L’amore ai tempi del Covid

Dei giorni del “lockdown”, restano dolori, vuoti e ricordi tristi. Ma anche storie che regalano speranza, come le nozze di Paola e Michele, che incrociarono lo sguardo per la prima volta dal balcone. Nella città di Romeo e Giulietta

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Sembra ieri. Sembra irreale. Invece era maledettamente vero. Ed è assurdo che qualcuno tenti di resettare per ignoranza o superficialità. Sembra ieri che le strade erano deserte, le saracinesche sbarrate, le città silenziose e riconquistate dalla natura: ciuffi d’era sull’asfalto e animali in giro, sbucati dal verde attorno. Sembra ieri che eravamo chiusi in casa, a lucidare angoli dimenticati e riguardare foto per riempire le ore, a impastare il pane o la pizza, a divorarli insieme a film e libri.
Resta il ricordo di un popolo collaborativo e maturo, di un sacrificio che è servito a scongiurare il peggio. Resta un monito per non abbassare la guardia e non illudersi che tutto sia finito. Restano i video dei camion militari in fila per l’ultimo viaggio di chi non ce l’aveva fatta, un viaggio verso cimiteri lontani dove ancora c’erano posti per il sonno eterno. Restano le immagini degli eroi in corsia, visi segnati dalle mascherine indossate in turni massacranti e tastiere diventate cuscini. Resta il dolore di chi ha perduto persone care senza nemmeno poter stringer loro la mano in un letto. Restano le intenzioni di un mondo migliore finite in bolle di sapone appena un filo di quotidianità s’è riaffacciata. Restano il lutto di chi è rimasto solo con il rimpianto per le parole non dette. Restano i problemi di chi non ha potuto ripartire quando i divieti sono cessati: senza più lavoro, senza più speranza, senza più forza.
Restano vuoti, ricordi tristi e dolori che non è possibile smantellare come gli ospedali da campo, ma restano, rovistando, anche storie belle che regalano sorrisi. Resta l’amore, nella sua accezione più diffusa, quella che non fa pensare al bene universale e al dar tutto d’un genitore, ma alla tenerezza e alle effusioni, alla complicità e alla condivisione, al batticuore e alla promessa di intrecciare due vite. La storia che raccontiamo è quella di Paola e Michele che si preparano a coronare una fiaba sbocciata in pieno “lockdown”: non sono stati gli unici a scriverla, si racconta di “chat” galeotte e di primi appuntamenti nei supermercati, ma loro si sono conosciuti attraverso un balcone. Ed è bello pensare che sia successo a Verona, nella stessa città di Romeo e Giulietta. Non si erano mai incontrati, pur abitando nella stessa via, ma i loro sguardi si sono incrociati durante un “flash mob”: da lì un percorso di conoscenza, l’innamoramento e adesso la decisione di sposarsi. Tutto rapidamente, perché l’amore li ha avvolti in fretta, perché hanno scoperto che era come se si conoscessero da sempre.
Michele e Paola non hanno ancora scelto la data, ma stanno organizzando le nozze e non hanno dubbi sulla “location”: una terrazza, simbolo del primo incontro, del primo specchiarsi degli occhi. Era il 17 marzo e durante uno dei tanti eventi di rito sui balconi, la sorella di lei, violinista, suonò “We are the champions” dei Queen. Michele fu rapito dalla musica, ma più da Paola che era affacciata, così decise di contattarla su Instagram. Non si poteva uscire, si sono scritti e parlati al telefono, hanno scambiato confidenze e sorrisi in infinite videochiamate. Ad aprile, era già amore, Michele appese un romantico striscione con scritto su il nome della donna che occupava ormai i suoi pensieri, ma tutto è rimasto virtuale fino al 4 maggio, quando, per la prima volta, è stato possibile il primo abbraccio. Da quel momento non si sono più lasciati e ora si sposano: dei giorni duri del “lockdown”, tra vuoti e dolori, è rimasto anche amore.