Scuole chiuse e ritorno della DAD. Alessandro Parola: “Non bisogna ricercare colpe, ma adottare misure adeguate”

Dirigente scolastico del Liceo scientifico e classico statale "G. Peano - S. Pellico" di Cuneo

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Alessandro Parola (foto di repertorio)

Lunedì 8 marzo scorso è entrata in vigore la DAD per tutte le scuole della provincia di Cuneo, dall’Infanzia all’Università. La decisione è stata presa dal governatore piemontese Alberto Cirio, in accordo con il presidente della Granda e sindaco di Cuneo Federico Borgna.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Alessandro Parola, dirigente scolastico del Liceo scientifico e classico statale “G. Peano – S. Pellico” di Cuneo, per un commento:

“Siamo in didattica a distanza ma con poca fiducia rispetto alla possibilità di riaprire perché ci rendiamo conto che il contesto generale sta peggiorando ora dopo ora. Ci domandiamo se e quando torneremo a didattica in presenza. Stiamo cercando di motivare gli studenti che in questo momento sono quelli più in crisi di fiducia. Ho parlato con i ragazzi che faranno l’esame di Stato quest’anno e anche loro sono molto preoccupati perché avrebbero piacere di concludere l’anno con almeno un po’ di presenza, ma gli scenari attuali sono complicati.

Ancora una volta quello che sta succedendo ci dimostra però che la scuola non è responsabile del contagio. Da quando abbiamo chiuso infatti continuiamo ad avere da parte dell’ASL segnalazione di provvedimenti quarantena di studenti che non vediamo più da un mese e mezzo perchè erano in didattica al 50%. Quindi non hanno potuto contagiarsi nel venire a scuola o nelle aule scolastiche o nei mezzi di trasporto. Insomma il contagio c’è comunque: qualsiasi cosa uno faccia si mette in pericolo e con questo dobbiamo seriamente fare i conti, è chiaro. Ci dispiace perché  forse siamo quelli che paghiamo di più, ma forse veramente hanno ragione i rigoristi della situazione: quelli che dicono che bisognerebbe fermare tutto. Però siamo già fermi noi, loro secondo loro la scuola va avanti, ma in realtà avanza solo per modo di dire. Questa è un’altra scuola: che non vuol dire che non è scuola, ma è un’altra cosa.

Sembra che si sia sgretolato tutto, anche per chi aveva delle granitiche certezze. In un anno nell’ambito della scuola abbiamo provato tutte le misure possibili: dal distanziamento, al posizionamento della mascherina statico-dinamico, alle presenze al 50%. Eppure neanche così funziona perché evidentemente è un virus che è talmente balordo che sfugge a quasi a qualsiasi misura. Sembra che l’unica vera misura precauzionale purtroppo sia la chiusura.

Abbiamo una fragilità oggi con cui fare i conti, ma non mi sento di incolpare lo Stato o i governatori perché siamo in questa situazione, ma allo stesso modo ho sempre reagito dicendo che chi dava la colpa alla scuola sbagliava. Non bisogna ricercare colpe, ma adottare misure adeguate.

Devo dire la verità persona della scuola vaccinata, bisogna ringraziare di questo privilegio che la scienza e la ricerca ci mettono a disposizione che è il vaccino. Questo comincia a far vedere la luce in fondo al tunnel e da pochi giorni anche io sono nella schiera dei beneficiari che deve ringraziare. Forse quando avremo una percentuale un po’ più alta forse potremo cominciare a rivivere la scuola senza le paure.

Abbiamo imparato molto comunque da quest’anno, non tutto è andato perduto e in questo momento non bisogna ragionare con l’idea di quanto hanno perso gli studenti dal punto di vista degli apprendimenti. In modo accelerato e costretto della pandemia abbiamo sperimentato una didattica ibrida che prevede un intersezione tra esperienza fisica ed esperienza digitale. Questo sarà un dato di lungo periodo che rimarrà impresso perché quando torneremo alla normalità avremo imparato che da questo momento ci sono delle cose che si possono fare in modo ibrido, con presenza e digitale abbinati insieme”.