Il calcio dilettantistico e il Covid-19: senza risposte, un sistema che rischia il cortocircuito

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Sono passati tre giorni da quando, domenica sera, il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, in diretta televisiva, tra le altre cose, ha citato anche le novità che avrebbero riguardato il mondo dello sport dilettantistico, utilizzando una perifrasi che, sin da subito, aveva generato una grande incertezza.

Un’incertezza che, a circa 60 ore da quel momento, non è stata ancora spazzata via, con tanti movimenti che attendono una risposta per sapere se la loro attività rientra tra quelle temporaneamente sospese per far fronte al dilagare dei casi di positività al Covid-19.

Tra le realtà che ancora devono capire che ne sarà di loro, c’è sicuramente il calcio, che rappresenta una mole molto significativa di tesserati, distribuiti sulle tantissime realtà locali presenti qua e là.

Ad oggi, la situazione, più che di stallo, sembra essere di lento e graduale sgretolamento della stabilità del sistema, per via di quattro ragioni che riassumiamo di seguito.

L’assenza di segnali dalle istituzioni

Certamente, a pesare di più è l’assenza di segnali da parte delle istituzioni. Nel Dpcm si parla di prosecuzione delle attività di interesse regionale e nazionale, ma non è ancora stato chiarito fino in fondo a che cosa si faccia riferimento, soprattutto per quanto concerne le realtà “al confine”. La Seconda Categoria, ad esempio, rientra tra le realtà di interesse regionale? E, in ambito giovanile, potranno proseguire solo le squadre che stanno partecipando a campionati regionali?

La vera incertezza, però, è legata agli allenamenti, che sono stati fermati o sono ormai legati ad un filo sottilissimo. In Terza Categoria, ad esempio, praticamente tutte le realtà sportive hanno già alzato bandiera bianca: stop alle sessioni settimanali, in attesa di avere maggiori delucidazioni. A farne le spese, sicuramente, oltre alla condizione dei singoli sarà la “tenuta” delle rose, già minacciate da quarantene obbligatorie e stop forzati.

I rinvii massivi ed il rischio collasso per i campionati

Un secondo aspetto è legato alla stabilità stessa dei campionati ed alla fattibilità dei “nuovi” calendari che potrebbero andare materializzandosi di qui a poche settimane. Solo domenica, su tutto il territorio regionale, sono state rinviate 57 partite, a cui si sono sommate tutte quelle già stoppate per infrasettimanali e recuperi di questi giorni.

Come si potranno recuperare? Come si potranno, soprattutto, inserire tutti i recuperi in calendari che rischiano di essere compattati in pochi mesi?

La difficoltà nel rapportarsi alle strutture sanitarie

In ambito sanitario, invece, iniziano a crescere le difficoltà nel rapportarsi alle Asl e più in generale alle istituzioni sanitarie locali. Molte società stanno iniziando a lamentare la complessità nel riuscire a comunicare la positività di alcuni tesserati e, soprattutto, la mancanza di risposte rapide in merito alla gestione del “gruppo squadra” nelle ore successive alla comunicazione.

Non mancano, infatti, casi di realtà che hanno atteso per giorni (o che ancora le stanno attendendo) risposte precise, una volta riscontrata la presenza di un individuo da isolare. A questo, si aggiunge un altro aspetto: non sempre a caso riscontrato le procedure da seguire sono analoghe, generando grande confusione nel movimento.

Lo spettro Coronavirus: quando il lavoro viene prima

In ultimo, un timore inizialmente non preso in considerazione ma che ora sta via via crescendo è quello legato al lavoro “vero”. Eccezion fatta, forse, per Serie D ed Eccellenza, dalla Promozione in giù non si contano più, ormai, i casi di società che hanno fatto sapere di avere tesserati che hanno manifestato la loro perplessità nel proseguire.

Troppo alto è, infatti, il rischio di dover osservare la quarantena volontaria per via della positività di un compagno di squadra, in gruppi da 20-25 giocatori. Uno scenario che, per chi ha un lavoro autonomo, rischia davvero di essere insostenibile.

In Seconda Categoria, ad esempio, molte compagini hanno già iniziato a paventare l’ipotesi di una richiesta di sospensione da parte delle squadre stesse, in attesa di poter tornare in campo senza l’incubo di avere rose cortissime per volontà dei giocatori (o membri dello staff tecnico) stessi.

Insomma, in questo quadra, tra rapporto con le istituzioni (governative, sportive e sanitarie) e timori personali, la stabilità dell’annata 2020/21 sembra davvero in bilico.