«Il sistema economico e quello sanitario le vittime del virus»

La conduttrice di Mediaset: «Lo spettatore va guidato, le opinioni non devono sconfinare. L’Italia ha perso tempo in estate, così si è creato il panico. La mia esperienza da attrice? Fondamentale per stare davanti alla telecamera. Amo il cioccolato e le Langhe»

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Veronica, il suo punto di osservazione sul­la politica e l’attualità è privilegiato: che cosa le salta agli occhi, principalmente, in questo complicato periodo?
«Vedo emergere con evidenza uno dei problemi basilari della comunicazione, cioè quando le opinioni hanno un ampio margine e i punti di vista rischiano di travalicare la realtà dei fatti. Se questo succede, esplode il caos. Con “Stasera Italia” cerchiamo di lavorare su questo aspetto, selezioniamo le informazioni facendo attenzione a non eccedere nell’interpretazione. Proviamo a guidare lo spettatore dentro ai confini delle realtà scientifiche, cerchiamo di tradurre le informazioni vere rendendole accessibili a tutti. È un periodo sui generis, ci lega all’attualità e ci impone un grande senso di responsabilità».

Il ruolo di chi gestisce l’informazione, mai come adesso, sembra cruciale. È d’accordo?
«Sì, bisogna sapere che c’è un confine oltre il quale si crea allarmismo. Ma al tempo stesso dobbiamo essere consapevoli di quello che io chiamo “riduzionismo” invece di “negazionismo” che evoca situazioni storiche fuorvianti ed è sbagliato. Quindi non si può affrontare alcun argomento con leggerezza. Ad esempio, abbiamo raccontato un’estate pericolosa e al tempo stesso l’esigenza di convivere con l’epidemia. Perché questa è la sfida, coniugare il pericolo del virus con la vita di tutti noi».

A che punto è questa sfida? In questo momento vediamo i tg con gli inviati davanti agli ospedali e nelle piazze della protesta dopo l’ultimo Dpcm.
«Avevamo dato per scontato che il virus attaccasse gli esseri umani, ma le vittime sono il sistema sanitario e quello economico. E dobbiamo tutelare queste realtà. Se non siamo stati fin qui all’altezza, non lo è stato nessuno fuori dall’Italia. La Francia, che spesso prendiamo come termine di paragone, ha superato i 50 mila contagi al giorno. Corea e Giappone hanno invece arginato meglio l’epidemia. Ma adesso l’Italia ha accumulato sette mesi di ritardo perché in un clima di maggior fiducia non ha saputo dotarsi delle attrezzature strutturali adeguate, come avrebbe dovuto. Ecco perché il sistema economico è vittima del virus. I contagi in aumento e i rischi di affollamento in terapia intensiva creano pa­nico e il sistema economico ne risente».

Crede che il nostro modello economico uscirà modificato da que­sta crisi?

«Ci saranno ulteriori accelerazioni, per esempio, nell’utilizzo dello “smart working”. In generale, alcune innovazioni imposte dall’emergenza rimarranno. L’es­­sere umano si adatta ai cambiamenti. In campo digitale questa spinta esterna potrà portare un adeguamento essenziale, non più rimandabile. Sarà compito della politica trovare una sintesi».
Lei è anche attrice: quanto incide questa sua formazione sull’esperienza giornalistica?
«Moltissimo, più di quanto mi aspettassi. Tutto gira attorno all’uso della parola che è fondamentale sia nella recitazione sia nel lavoro giornalistico, specie nella conduzione televisiva che è spesso all’impronta, ti richiede di destreggiarti con le parole. Mi ha trasmesso la capacità di stare davanti alla telecamera, è stato un vantaggio che ha cancellato timori e ritrosie, mi ha fatto da scudo».

E sul piano del giornalismo scritto?

«Qui è subentrata la passione, la vo­glia di esprimere con parole proprie la lettura dei fatti, un approccio umanistico e più ampio. Da qui è nato il mio percorso giornalistico: è accaduto quando durante una tournée teatrale ho aperto un mio blog».

Prima o poi crede di poter in qualche modo creare qualcosa che coinvolga l’ambito della rappresentazione con quello giornalistico?
«Non lo escludo, è un mio desiderio. Ci sono stati di­versi giornalisti che sono approdati in teatro, per me sarebbe un ricongiungimento. Non so come potrà accadere, ma lo spero: sono due parti di me».

Altre passioni confessabili?
«Ce n’è una molto legata al territorio delle Langhe e ai suoi luoghi meravigliosi, storici e squisitamente attraenti… quella per il cioccolato. Non potrò mai dimenticare un viaggio fatto due giorni prima di Pasqua ad Alba e dintorni. Cioccolato e nocciole: mi ricordo distesa sul pavimento, cercando di smaltire le delizie che avevo assaggiato».

Lo sport?
«Per me è una necessità, fin da bambina quando andavo spesso a cavallo. E poi sono da sempre una grande lettrice».

Romanzi o saggi?
«I saggi li leggo per essere ag­giornata ma chi li preferisce ai romanzi per me rappresenta un mistero. Sono una lettrice di romanzi che parte da lontano, da quando avevo 6-7 anni e leggevo “Pattini d’argento” di Ma­ry Mapes Dodge, passando per i classici di Dickens e Twain e, da più grande, Jane Austen».

Che cosa pensa dei social? Come li usa?
«Sono croce e delizia, con un sacco di “pro” e infiniti “contro”. L’aspetto più interessante riguarda la disintermediazione tra pubblico e personaggi, quella che spesso ha rappresentato il tallone d’Achille della politica. Ma offrono un costante termometro sui desideri e i pensieri delle persone. Dobbiamo essere bravi a non lasciarci mai condizionare dagli oltranzisti dei commenti e degli insulti».

Per finire, come vede il futuro post Covid?
«Non mi piace la retorica tipo “andrà tutto bene” e non mi aspetto un cambiamento endemico e ontologico. Temo la rabbia e le tensioni sociali ma credo e spero che possiamo uscirne più forti, come quando nelle situazioni estreme si vince solo facendo appello a un maggiore self control».