L’hotel Miramonti rivive nei ricordi dei (bei) tempi passati

IDEA ha ripercorso la storia del “Grand’Albergo” di Garessio, distrutto 35 anni fa da un incendio misterioso dopo un glorioso passato

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I resti del Grand’Albergo Miramonti occhieggiano tra la folta vegetazione del bricco che svetta all’ingresso del Bor­go di Garessio. Trentacinque an­ni orsono, nella notte tra il 16 e il 17 agosto del 1986, un pauroso incendio pose fine ai sogni di rilancio di una delle più gloriose realtà del territorio. «Ricordo bene quella se­ra», racconta Roberto Merig­gio, all’epoca capo distaccamento dei Vigili del Fuoco a Ga­res­sio: «Eravamo da poco tornati a casa dalle Fonti, quando mi mandarono a chiamare. “Il ‘Miramonti’ brucia”, mi dissero. Accorremmo subito: il tetto con l’orditura di legno aveva preso fuoco. Al nostro intervento si accodarono i col­­leghi di Cuneo, Fossano e Mondovì. Lavo­rammo in­stan­cabil­men­te per ore, fino all’alba, ma ormai le fiamme avevano distrutto il tetto e intaccato la parte superiore, che la mattina dopo fummo costretti a demolire parzialmente nelle sue zone pericolanti. Per noi garessini veder morire il “Miramonti” fu un colpo al cuore».
Retaggio di un passato opulento, marchio di una vallata che nel primo ventennio del No­vecento contava quasi 20mi­la abitanti (e che oggi fa­tica ad arrivare a 8mila), il “Miramonti” fu una sorta di Titanic di terra, che giace de­funto su una collinetta invece che in fondo al mare; ma che, come il famoso transatlantico, ha vissuto brevemente di lusso, di mondanità, di finiture, architetture e decorazioni pittoriche straordinariamente ricche, tanto da essere meta ambita dai ceti sociali più alti. E come nella scena finale del pluripremiato film di James Cameron, aggirandosi nei pressi delle rovine del glorioso albergo, ci si aspetta da un momento all’altro che tutto riprenda vita, che si rianimi delle atmosfere anni Trenta, con gran dame e signori, feste di classe, danze e giochi di (buona) società.
In origine, la collinetta dove sorge l’hotel ospitava un convento dei cappuccini risalente al Seicento.
Poi, l’edificio passò al Co­mune che lo assegnò all’Eser­cito per farne una caserma per l’artiglieria alpina. Vo­ca­zione che si riscoprirà nel corso dei conflitti bellici: nella Prima Guerra Mon­diale sarà ospedale militare, nella Seconda campo di concentramento per oltre 300 prigionieri di guerra.
Ma la storia che ci interessa maggiormente è quella del “Grand’Albergo”. Nel 1920, caduta in disuso la caserma, il Comune di Garessio cedette l’intero sito alla Beni Stabili, una società genovese che realizzò così uno degli hotel più lussuosi del Nord Italia.
Completato nel 1928, tra le prime strutture nella cui co­struzione si alternavano pietra e cemento armato, contava 160 letti, 50 bagni privati, ampi saloni comuni; assoluti lus­si per quell’epoca, co­me acqua calda in ogni camera, pareti e volte riccamente e fi­ne­mente decorate, bar, sale biliardo, bridge e lettura. E poi c’erano le cure idropiniche, particolarmente valorizzate quando la proprietà del­l’albergo passò alla San Ber­nardo che da qualche anno, in Valle, imbottigliava l’omonima acqua.
Negli anni Trenta, sotto la gestione dello scafato cavalier Mario Lambertini, il “Mira­monti” spiccò il volo: definito “una vera domus aurea, sede principesca, sontuosa e ricca di ogni agio”, accoglieva ospiti provenienti da tutto il Pie­monte, dalla Liguria, dalla Lombardia, dall’Europa.
Tra le personalità ospitate nel­­l’hotel, sicura per testimonianza diretta, spicca Rita Le­vi-Montalcini. Fece tappa nel­l’albergo anche Benito Mus­so­lini? Forse, ma non vi è certezza. I ricordi tramandati a chi oggi è nella maturità della vita raccontano di grandiose feste da ballo avvolte nell’opulenza, di fattorini in li­vrea ad accogliere i clienti più facoltosi, di dame e nobili trasportati in calesse dalla stazione.
Una macchina perfetta che donò all’intera valle lustro e autorevolezza: il fiore all’occhiello di una serie di attività fiorenti, in un territorio rigoglioso e ricco di opportunità. Fu la guerra a rovinare tutto. Nel 1942 i tedeschi si impadronirono della struttura, spogliandola e depredandola di ogni ricchezza.
Nel dopoguerra si ipotizzò un suo recupero ancora per utilizzi militari o per ospitare un collegio studentesco, ma non se ne fece nulla.
La svolta sembrò arrivare nel 1963, quando la San Ber­nardo ce­dette la struttura alla società Le Querce, con l’incarico di ripristinare l’albergo. I lavori ebbero inizio, ma su­birono un brusco stop. Il “Mi­ra­monti” languiva, veniva utilizzato in occasione di fe­ste, mostre, concerti e veglioni, ma non riuscì più a rialzarsi.
Sul­l’incendio che lo di­strusse ci so­no svariate ipotesi: da un possibile cortocircuito di un ripetitore posto sul tetto, all’atto incosciente di un vandalo, fino al dolo. Ancora oggi la verità non si conosce.
Non si poteva che chiudere con un mistero la storia del Grand’Albergo Mira­monti, la cui struttura, che ha resistito an­che all’impeto delle fiamme, veglia tutt’ora su Ga­ressio e sulla Valle Tanaro, ri­vivendo nei ricordi dei (bei) tempi che furono.