«Torniamo alla custodia sociale reciproca, contro l’indifferenza»

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Una realtà come quella della comunità Papa Giovanni XXIII che da sempre ha scelto di mettere come primi gli ultimi, trova un suo senso precipuo anche in questa fase di prolungata emergenza sanitaria «Sentiamo che in questo momento gli ultimi tra gli ultimi sono proprio i malati di Covid», spiega Giovanni Paolo Ramonda, «per questo abbiamo cercato di agire con tempestività: un nostro centro a Cattolica è stato la prima struttura alberghiera in Italia ad aprirsi ai malati di Covid, in convenzione con l’Asl della città. Certo, tutti soffriamo il “lockdown” ma le persone delle quali ci curiamo, come i senza tetto o i disabili, pagano un prezzo maggiore».
«D’altra parte siamo convinti che la pandemia abbia reso evidente quel che sosteniamo da sempre», prosegue il santabanese. «La necessità di una sanità territoriale, di un rapporto diverso con la natura, di un’ecologia integrale, di un’economia della condivisione, ma anche di un aiuto reale alle famiglie, in modo che disabili e anziani possano vivere, meglio e più serenamente, nelle loro case: ciò consentirebbe un grande risparmio di risorse economiche e la possibilità di non affollare grandi strutture che durante l’epidemia si sono trasformate in veri e propri cimiteri».
Anche da questa difficoltà che si protrae, comunque, è possibile imparare lezioni importanti: «La terribile situazione che viviamo da un anno a questa parte ha mostrato come l’unità sociale minima, attorno cui si è continuato ad avere relazioni possibili, sia la famiglia, ma che anche al di fuori di essa dobbiamo tornare alla custodia sociale reciproca, a costruire comunità di vita, mondi vitali nuovi. Non siamo isole. La nostra comunità non vuole essere solo una risposta all’emarginazione, ma anche un modello di vita, un mondo in cui si rispetta la piena libertà dei singoli ma in cui si esercita la custodia sociale e il senso di appartenenza. Il primo passo è non voltarsi dall’altra parte, prendersi cura degli altri e vincere il virus peggiore, quello dell’indifferenza.