possibile tornare ad attrarre turismo, magari di nicchia? «I segnali di rilancio ci sono, e importanti. Lo scorso anno con il Castello di Casotto abbiamo fatto la differenza: 6mila visitatori in poco più di un mese di apertura. Quest’anno il trend rimane, con circa 200 presenze a weekend. Numeri che non vedevamo da anni. C’è tanto da lavorare: la bellezza del territorio non basta, così come gli sforzi dei Comuni. Occorre offrire “qualcosa” a questo territorio, coinvolgendo altri soggetti che abbiano interessi in gioco».