Quante volte, at-traverso un nome, un logo, una réclame, entriamo inaspettatamente nel mondo dell’antichità classica. I pubblicitari sanno bene come la cultura greco-romana che viene così da lontano nel tempo sia ancora oggi capace di evocare prestigio e autorevolezza. Anni fa lo scrittore Cesare Marchi intitolava proprio “Siamo tutti latinisti” il frutto di un’analisi delle numerose espressioni latine entrate nell’italiano comune. Dalle forme verbali più note, che hanno generato sostantivi quali “lavabo” (laverò), “agenda” (cose da fare), “placebo” (piacerò), alle locuzioni spesso ormai tronche o impropriamente usate, il “latinorum manzoniano” fa capolino ovunque. Un vezzo snob si direbbe, senza sapere che proprio tale parola potrebbe essere la contrazione dell’espressione latina “sine nobilitate”. Il condizionale diventa però d’obbligo soprattutto quando certi prestiti linguistici provengono dall’inglese, che vanta una forte percentuale di vocaboli di origine latina. Così lo sponsor, per restare in tema pubblicitario, da “spondere”, promettere, assumere un impegno, ci ritorna in veste anglofona direttamente da Londra.
È sorprendente scoprire come coloro che si ingegnano per trovare il nome vincente per un prodotto si siano tanto spesso basati su radici latine, talvolta irriconoscibili: il “brand naming” ha d’altronde le sue strategie e la cultura classica è una di queste. Così dall’espressione “valetudinem dat”, che dà salute, pare siano nate le mitiche pastiglie Valda e da “sonus” si potrebbe far derivare la Sony. Più evidente il marchio Decathlon che, dal greco, ispirandosi alle dieci prove di atletica, è stato assunto per una catena di negozi di attrezzature per la pratica di tanti sport differenti. Per i costumi da bagno ecco il marchio Arena, che con la sabbia latina ci porta subito in spiaggia a spalmarci un po’ di quella crema bianca come la neve, la Nivea e gustarci magari un bel gelato Magnum della gelida Algida. Sempre che non si preferisca una Pepsi-Cola, bevanda inventata nel 1898 e venduta per le sue proprietà digestive, grazie alla pepsina, enzima che rimanda al greco “pépsé”, digestione. I francesi hanno addirittura un dentifricio, Vademecum, forse perché è bene averlo sempre con sé. Curiosamente molte aziende che si occupano delle moderne tecnologie scelgono ragioni sociali o nomi per i loro prodotti legati alle lingue classiche: tra i possibili esempi la Microplus, produttrice di “software” informatico, il cellulare Nexus (connessione, legame), l’ibrida Prius (che viene prima), modello pioniere del 1997 della Toyota. Anche gli orologi, da Omega a Festina, imperativo per “sbrigati”, non sfuggono all’attrazione del classico. Se l’uso dei termini greci è meno frequente, ritroviamo comunque interessante il caso di Casaoikos, dove il termine “oikos” rimanda a una particolare accezione di ambiente domestico.
Altro capitolo i marchi depositati che grazie al loro grande successo, per antonomasia, si sono sostituiti al nome comune: da Vespa a Thermos, perdendo ogni legame con la loro origine latina, designano ormai intere categorie di prodotti simili. La mitologia resta un’interessante fonte d’ispirazione pubblicitaria. Certo, la barretta di cioccolato Mars deve il suo nome a quello del suo inventore e non a Marte, il “dio della guerra”, ma la Panda, al contrario, richiama l’omonima “dea protettrice dei viaggiatori” e nulla ha a che vedere con il simpatico orsacchiotto. Venere, invece, “dea della bellezza”, sarà il giusto emblema per i prodotti della linea femminile Venus. Se conosciamo Cerere, la dea romana della fertilità, delle messi, protettrice dell’agricoltura, identificata con la dea greca Demetra, non ci stupirà trovare le omonime ditte Cerere e Demetra, per il commercio di sementi e mangimi; la Renault, da parte sua, le ha dedicato il modello di trattore Ceres. E che dire dei prodotti per la pulizia Ajax, in omaggio all’eroe greco Aiace, che ha pure dato il nome ad una famosa squadra di calcio? La giovane dea alata personificazione della vittoria, immortalata nella meravigliosa scultura della Nike di Samotracia, rivive nel logo delle Nike e sul tappo del radiatore, fatto a sua volta a tempio greco, delle lussuose Rolls-Royce. Sempre il campo automobilistico ci ricorda che la marca svedese Volvo riprende il verbo latino “volvere”, rotolare, scorrere; il modello Astra della Opel ci porta… alle stelle mentre la Clio rimanda alla musa della poesia epica, legata al concetto di gloria e celebrità.
Dalla mitologia alla storia, quanta cultura classica filtra dunque nella quotidianità. Personaggi e divinità non mancano di rappresentare marchi eleganti, come la testa della Medusa di Versace. Un centurione romano figura sulla carta American Express, mentre la Visa (dal latino “cose viste”) ci attesta di un atto di transazione compiuto. E, a proposito di soldi, pare che le due “sbarrette” nel simbolo del dollaro non siano altro che la reminiscenza delle Colonne d’Ercole stilizzate, già utilizzate da una vecchia simbologia spagnola; la praticità di oggi, però, ne ha “abolita” una. Il Mercurio dal sandalo alato, simbolo di velocità e protettore dei commercianti, appare sia nel logo di Interflora che in quello della Goodyear, oltre che ispirare una nota catena alberghiera. Vespasiano legò il suo nome ai bagni pubblici, le sigarette Gauloises con l’elmo dei Galli ci ricordano le antiche origini francesi. E se genziane e derivati devono il loro nome all’ultimo re dell’Illiria, Gentius, che ne scoprì le proprietà medicinali, anche il basilico, dal greco “erba del re”, e l’anemone, sempre dal greco, “fiore del vento” hanno l’intrigante profumo dell’etimologia. Ma questo, forse, i pubblicitari non l’hanno ancora fiutato e quindi, concludendo, “nunc est bibendum”: ora brindiamo, come direbbe l’Omino Michelin!
A cura di Ada Corneri